Non possiamo tacere davanti alla guerra

Le radici e le finalità dell’incontro sul “disarmo possibile” promosso, in memoria della fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, il 16 marzo presso il Parlamento italiano dalle Scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità e dai Giovani per un mondo unito
guerra in siria

Nella mattinata di mercoledì 16 marzo 2016, oltre 200 giovani provenienti da diverse città italiane si raduneranno in un’aula dei gruppi parlamentari di via Campo Marzio, a Roma. Cercheranno, assieme a deputati e senatori disponibili, di declinare concretamente la fraternità nell’azione politica, davanti agli scenari di guerra, come quella in Libia, che vedono l’Italia impegnata a compiere scelte difficili e controverse.

 

L’iniziativa parte dalle Scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità assieme ai Giovani per un mondo unito, entrambe espressioni di una realtà diffusa a livello planetario (il Movimento dei Focolari) che cerca di vivere questa fraternità nei più diversi contesti culturali e sociali nel mondo, in dialogo con persone di ogni credo politico e religioso.

 

Un percorso cominciato storicamente nel 1943 tra le macerie di una città bombardata (Trento) durante un conflitto mondiale che ha reso ineluttabile il dilemma quotidiano tra scelta di pace e autodistruzione.

 

Per comprendere e attraversare le paure e le speranze del nuovo millennio, si può partire dalla scelta semplice e radicale compiuta da quella gioventù che, con una Chiara Lubich allora poco più che ventenne, cominciò questa storia originale a partire dal Vangelo e perciò aperto alla ricerca del bene comune per tutti, nessuno escluso.

 

Andare in Parlamento per qualche cerimonia o convegno può significare poco, oltre il rito della giacca prevista per gli uomini. I luoghi apparenti del potere possono rivelarsi il “corridoio dei passi perduti” come ben sapeva Igino Giordani, il deputato della Costituente cofondatore del Movimento dei Focolari, strenuo promotore della pace fin da quando anch’egli ventenne, nel 1915, si oppose al macello della Grande Guerra e poi visse la contraddizione di dover indossare la divisa con la convinzione di non poter sparare un colpo contro “il fratello”. Primo proponente di una legge sull’obiezione di coscienza, nel 1949, e portatore di una visione troppo coerente con la sua ferma opposizione alla dittatura del Ventennio per piegarsi al preteso realismo del conflitto nel dopoguerra post atomico, Giordani gettò un seme, caduto, poi, nella terra buona dalla quale arrivano questi giovani che propongono, oggi , di parlare di pace in questa zona di Roma (campo Marzio) dedicata anticamente a Marte, dio della guerra.

 

Secondo la lezione di Gianfranco Miglio, un politologo del secolo passato, la politica, anche semanticamente, ha la stessa radice del conflitto armato e la fraternità può essere, perciò, solo un dato di unione verso un nemico esterno. Saranno in grado questi giovani, e il movimento di cui sono espressione, di rendere ragione di un altro mondo da edificare subito davanti all’utopia folle che rende necessaria quella guerra che Giordani definiva “stupida” oltre che “inutile”?

 

La mattinata del 16 prevede dalle 9 alle 13 l’intervento di diversi esperti. Da Pasquale Ferrara, diplomatico e docente universitario di relazioni internazionali, a Shahrzad Houshmand, teologa islamica che insegna alla Pontificia università gregoriana. Da Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova, al professor Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’Iriad (Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo).

 

Sarà, infine, la testimonianza degli obiettori alla produzione bellica a fornire la cifra finale dell’impegno politico richiesto dalle domande che i giovani si pongono, nel loro comunicato su Facebook, per capire come «cambiare il corso degli eventi che oggi (davanti alla “Terza guerra mondiale a pezzetti", ndr) ci sembra quanto mai disastroso e ingiusto».

 

Non è più tempo di proclami consolatori e vaghi. L’Italia, al centro di un contesto geopolitico in fiamme, è sede di basi militari strategiche e continua a produrre armi di alta tecnologia che arrivano anche nei Paesi del Medio Oriente, come riportato da Città Nuova. Dai porti della Sardegna transitano bombe destinate all’Arabia Saudita, Paese interessato al conflitto siriano e alla guida di una coalizione impegnata nella guerra in Yemen, con migliaia di vittime, condannata dall’Onu. Il quotidiano Avvenire di domenica 13 marzo ha pubblicato l’appello al governo da parte di diverse associazioni che chiedono di non cedere alla forti pressioni degli interessi economici che vogliono l’intervento militare in Libia che come quello del 2011, denunciato e criticato apertamente da Città Nuova, non ha risolto i problemi ma li ha aggravati.

 

Davanti a tali scenari, i giovani promotori dell’incontro sono ben consapevoli dei poteri in gioco e dell’apparente giudizio, anche benevolo, di ingenuità che accompagna le loro istanze, ma, come dicono, «riteniamo di avere una responsabilità, dovuta proprio agli ideali che ci muovono, e quindi non possiamo tacere né guardare passivi la realtà che ci circonda. Lavoriamo nel nostro quotidiano per costruire la fraternità e da qui partiamo per interpellare i governanti».

 

Alla fine della mattinata è previsto, infatti, il lancio di un appello che si preannuncia radicato e concreto. Non si tratta, beninteso, di attendere una risposta dall’alto, ma di “sentirsi responsabili di tutto” per citare don Milani.

“Ingenuo” in latino significa “libero”, diceva un anziano Giordani raccontando, con la giovinezza di sempre, la proprie scelte di vita.  

L'incontro del 16 marzo potrà essere seguito in diretta streaming

 

  

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