Coronavirus, diario dalla bergamasca

Il nuovo prolungamento delle restrizioni fino al 3 maggio, la Pasqua in quarantena e l’umore che non è per niente quello di un periodo di festa e gioia. Gli aggiornamenti settimanali dalla provincia italiana più colpita dal Coronavirus.
Bergamo -Claudio Furlan - LaPresse

10.309 è il numero delle persone che a Bergamo e nella sua provincia sono positive al Coronavirus. Poco più di una ogni cento abitanti. Un numero che dipinge un’emergenza ancora in corso.

Qualche giorno fa la conferenza stampa del presidente del Consiglio Conte ha prolungato le restrizioni fino al 3 maggio prossimo, seppur con qualche novità. Tra queste è prevista la riapertura delle librerie e delle cartolibrerie, ma in Lombardia, data la situazione tutt’ora grave, la Regione ha deciso di tenere ancora tutto chiuso.

Un segno di speranza arriva però dall’ospedale allestito nella fiera di Bergamo, che finalmente è entrato in funzione: i bergamaschi non smettono di lottare e lo fanno insieme.

È stata una Pasqua del tutto inedita. Se un anno fa mi avessero detto che l’anno successivo avrei passato la Pasqua in quarantena non ci avrei creduto.

La Pasqua, come il Natale, è uno di quei momenti dell’anno che ha solo una declinazione possibile: famiglia. Cos’è una festa senza le persone a cui vuoi bene? Semplice: non è più una festa.

Non è stata una festa questa Pasqua, non è stata una giornata da ricordare, ma in questa situazione mi ritengo comunque fortunata perché ho potuto passare questo giorno speciale con i miei genitori, i miei fratelli minori e mia nonna, con cui vivo. Penso a tutti coloro che stanno affrontando questa quarantena soli o che sono soli abitualmente perché lontani dai loro cari per volontà propria o meno: non vorrei essere nei loro panni perché farei davvero molta fatica.

Le uniche parvenze di normalità nel giorno di Pasqua sono state due. La prima è stata la partecipazione alla santa Messa che, come ogni domenica dall’inizio della quarantena, il parroco della mia comunità riesce a trasmettere in streaming sul canale youtube della parrocchia. Vedere la mia piccola chiesa e sentire le canzoni cantate dal nostro coro parrocchiale risuonare mi hanno commossa, lo ammetto. Ho sentito tanta nostalgia ma anche tanta voglia di normalità, di vita. La seconda parvenza di normalità, poi, è stata la videochiamata collettiva che ho fatto con la famiglia allargata.

Con papà abbiamo scoperto l’efficacia delle chiamate multiple su whatsapp e da qualche domenica sono un cult del post pranzo dalla nonna. Oggi, poi, non potevamo sottrarci. È stato bello vedere zii e cuginetti, intenti anche loro a trovare un po’ di normalità in questo strano giorno di Pasqua.

Pesano questi giorni a casa sempre di più.Pesano soprattutto le distanze che ci dividono dalle persone che amiamo. Ma ci pensate a quando potremo dire “è finita”? Io non vedo l’ora.

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