Un salone settario?

La Fiera del libro di Torino comincia con una polemica a proposito del ruolo dell’editoria cattolica nel panorama librario italiano. Il pensiero di Città Nuova
Salone libro di Torino

In occasione dell’apertura del XXIV Salone internazionale del libro di Torino, massimo appuntamento dell’editoria nazionale, la sortita dell’editore Cantagalli ha fatto rumore: la sua denuncia dell’ostracismo di cui sarebbe vittima l’editoria cattolica in Italia da parte di certa intellighenzia laica, ha raggiunto le prime pagine dei quotidiani. La riduzione degli editori con riferimento cattolico a “editori devozionali” per la mostra ufficiale “1861-2011. L’Italia dei libri”, non pare certamente una scelta felice e condivisibile. Il tema è comunque complesso, ed ha implicazioni storiche, economiche e culturali. Ne parliamo con l’editrice Città Nuova.

 

«È una polemica occasionale, cioè determinata dalla dichiarazione di un editore – spiega il direttore editoriale, Donato Falmi –, ma in realtà il problema non è certo una novità. Esiste in effetti il tentativo, da parte di certi “editori cosiddetti laici”, di classificare come di serie B i “cosiddetti editori cattolici”. Ci sono dei motivi concreti che mi spingono a fare quest’affermazione: la presenza nelle librerie laiche dei libri editi da editrici che hanno un riferimento ideale cattolico è nei fatti spesso ostacolata: c’è una reale difficoltà anche commerciale di essere trattati alla pari. Inoltre, il fatto che nelle classifiche di vendite delle grandi catene di librerie non vengono conteggiate le vendite delle librerie cattoliche, come ad esempio la catena della San Paolo, è un’evidente incongruenza».

 

«In realtà – aggiunge Lucia Velardi, che dirige la redazione della stessa editrice – non ha senso la distinzione tra “editori cattolici” ed “editori laici”, perché da una parte le “cosiddette editrici cattoliche” hanno spesso una produzione “laica” per la maggior parte del loro volume d’affari, e d’altra parte sempre più le “editrici cosiddette laiche” pubblicano libri a carattere religioso, se non addirittura devozionale. Città Nuova, ad esempio, fa uscire novità su temi universali, e quindi non strettamente religiosi, per più del 50 per cento della sua produzione».

 

Non è però il caso di innalzare steccati, come precisa ancora Lucia Velardi: «Penso che un corretto rapporto tra gli editori di diverse ispirazioni debba essere improntato al rispetto e alla stima reciproca, e non solo alla concorrenza. Non deve nutrirsi di pregiudizi, ma di un reale e appassionato confronto sulla produzione concreta e sulle linee editoriali». Precisa Donato Falmi: «Posso affermare che mediamente gli “editori cosiddetti cattolici” hanno delle strutture redazionali e produttive che non hanno nulla da invidiare a quelle di tante “editrici cosiddette laiche”».

 

C’è bisogno di correggere il tiro: «Chi fa questa distinzione in fondo artificiale? Sono gli addetti ai lavori, non il pubblico. E questo è un errore a cui rimediare con un rapporto più franco e senza preconcetti nel mondo dell’editoria», conclude Falmi.

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