Come ogni sera, anche ieri mi addormento con il cuore pesante per (l’apparente) ineluttabile allargamento della guerra che incombe sull’Europa e per quelle già incorso.
Ma questa volta sogno: mi trovo tra una caserma di reclutamento e un campo di una battaglia che sta per iniziare, con tanti giovani, io sono l’unica con i capelli bianchi, ma sento che è “normale” che io sia lì. Parliamo, ci diciamo che siamo in un luogo dove nessuno di noi vuole stare, in una situazione che non abbiamo scelto.
E se decidessimo di non sparare? Chi ci può obbligare ad usare le armi? Nessuno…ci accordiamo e così facciamo, costi quel che costi. Ritroviamo tutti serenità e forza, quella che viene dalla condivisione. Nessuno spara…in nessuno dei due fronti: ce l’abbiamo fatta! Il granello si sabbia ha fermato l’ingranaggio.
Mi sveglio con un sentimento di fiducia: penso che finora la paura mi ha fatto stare (con convinzione peraltro!) tra quelli che chiedono a chi lavora per la guerra di fermarsi…ma mi rendo conto che è come fermare un’onda con le mani…In qualche modo, mi pare, tutti noi “lavoratori per la Pace”, (anche i più coraggiosi e generosi come le forze di interposizione di pace), ci siamo messi a all’opera per convincere gli altri a fermarsi, ci siamo messi in mezzo per fermare chi fa la guerra.
Ricordo Gandhi…e se cambiassimo prospettiva? Se decidessimo di dare inizio ad una grande moltitudine di persone che in tutta Europa, e in tutto il mondo, dichiarassero fattivamente (dentro e fuori gli eserciti) la loro “non collaborazione” a qualsiasi forma di violenza? Cosa succederebbe se i fucili, i carri armati, i droni, i missili non avessero chi li usa, chi li guida? Forse tutta questa situazione esplosiva imploderebbe in sé stessa. Forse l’unico modo per fermarla è davvero sottrarsi ad essa e non cercare di fermarla.
Riflessioni mattutine (nate da un sogno realmente fatto stanotte) di una pensionata acciaccata, ma con il cuore ancora ricco di ideali giovanili…
Barbara Orzes