190 scatti sui drammi del mondo

Il premio come miglior foto dell’anno della World Press Photo è andato al canadese Finbarr O’Reilly dell’agenzia Reuters: un primissimo piano di una donna dai grandi occhi sulla cui bocca è aggrappata la gracile manina del suo bambino denutrito. È stata scattata in un centro di soccorso in Niger dove l’emergenza alimentare continua a mietere vittime. Un’immagine di grande impatto e forza comunicativa. A sintetizzare ancora una volta luci e ombre dell’anno appena trascorso, sono le immagini vincitrici del prestigioso WPP fissate sugli eventi cruciali che lo hanno segnato. Colte dagli obiettivi dei grandi fotoreporter internazionali esse hanno illustrato gli avvenimenti del nostro tempo sui giornali di tutto il mondo. Dalla rassegna si esce scossi per essere stati costretti a ricordare quello che spesso tendiamo a rimuovere: dalle guerre in molte zone del globo, alla vittime dello tsunami, alla battaglia contro l’Aids; dal flagello della carestia, alle devastazioni del terremoto in Pakistan. Ed ecco ancora i disastri di uno degli uragani più violenti della storia americana, il Katrina, nella foto di Michael Appleton con un uomo nell’acqua mentre osserva impietrito un incendio; il riseppellimento dei corpi delle vittime del massacro di Srebrenica; una bambina disperata alcuni istanti dopo che una pattuglia americana ha ucciso i suoi genitori per errore in una sparatoria a Tal Afar in Iraq; la violenza di strada durante le elezioni presidenziali in Togo. Sono solo alcune delle immagini della categoria dei Reportage. Ma c’è anche, nella sezione Ritratti storie, la commozione durante la veglia in piazza San Pietro per la morte di papa Wojtyla; o, nella sezione Sport, gli atleti in sedia a rotelle che si rilassano dopo una gara in Alaska; e, in Arte e spettacolo reportage, la vita di una scuola di danza classica in Moldavia raccontata dalla svedese Asa Sjostrom. Ma non è, quella della WWP, la sola mostra inserita nella quinta edizione del FotoGrafia Fe- stival di Roma. Essa, quest’anno, ha avuto come tema il Novecento e l’idea della necessità della fotografia nel creare una memoria comune, nel documentare, testimoniare ed esprimere la nostra immaginazione. Fra queste c’è Petros village di Guy Tillim prodotta da Zoneattive in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, che ha inviato il grande fotografo sudafricano nelle aree del Malawi a rischio di carestia. Tillim si è recato nel Villaggio di Petros e ne ha documentato la storia. Qui nel 2004 non ha piovuto e il raccolto è andato perso, ma la carestia è stata evitata grazie anche all’aiuto di Sant’Egidio. La fotografia serve dunque pure a questo, a mostrarci il bene che non fa notizia.

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