Vincenzo Conticello: testimone di giustizia e fede

Dalle richieste di pizzo al suo locale, all’angoscia di una vita lontana dai familiari. Umiliazioni su umiliazioni, non hanno tolto però al palermitano Vincenzo la speranza. E il ricordo del suo salvataggio dall’aereo precipitato in mare nella tratta Los Roques – Caracas, gli è da apripista per conservare ricordi migliori

Vincenzo Conticello, l’impresario noto simbolo dell’anti-racket, ex titolare dell’Antica Focacceria San Francesco a Palermo, ci ha ricordato delle sue disavventure giudiziarie (essere divenuto da testimone di giustizia a vittima delle istituzioni) e di un episodio della sua vita anch’esso importante fra gli altri: l’essere sopravvissuto al naufragio di un aereo, precipitato, perché rimasto senza benzina, da 3.500 metri nel mare di Los Roques.

Il 14 agosto del ’91, mentre Conticello rientrava, con un volo nazionale dal Venezuela all’Italia, con la sua famiglia, il veicolo, dopo venti minuti di volo, è infatti precipitato in mare. Per miracolo o fortuna, Vincenzo è riuscito a salvarsi con l’ex moglie Loredana e la figlia Claudia (allora di soli tre anni e mezzo), grazie alla prontezza di riflessi del passeggero seduto loro accanto: l’amico farmacista venezuelano Gualberto Marcano che, in quei drammatici istanti, prima che il veicolo si schiantasse definitamente in acqua e spezzasse in tre tronconi, ha mantenuto la calma, facendo indossare il giubbottino salvagente alla bambina, per poi aspettare l’impatto col mare, che fu terribile. Perché gli squali giravano loro intorno e i soccorsi giunsero solo dopo un’ora e mezza.

Non conoscevamo questa parte d’esistenza di Conticello. Ci è stata da lui narrata per amichevole causalità, pur entrambi consci che faccia bene all’anima nutrirsi di pensieri positivi. Cosicché ha continuato: “Gualberto, credo fosse stato inviato dal Signore, per salvarci la vita. Durante quel minuto e 28 secondi in cui pregavo raccomandando a Dio le nostre vite, mi apparve nitidamente anche l’immagine di Sant’Antonio di Padova fuori dal finestrino che mi sorrideva rassicurandomi. Da lì l’impatto, il mio coma per 11 giorni ed il risveglio con tutta la mia famiglia sana e salva”.

Vincenzo ha affermato a Città Nuova che malgrado abbia vissuto esperienze nefaste da più fronti e abbia subito, negli ultimi anni, torti e impedimenti, errori anche gravi creati da quella parte di istituzioni che egli stesso aveva supportato quando era necessario e che hanno provocato conseguenze di misura spropositata… oggi, tutto sommato, sta bene.

Ad aiutarlo contro una scontata depressione, la sua tenace resilienza, l’amore verso e da i suoi figli, il supporto affettivo di amici e parenti ma anche e soprattutto la fede in un Padre celeste che sente presente, in contrapposizione al dolore. E che ai tortuosi disegni umani antepone solo disegni di salvezza, la speranza di un “domani migliore” ancora possibile. «Ho ormai compreso – ci ha però detto Vincenzo – che la fede si rinsalda sulla propria pelle. Per poter godere di una gioia ho dovuto spesso vivere momenti dolorosi. Una sorta di “life master class” che caratterizza ormai la mia essenza di uomo e padre, ma che mi consente d’apprezzare, oggi, ancor più il bene della vita e dell’amore».

 

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