15 mila “no” alla Tav

La questione della costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione continua a dividere le forze politiche e la popolazione. E se da un lato il premier Conte ha confermato con una lettera la volontà del Paese di proseguire l'opera, sabato in Valsusa si sono ritrovati migliaia di dimostranti, per ribadire la propria opposizione.

L’estate intorno alla TAV continua ad essere molto rovente. Da una parte, nella notte tra venerdì e sabato, il Governo ha inviato una lettera alla Commissione europea con la quale ha confermato la volontà italiana di continuare a sostenere l’opera, atto necessario per non perdere i finanziamenti già stanziati dall’Unione e quelli già versati per l’avvio della linea ferroviaria.

Sul fronte di chi si oppone, il movimento NOTAV ha vissuto in questi giorni il festival Alta Velocità, manifestazione che da diversi anni porta in Valsusa attivisti da tutta Italia, e che ha visto il suo culmine nella marcia verso il cantiere, per esprimere ancora una volta la contrarietà all’opera e l’intenzione di resistere ad ogni costo.

I manifestanti hanno dati vita ad un grosso serpentone (gli organizzatori parlano di 15.000 partecipanti), che non si è fatto intimidire dalla pioggia scesa fino a poco prima dell’inizio della manifestazione, aperto da uno striscione stringato, ma molto eloquente: “La valle che resiste. NO TAV”.

La manifestazione, già in programma, era diventata a rischio dopo il pronunciamento a favore dell’opera da parte del presidente del Consiglio Conte dei giorni scorsi, ma si è svolta in gran parte in maniera pacifica, attraversando diversi paesi della Valsusa, con l’obiettivo di portare i partecipanti del festival sui luoghi dove da anni i cantieri sono fermi.

Il sentimento nuovo di questa marcia di protesta è il senso di tradimento che si respira a pieni polmoni verso una forza politica che tanti qui pensavano avrebbe mantenuto la promessa di fermare l’opera. «Il M5S ha solo fatto come tutti gli altri governi, forse peggio. Degli altri sapevamo chi erano, questi ci sembravano più vicino a noi. Mentre gli altri ci hanno ricevuti, i pentastellati neanche questo hanno fatto. Siamo partiti tanti anni fa con una lotta nostra, a modo nostro, e così continuiamo», dice una manifestante mentre il corteo prosegue.

L’obiettivo dei NO TAV, infatti, è quello di arrivare al cantiere, ormai fermo da anni in attesa di una decisione definitiva sull’opera, e di oltrepassare le barriere che preservano l’area. Quando il lungo corteo arriva davanti alla grossa cancellata, l’aria si surriscalda un po’. Diversi manifestanti si sganciano dal corteo e si avvicinano – guardati a vista dalle forze dell’ordine schierate -, con in mano gli oggetti necessari per cercare di aprirsi un varco, riuscendo nel loro intento. È a quel punto che le forze dell’ordine, cercando di disperdere quel nugolo di manifestanti, hanno azionato gli idranti e i lacrimogeni.

Altri manifestanti si sganciano dal corteo principale e nel bosco danno vita ad alcune scaramucce con le forze dell’ordine, con un botta e risposta a colpi di petardi e bombe carta e fumogeni. La parte pacifica del corteo, che ne costituiva la parte più imponente, torna indietro battendo le mani e scandendo lo slogan: «La Valsusa paura non ne ha».

A nulla è servito l’appello di Perino, storico leader del movimento NO TAV, di evitare qualsiasi tipo di violenza, lanciato prima della manifestazione: «Chi oggi tira anche solo una castagna, un petardo, una pietra o altro, lo fa soltanto per fare un regalo a Salvini». La Questura di Torino ha poi annunciato in serata la denuncia di 40 persone per aver forzato la pesante cancellata posta a protezione dei sentieri che portano ai cantieri, e altri per l’ingresso vero e proprio nella “zona rossa”.

«Sono 30 anni che lottiamo non solo per la difesa del nostro territorio, ma di tutti i territori che sono a rischio di devastazione. Il terrorismo giornalistico fatto nei giorni scorsi è stato smentito dalla determinazione serena e dignitosissima di tutto questo mondo di giovani e meno giovani che si muove. Sono trent’anni che percorriamo questi sentieri, che sono i luoghi dove c’è una natura bellissima che noi vogliamo difendere», dice una manifestante davanti alla grossa cancellata. «C’è dignità, c’è serenità, c’è determinazione. Noi resistiamo contro il potere ingiusto, non è solo un diritto, è un dovere», dice una valsusina davanti alla cancellata. Un’altra manifestante le fa eco: «Questa è la nostra montagna, che va conosciuta e amata, non bucata».

Al termine della manifestazione arriva anche una nota da parte degli organizzatori: «Questo è quello che ci portiamo a casa, migliaia di persone che hanno visto con i loro occhi lo scempio ambientale che è il mostro/cantiere di Chiomonte. Migliaia di persone che hanno toccato con mano che tutte le barriere si possono abbattere ed è giusto farlo, quando l’obiettivo comune tutela il futuro di tutti, con buona pace di Salvini, a cui mandiamo grandi bacioni». Un manifestante sorride quando gli si ricorda che Conte, però, ha dato via libera all’opera: «Sono passati non so ormai quanti premier che hanno detto che la Tav si faceva, ma non si è ancora fatta».

Finita la manifestazione, restano i fatti, le ferite tra posizioni assolutamente inconciliabili: Conte, a nome del Governo, si è espresso e ha fatto le mosse ufficiali verso l’Europa. Salvini ribadisce che l’opera si farà. Il M5S, che non ha potuto contare su un passaggio parlamentare, continua ad esprimere la sua contrarietà e prepara una sua mozione da presentare in Senato. Il popolo NO TAV, che nonostante si senta sempre più solo, ribadisce che in Valsusa si resisterà fino alla fine, perché l’opera “non s’ha da fare”.

A settembre, con l’avvio dei bandi, incominceranno a muoversi concretamente i primi passi verso quella che dovrebbe essere il percorso di realizzazione della TAV. Ma l’impressione è che la storia di questa opera sia ancora molto lontana dal potersi considerare conclusa e che quella vissuta sabato sia solo una tappa di un percorso di “resistenza” che si preannuncia, almeno nelle intenzioni, ancora molto lungo.

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