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Italia > Scenari globali

Putin, il papa, i missili

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

I molteplici piani della guerra: sul terreno, nei cieli, sulle reti digitali, nella diplomazia e nell’economia. L’iniziativa del papa tiene viva la fiammella del negoziato. Le prossime settimane diranno se l’offensiva russa avrà ottenuto o meno i successi sperati a Mosca

Esplosioni nei depositi di carburante a Belgorod in Russia (Russian Emergency Ministry Press Service via AP)

Mai come in queste ore, quando siamo ormai giunti a 70 giorni di guerra, si può capire come la competizione tra Russia e Ucraina sia giocata su molteplici piani. C’è innanzitutto quello di terra, l’avanzata lenta dell’esercito russo nel Donbass, la fortificazione da parte degli ucraini delle posizioni attorno a Odessa e alla Bessarabia, l’afflusso di armi dall’Occidente per l’esercito di Zelensky e dalla Russia per l’esercito guidato da Gerasimov, senza dimenticare il dramma di soldati considerati molto spesso come carne da macello: le vittime del conflitto russo-ucraino sono soprattutto militari, va detto, una cifra non lontana dai 50 mila morti, ormai, e circa il doppio di feriti.

C’è poi il piano dei cieli, bombardamenti aerei e lancio di missili: questi ultimi piovono senza preavviso su tutte le regioni ucraine, nessuna esclusa, senza un piano preciso (salvo nelle zone sensibili dell’est e del sud), se non quello di far capire alla popolazione che nessuno è al riparo dalla forza russa. Gli aerei sono sempre in azione, soprattutto da parte di Mosca, perché gli ucraini hanno perso molti caccia nella prima fase della guerra. Ma le contraeree sono ben equipaggiate, e quindi prima di volare bisogna mettere in atto una serie di contromisure assai impegnative. Perdere un aereo, non è come perdere un tank.

Ed ecco allora il piano della cyberwar, della guerra digitale, come testimoniano le continue intercettazioni che avvengono grazie agli aerei di ricognizione occidentali ai confini con l’Ucraina e la Russia e alle infrastrutture analoghe dei russi. Gran parte degli attacchi sul terreno, avvengono da ambo le parti col supporto delle ricognizioni dai cieli, con indicazioni precise che possono determinare il successo o meno dell’attacco. Più che gli aerei, paiono utili in questo momento gli elicotteri da combattimento, che fanno gravi danni nelle linee avversarie con la loro mobilità e la facilità di celarsi all’avversario, con equipaggiamenti digitali spesso assai avanzati.

C’è pure il piano, chiamiamolo così, della Resistenza, dei partigiani, degli infiltrati. Nella prima fase della guerra, Mosca contava molto sulla presenza di commandos di partigiani filorussi in Ucraina, che avrebbero dovuto scatenare l’inferno prima ancora che giungessero le truppe o gli aerei russi. Le cose hanno funzionato relativamente, e ora invece le infiltrazioni sono soprattutto da parte ucraina, sia nei territori attualmente occupati dai russi, sia nello stesso territorio della Federazione, come testimoniano le ripetute esplosioni in quel di Belgorod, la città che sostiene lo sforzo bellico russo, la retroguardia si potrebbe dire, in particolare con enormi depositi di armi e di carburante.

Sul piano diplomatico, l’iniziativa del papa, che ha detto al direttore del Corriere della sera di voler incontrare Putin a Mosca, ancor prima di andare a Kiev, ha forse creato un po’ di sconcerto tra gli ucraini – si ricorda che era stato criticato il viaggio del segretario generale dell’Onu Guterres a Mosca prima che a Kiev −, ma alla fine è apparsa una mossa giusta, perché l’aggressore è la Russia e quindi la fine delle ostilità va chiesta prima a loro che a chi è stato invaso. Ciò potrebbe spingere prima o poi Putin ad aprire un nuovo canale diplomatico, dopo il ripetuto fallimento di quelli francese, turco, israeliano e altri ancora. Nel caso in cui l’attuale offensiva portasse risultati militari positivi per Mosca, probabilmente tale canale potrebbe essere aperto da Mosca. Ma anche se non andasse bene quella potrebbe essere un’alternativa non da poco, perché eviterebbe di trattare direttamente coi nemici occidentali.

Infine, la guerra del gas, e in misura minore del petrolio: Mosca cerca di fare dei distinguo, e favorisce Slovacchia e Ungheria e punisce Polonia e Bulgaria, con la solita tattica del divide et impera. La coesione europea è messa a dura prova nei fatti, anche se apparentemente tutti sono allineati sulla linea intransigente di Bruxelles. E tutti sanno che la sola arma veramente vincente che avrebbero le sanzioni occidentali verso la Russia starebbe nel chiudere i rubinetti del gas (e del petrolio), cosa che priverebbe Mosca della principale forma di finanziamento attualmente disponibile. Ma il costo per i Paesi europei sarebbe enorme, soprattutto economicamente, sapendo ad esempio che più di metà del rifornimento di fonti energetiche della Germania vengono dalla Russia. E Berlino è la locomotiva dell’economia europea… Quindi, la guerra economica ora sembra piuttosto una battaglia di procedure giuridiche, che appaiono trucchi che cercano di far prolungare l’attuale situazione senza dover interrompere le forniture di gas e petrolio all’Europa.

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