L’Asia e papa Francesco

L’Asia, il continente che papa Francesco ha visitato di più in assoluto, è stato teatro di un grande interesse per il suo pontificato e per la sua morte.
Papa Francesco a Jakarta, in Indonesia, durante il suo viaggio apostolico in Asia e Oceania a settembre 2024. Foto ANSA/ VATICAN MEDIA

Papa Francesco riposa, come aveva desiderato, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, all’ombra – o forse sotto lo sguardo – di quella Madre che amava e dalla quale sentiva di essere protetto e guidato.

Come hanno percepito la sua morte popoli lontani, cattolici, cristiani e persone di altre culture e religioni? L’Asia, il continente che papa Francesco ha visitato di più in assoluto, è stato teatro di un grande interesse per il suo pontificato. Lo scorso anno, nella settimana trascorsa a Pechino e Xian, ospite del governo per una importante conferenza sull’arrivo della religione cristiana in Cina, ho parlato a lungo di Francesco, della sua vita, del suo ruolo e senso come papa. La gente era interessata a conoscerlo di più. Anni prima, a Hong Kong, in un tempio taoista trascorsi tutto il pranzo a rispondere alle domande che la dirigenza di quel luogo sacro mi rivolgeva per conoscere di più il papa dei cristiani, ma anche, in un certo modo, punto di riferimento umano e culturale anche loro. Mi ha sempre colpito l’interesse che le persone più disparate hanno mostrato in questi anni per Bergoglio, per il suo stile di vita, per la sua testimonianza nell’andare verso i migranti, nel prendersi cura dell’ambiente e nel mostrare come il dialogo debba essere al centro dei rapporti internazionali e locali, fra uomini e donne – e comunità – diverse per etnia, cultura e religione (o persino assenza di religione). Un amico e collega cinese, intervistato dal SIR (Servizio Informazioni Religiose) i questi giorni, ha sottolineato come per i cattolici cinesi Papa Francesco fosse «un uomo umile, attento ai poveri, alla giustizia sociale, coraggioso, pronto ad affrontare le sfide, con una visione lungimirante». Lo stesso amico ricorda la benedizione ricevuta in una lettera personale che dove il papa lo incoraggiava a «promuovere il dialogo sulle vie della riconciliazione e della pace».

Anche a Macao, la ex-colonia portoghese sede di una delle diocesi più antiche dell’Asia e non lontana dal luogo in cui morì san Francesco Saverio, il papa è stato ricordato in vari angoli della città, oltre che con una messa celebrata il 29 aprile. L’agenzia Asia News riporta che, sebbene piccola, questa parte della Chiesa in Asia esce rinvigorita dal cammino indicato da Bergoglio. In particolare, sono state importanti le sue encicliche, e fra queste, la Laudato Si’ sulla cura dell’ambiente. Qui si è trovata una fonte di ispirazione per iniziative locali come i programmi di sensibilizzazione ambientale nelle scuole e nelle comunità cattoliche. Inoltre, la politica voluta e perseguita da Francesco nei rapporti con la Cina, di cui Macao è, ormai da un quarto di secolo, una zona amministrativa, ha favorito un cauto ottimismo tra i cattolici di Macao. L’accordo del 2018 fra la Santa Sede e il governo di Pechino sulla nomina dei vescovi è visto in questa parte dell’Asia come un passo avanti verso una maggiore apertura nell’evangelizzazione.

Anche lo Sri Lanka – isola a stragrande maggioranza buddhista – ha ricordato papa Francesco con un giorno di lutto nazionale, sabato 26 aprile, giorno dei funerali celebrati a Roma. La sua morte ha colpito i cittadini del Paese che vedevano nel pontefice un esempio di umiltà, un difensore della pace e della dignità umana, un esempio di moralità in una fase turbolenta. In particolare, il card. Malcolm Ranjith ha sottolineato la vicinanza che papa Francesco aveva fatto sentire ai cattolici di Colombo per gli attentati perpetrati il giorno di Pasqua 2015. Si informava di continuo di come stavano i feriti, di come evolvevano le cose. Ha, poi, voluto incontrare quarantuno persone che, in qualche modo, erano state coinvolte in quella tragica domenica pasquale.

L’amore e la vicinanza ai poveri e la loro promozione sociale da parte del papa è stata molto sentita ed apprezzata in Asia, dove già negli anni Settanta del secolo scorso i vescovi avevano accettato la sfida di quello che è passato alla storia come il programma della Chiesa cattolica in Asia: il triplice dialogo, con i poveri, con le culture e con le grandi religioni. Il cardinale Poola, arcivescovo di Hyderabad, in India, primo “fuoricasta” (dalit) a ricevere la porpora cardinalizia, ha sottolineato come Francesco sarà ricordato come «il Papa che ha osato sognare “una Chiesa povera e per i poveri”. Con coraggio, ha aperto porte che erano state a lungo chiuse. Ci ha ricordato che la Chiesa non è una fortezza, ma un ospedale da campo. Le sue parole e i suoi gesti hanno riacceso la speranza tra i rifugiati, i prigionieri, gli anziani e i giovani. Ha guardato ogni persona negli occhi, non come un numero, ma come un’anima amata da Dio».

Soprattutto, non dobbiamo dimenticare le molteplici voci di sincero rammarico per la morte di Francesco che si sono fatte sentire da ambiti culturali e religiosi indù, buddhisti, sikh, zoroastriani. Fra le tante, merita ricordare quelle del venerabile monaco Madampagama Assaji Mahanayaka Thero (co-Presidente) e del rev. padre Anura Perera (segretario) dell’organizzazione Dharmashakthi Sri Lanka: «Si è battuto per la giustizia e l’equità per tutte le nazioni e le religioni, e soprattutto per la pace nel mondo nei Paesi dilaniati dalla guerra. È stato un grande uomo che ha lavorato duramente per risolvere i conflitti causati dalle lotte di potere tra Paesi e ha confortato i poveri del mondo quando avevano bisogno di qualcuno che si prendesse cura di loro».

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