Procida nel cuore

L’isola negli epistolari di Juliette Bertrand e Marino Moretti raccontata da Pasquale Lubrano Lavadera
Procida

È stato da poco pubblicato da Clean Edizioni il libro Procida nel cuore, dove si racconta di un’amicizia singolare tra due intellettuali europei, Marino Moretti, italiano e tra i fondatori del movimento letterario che va sotto il nome di Crepuscolarismo, e Juliette Bertrand, vivace e intrepida traduttrice francese, onorata nel 1960 con l’Ordine al merito della Repubblica italiana per aver fatto conoscere i nostri più autorevoli poeti e scrittori ai francesi. 

Un’amicizia che prendeva particolare risalto nella piccola isola di Procida dove la Bertrand aveva una casetta. Rivolgiamo all’autore Pasquale Lubrano Lavadera, che è nato e vive a Procida, alcune domande.
 
Come nasce l’idea di questo libro insolito, dove ci sono frammenti delle lettere fra i due autori, Moretti e Bertrand, ma anche il racconto della loro amicizia, con un apparato fotografico di grande bellezza?
 
«Fu lo scrittore Gino Montesanto a parlarmi del rapporto di amicizia tra Marino Moretti e la traduttrice francese Juliette Bertrand, e del loro ritrovarsi spesso nell’isola di Procida. Poi, a Cesenatico, visitando con Montesanto “casa Moretti”, seppi dell’esistenza di un ampio carteggio tra i due. Ho potuto visionare questo carteggio, ricco di riflessioni letterarie e storiche, ma anche rivelatore di un’amicizia che proprio nell’isola riprendeva quota, si rinforzava e dava nuovo slancio alla vita di entrambi, che seppero porsi nei confronti dell’isola con un atteggiamento di rispetto profondo degli usi e abitudini degli abitanti, sapendone apprezzare la storia e la particolare cultura contadina e marinara. Sì, aver scoperto l’isola è stata per loro un’esperienza vitale e l’hanno amata profondamente tanto che Moretti, ormai ottantenne, scriveva in una lettera all’amica: “Cara Juliette, […] io non voglio andarmene senza aver rivisto Procida che, per merito tuo, è uno dei luoghi della terra in cui ho più goduto, direi quasi, mitologicamente”. Proprio per cercare di capire cosa volesse dire lo scrittore con queste parole ho letto e riletto gli epistolari ed è nato questo libro, che racconta l’esperienza emblematica di come possiamo rapportarci in maniera corretta ai luoghi in cui scegliamo di abitare».
 
Sappiamo che Procida è stata sempre amata dagli scrittori che hanno spesso trovato nell’isola ispirazione per le loro opere. Pensiamo a Lamartine nell’Ottocento, a Elsa Morante, a Toti Scialoja. Moravia e tanti altri. Che cosa può aver attratto questi autori, tanto da indurli a fermarsi e vivere l’isola così intensamente?
 
«Penso che siano stati proprio questi scrittori e altri che, parlando dell’isola e sull’isola, hanno permesso a chi la abita di scoprirla e amarla di più e intravedere quel genius loci che la rende unica. In primo luogo la natura timida e riservata dei suoi abitanti, come scrive la Morante, ma nello stesso tempo accogliente, come scoprono Moretti e la Bertrand; inoltre la bellezza selvaggia e primitiva dei suoi giardini, delle baie, delle spiagge e quel rapporto confidenziale tra natura e uomo che ha permesso di conservare buona parte del patrimonio ambientale e architettonico. Accade sempre che dopo un timido approccio iniziale, un po’ misterioso, l’isola riesca a svelare magicamente i suoi lati più nascosti, ricchi di bellezze, di storia e di cultura, tanto da suscitare il desiderio di abitarla per beneficiare di quel soffio vitale che da essa spira. È l’esperienza che fanno spesso quanti vi si avventurano col piede giusto, ma che forse solo gli artisti riescono a esprimere compiutamente».
 
Il turismo ha portato benessere ma, come diceva Moretti alla Bertrand, anche tante forme di inquinamento e di devastazione ambientale. Procida è riuscita a conservare quella bellezza primitiva e selvaggia che tanto aveva attratto i due intellettuali?
 
«L’era dello sviluppo tecnologico, della globalizzazione, di Internet, non poteva non portare i suoi effetti anche sull’isola: positivi e negativi, come dappertutto. Tuttavia mi sento di poter dire che nonostante certe contraddizioni, di cui si parla anche nel libro Procida nel cuore, l’isola, seppur faticosamente, sta tentando di reagire a chi cerca di snaturarne  l’originario carattere per pura speculazione economica. E questo i procidani lo stanno comprendendo grazie anche a quanti ci hanno mostrato che il futuro dell’isola sta nel valorizzare la sua bellezza naturale, il suo patrimonio architettonico, la limpidezza del suo mare, nel recuperare la sua antica storia millenaria, ricca di cultura ed enorme vitalità, che le ha permesso in altri secoli di superare vere e proprie tragedie epocali. Lo aveva intuito fortemente Juliette Bertrand negli anni Cinquanta, ma anche una traduttrice a noi più vicina, Anna Maria Galli Zugaro, la quale, scoperta l’isola negli anni Settanta, se ne era innamorata a tal punto da farla eleggere dal ministero degli Esteri e dal Consiglio d’Europa a Collegio dei traduttori letterari d’Europa, permettendo così a numerosi traduttori europei di soggiornare sull’isola mitica per tradurre nella loro lingua i più importanti romanzi italiani».
 
Quale rapporto lei vive con l’isola natia?
 
«Il luogo natio è il luogo delle emozioni, delle esperienza fondamentali, della memoria familiare, storica e culturale, per cui anche quando si vivono situazione di sofferenza o di difficoltà di adattamento resta il luogo a cui si rimane intimamente legati e che continua sempre a ispirare progetti  di vita. Qualche volta però si genera un malinteso rapporto con il luogo natio, un rapporto di possesso, quasi che esso appartenga solo a chi vi è nato. Atteggiamento pericoloso di chiusura e isolamento. La verità è esattamente il contrario. Siamo noi che apparteniamo al luogo natio e abbiamo il dovere di custodirne e valorizzarne le bellezze, le tradizioni, favorirne lo sviluppo senza deturparla, per offrirla in dono e nella sua bellezza a quanti vorranno abitarla. Ogni luogo è un bene di tutti, anche Procida, per cui se un giorno fosse riconosciuta ufficialmente dall’Unesco patrimonio universale, per le peculiarità del suo carattere ambientale e sociale, le sarebbe riconosciuto quel valore  che gli artisti hanno saputo bene individuare in essa».
 
Quali sono i luoghi dell’isola più rappresentativi e amati dagli scrittori?
 
«Per quanto riguarda i luoghi più rappresentativi, io direi che Procida, considerate le sue ridotte dimensioni, di solo 3,7 kmq, nella sua interezza è il luogo rappresentativo: un piccolo fazzoletto di terra circondato dal mare che racchiude in ogni angolo un intreccio di vita, storia e bellezza che la rende particolare e unica. Per  cui, quando i miei amici mi chiedono di accompagnarli alla scoperta dell’isola, raccomando loro sempre di  incontrala senza invadenza nel rispetto degli usi e costumi della sua gente,  alla scoperta della sua anima segreta. E Procida, come è accaduto alla Bertrand e a Moretti, ripagherà abbondantemente e lascerà un segno durevole nell’animo del visitatore. La stessa Elsa Morante, finito il clamore sul suo libro L’isola di Arturo, premio Strega 1957, ritornò sempre a Procida con silenziosa discrezione, ripercorrendola nei circuiti più nascosti e misteriosi che aveva scoperto,  in quei giardini lussureggianti, nascosti dietro muraglioni di tufo e nelle baie meno frequentate  per tuffarsi ancora una volta in quelle acque limpide e ritrovare così il suo rapporto schivo e intimo con la natura dell’isola amata. Ugualmente per Moretti e la Bertrand, che hanno vissuto con l’isola un rapporto intimo e profondo al di fuori di ogni mondanità esteriore».
 

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