Non solo Celestino V

L’abdicazione di Benedetto XVI è stata collegata al pontificato del "gran rifiuto" di Pietro da Morrone. Ma in duemila anni diversi sono i pontefici che hanno “lasciato” il loro incarico. Da Ratzinger viene una lezione di umiltà e di servizio alla Chiesa
Ritratto di Celestino V

Il 13 dicembre 1294, festa di santa Lucia, a Napoli, a Castelnuovo, davanti ai cardinali stupefatti  l’ottantenne Celestino V, rivestito degli abiti  pontificali, lesse una dichiarazione: “ Io Celestino V papa, considerandomi incapace di questa carica, sia a causa della mia ignoranza, sia perchè sono vecchio e debole, sia anche per la vita puramente contemplativa sin qui da me condotta, dichiaro di voler abbandonare questo incarico che io non posso più rivestire, abbandono la dignità papale, i suoi impegni e i suoi onori”. Poi, il papa si tolse la tiara, il manto rosso, l’anello, l’abito bianco. I cardinali erano sgomenti. Uscì e si cambiò, riapparve col suo abito da eremita, andandosi a sedere sull’ultimo gradino del trono papale.

Questa la scena drammatica, mai avvenuta prima in questo modo. E’ stato un atto di “viltà”, come lo ha definito Dante nel canto III dell’Inferno (ammesso che intendesse parlare di lui, ma altri credono si riferisse a  Pilato) o invece di  senso di responsabilità per un peso che era incapace, con evidenza, di portare?

Meglio lasciare stare Dante, troppo ostile al successore, il fiero Bonifacio VIII, per essere obiettivo. Certo è che il povero Celestino, non riuscì a tornare alla vita eremitica, come desiderava. Bonifacio, temendo che  alcuni se ne sarebbero serviti per un possibile scisma- come accadeva molto spesso – lo fece chiudere in una sorta di onorevole prigionia nel castello di Fumone in Ciociaria, dove l’ex papa morì due anni dopo.

Si trattò dunque di una rinuncia fatta in piena libertà – il popolo e molti vescovi che ne avevano avuto sentore supplicavano il papa di non farlo – o meglio, dato che il pontefice è un sovrano, di una “abdicazione”. Un atto che presenta, a ben vedere, anche alcuni punti di contatto con la “rinuncia” dell’attuale pontefice. Salvo alcuni dettagli: Celestino si consultò con qualche cardinale, e una certa parte del popolo napoletano era a conoscenza del suo desiderio, e inoltre egli era effettivamente inadatto al governo della Chiesa. E’ stato poi canonizzato da Clemente V, nel 1313, ma non come papa bensì come Pietro da Morrone, ossia come “confessore della Chiesa”.

Dopo Celestino, le abdicazioni sono continuate, ma più forzate che libere.

4 luglio 1415. A Costanza, in Germania, è riunito il concilio. Deve decidere, dopo oltre trent’anni di uno scisma che vede in concorrenza ben tre papi, con una enorme confusione  fra i cristiani, l’elezione di un nuovo unico pontefice per ristabilire l’unità della chiesa e porre fine allo scandalo. Dal 1378 ci sono due papi: quello “romano” e quello”avignonese”, in più dopo un concilio a Pisa, che ha cercato di por fine allo scisma, ora ce n’è un altro, un papa “pisano”, perchè gli altri due non si sono voluti dimettere. Mesi di trattative e finalmente una risoluzione.

Il papa “romano” il veneziano Gregorio XII presenta attraverso un suo delegato l’atto di abdicazione. È vecchissimo, rientrerà fra i cardinali e  morrà due anni dopo a Recanati. Il papa “pisano”, il napoletano Giovanni XXIII invece fuggì rischiando di mandare in crisi il concilio. Ripreso e incarcerato, venne deposto dal concilio. Ritornato cardinale morì a Firenze, dove, nel battistero, Donatello gli eresse un bel sepolcro tuttora esistente. Resta il papa “avignonese” lo spagnolo Benedetto XIII che però rifiutò le dimissioni e si chiuse nella sua fortezza in Aragona, avrà dei successori alla sua morte. L’ultimo abdicherà in favore del “romano” Niccolò V solo nel 1450.

A Costanza comunque, si elesse finalmente un unico papa, il romano Martino V dei Colonna l’8 ottobre 1417 che tornò  definitivamente a Roma. Il suo successore, il veneziano Eugenio IV però ebbe vita dura.  Si pose in contrasto con i padri conciliari riuniti in un nuovo concilio a Basilea. Alcuni oppositori allora elessero un nuovo  papa, il vecchio duca di Savoia Amedeo VIII che si chiamò Felice V. Dopo alcuni anni, Felice abdicò nel 1449, il 7 aprile, in favore del “romano” Niccolò V e diventava cardinale vescovo.

Da allora in poi nessuna rinuncia, più o meno forzata. Ma nei secoli antecedenti Celestino V? Dobbiamo andare molto indietro. Non si sa se veramente papa san Clemente I, terzo successore di san Pietro, abbia abdicato. La documentazione è confusa. Diverso è il caso di san Ponziano che fu condannato ai lavori forzati in Sardegna dall’imperatore Severo. Prima di morire, nel 235, rinunciò in modo da consentire l’elezione di un successore, dato che aveva previsto che sarebbe morto in esilio, come avvenne.

Drammatico il caso di papa san Silverio. Tradito dal diacono Vigilio in combutta con l’imperatrice Teodora di Bisanzio, negli anni duri della guerra  tra Bizantini e Goti in Italia,  il 19 marzo 537, venne arrestato dal generale Belisario, spogliato degli abiti pontificali ed esiliato in Bulgaria e poi a Ponza, dove morì il 12 dicembre, mentre a Roma c’era già un nuovo papa.

Identica cosa è successa a san Martino I nel 653. Contrario all’eresia “monotelita” cui invece aderiva l’imperatore Costante II, fu arrestato per suo ordine, deportato a  Costantinopoli, processato e condannato per tradimento. Condotto sulla pubblica piazza,  fu denudato e trascinato per le vie della città. Infine, deportato in Crimea morì di stenti nel 655, mentre a Roma c’era già un altro nuovo papa.

Un balzo in avanti e siamo già al 1032. I conti di Tuscolo spadroneggiano a Roma e fanno eleggere papa il giovane (non dodicenne, come scrivono alcuni) Teofilatto che diventa Benedetto IX. Il quale però, per la sua condotta indegna,  fu cacciato da una sollevazione popolare nel 1045, e rinunciò al soglio di Pietro in favore di Silvestro III. Benedetto però si pentì e ritornò, ma poi dovette rinunciare e passare la mano  al suo padrino che divenne Gregorio VI. L’imperatore  tedesco Enrico III intervenne deponendo sia Benedetto che Gregorio e Silvestro, i quali dovettero andare in esilio, mentre nuovo papa diventa il tedesco Clemente II.

Dopo di ciò si ritorna a Celestino V nel 1294. Come si nota è quest’ultimo il papa che in qualche modo si può accostare all’atto di papa Ratzinger. Occorre però pensare che all'abdicazione diversi papi recenti hanno pensato, non solo Paolo VI o Giovanni Paolo II, ma anche Pio XII, nel timore di venire deportato dai nazisti.

Certo ora per la chiesa si apre un tempo nuovo e drammatico, perché la rinuncia di Ratzinger  non risolve i problemi di un struttura invecchiata e di una collegialità mai veramente vissuta, che è forse- per chi scrive – la causa prima della rinuncia di un uomo onesto come papa Ratzinger che si è trovato di fatto solo. Con un atto di umiltà – ha chiesto perdono per i suoi difetti, ma nessun porporato di curia lo ha imitato in quest’atto, purtroppo. Si ritira, dando una lezione formidabile al collegio cardinalizio e alla curia di come si serve davvero la chiesa.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Il voto cattolico interessa

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons