Niente personalismi, lavoriamo per il Paese

Intervista al presidente del Movimento politico per l’unità italiano, Silvio Minnetti, sulla crisi di governo e su queste settimane di travaglio istituzionale. «Serve ricreare una democrazia realmente partecipativa e un nuovo patto tra cittadini e politici»
Il Parlamento

Il Movimento politico per l'unità (Mppu), ispirato al carisma di Chiara Lubich, è da anni impegnato in un laboratorio politico di fraternità in Parlamento e in tante città italiane. Vi partecipano esponenti di diversi partiti legati al centro destra e al centro sinistra assieme a vari amministratori locali, oltre che semplici cittadini. Abbiamo chiesto al presidente per l’Italia, Silvio Minnetti, una valutazione di questo momento politico.

Qual è la sua analisi della crisi politica di questi giorni?
«Il Mppu ritiene un valore fondamentale la stabilità, presupposto di politiche coerenti ed efficaci nel tempo, frutto di progettazione maturata all’interno di una sana, anche aspra, ma libera dialettica democratica, che deve sempre anteporre il bene di una nazione ad ogni rivendicazione di parte o personale. Anche in queste ore. Non può essere la disperazione di un leader, per altro mal consigliato da cosiddetti “falchi”, a condizionare un Paese di 60 milioni di cittadini.

Pertanto, aprire una crisi di governo ora, senza convocare organi del partito, con una semplice telefonata ai ministri, è uno schiaffo al Paese intero dopo mesi di duri sacrifici mentre stiamo per agganciare una ripresa economica internazionale, al termine della più grave crisi dopo il 1929. Su questa linea Mppu sta con Confindustria, Cei, presidente della Repubblica, sindacati, Terzo Settore, volontariato ed altri soggetti sociali. Dobbiamo invece prenderci cura del lavoro, dei giovani in particolare, costruendo con loro il futuro in termini di competenze e competitività, di equità e di legalità. Il nostro pensiero deve concentrarsi sulla crisi di sistema che invoca riforme spesso rinviate negli ultimi venti anni per veti reciproci, mentre un governo solido potrebbe vararle finalmente assumendosi una comune responsabilità, come è avvenuto in Germania».

Quali le proposte del Movimento politico?
«La politica deve trovare soluzione a possibili conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, ma tenendo rigorosamente separate vicende giudiziarie personali da funzioni pubbliche svolte da organizzazioni che concorrono a determinare la politica nazionale. È sempre più evidente in Italia il limite di una eccessiva personalizzazione della leadership e la mancanza di una legge che registri la democrazia interna dei partiti.

L’unità nella diversità proposta dall’Mppu richiede il profilarsi di un centrodestra davvero moderato, non estremista, ancorato al Ppe ed alla liberaldemocrazia occidentale e di un centrosinistra riformista, attento alla giustizia sociale e nel contempo aperto al cambiamento senza divorare continuamente con la sua oligarchia storica ogni nuovo leader.

L’Italia, disponendo di grandi risorse umane, culturali e morali, merita un governo stabile per affrontare nodi complessi e gravi ritardi nel confronto internazionale.

Se ciò non sarà possibile per l’insipienza personale o di gruppo, non vediamo altra soluzione ad un governo di scopo largamente sostenuto in Parlamento dai rappresentanti della Nazione, che si appelli alla loro libera coscienza, per approvare la legge di stabilità e mantenere la credibilità sui mercati recentemente riconquistata e per varare una legge elettorale che elimini il cosiddetto Porcellum al fine di rendere i parlamentari, come recita la Costituzione, rappresentanti del popolo sovrano e non dipendenti dalla volontà di un capo. Il nostro "Patto eletti-elettori" vuole appunto ricreare quella relazione vitale tra cittadini e suoi rappresentanti, presupposto di una democrazia partecipativa e deliberativa».  

In questi giorni si sono evocate parole pesanti, che riconducono a momenti tragici della storia. Si può davvero parlare di colpo di Stato?
«Sono nato pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Mio padre ha conosciuto la dittatura e da ragazzo ha assistito a un vero colpo di Stato. Occorre usare le parole secondo il loro significato storico e scientifico. Le parole sono pietre e possono distruggere in un attimo. La guerra ventennale tra giustizia e politica ha le sue asprezze, gli errori, gli accanimenti ed anche le sue vittime, ma…. Dobbiamo essere più attenti nell'uso dei termini ed uscire da questa perversa forma di campagna elettorale permanente. Oltre tutto all'estero guardano l'Italia con attenzione, ci giudicano e chiedono solo stabilità politica per poter investire nel nostro Paese. Certo, occorre una riforma condivisa e non ideologica della giustizia, anch’essa inefficiente in Italia. Ma la priorità delle riforme spetta al lavoro, specie oggi, emergenza delle emergenze».

L’impressione è che il Paese sia fossilizzato nelle vicende giudiziarie di un capo di partito, ma su quali problemi è chiamato a lavorare il Parlamento?
«La cosiddetta seconda Repubblica ha visto l'invasione di cognomi nei simboli dei partiti trasformandoli in strumenti del tutto personali. In realtà nelle democrazie mature i partiti concorrono a determinare con democrazia interna la politica nazionale, svolgendo un ruolo pubblico di selezione della classe dirigente. L’Italia avrebbe proprio bisogno di una classe dirigente all’altezza della situazione, con un ethos comune tra i vari soggetti, con la legittimazione reciproca delle diverse concezioni politiche sia pure nell'inevitabile conflitto da attraversare mettendo in moto la categoria della fraternità, nell'eguaglianza e nella libertà. Di questo dovrebbero occuparsi i partiti, su questo è chiamato a lavorare il parlamento: di lavoro per i giovani in primo luogo, di riforma elettorale, di riforme costituzionali, di riduzione della spesa pubblica e della tassazione, per favorire investimenti e innovazioni di rottura, di crescita, ma anche e soprattutto di sviluppo integrale e sostenibile».

Come si può uscire da questo stallo che contrappone le parti e sembra non lavorare a progetti comuni?
«Ribadisco che nei conflitti di attribuzione dei poteri dovrebbe pronunciarsi la Corte Costituzionale. Autorevoli costituzionalisti si sono espressi in questa direzione, ma in questo caso occorre rispettare l'autonomia del Parlamento. Sta al presidente della Repubblica svolgere il ruolo di arbitro nella complessa vicenda della condanna definitiva del leader di uno dei principali partiti di governo. Nella sua lettera ha indicato una strada con saggezza e lungimiranza. Certamente le sentenze si rispettano. Si può guidare un partito anche fuori dal Parlamento, come avviene per il M5S. Nel frattempo, è evidente in tutte le formazioni partitiche, nel centro-destra e nel centro-sinistra, l'esigenza di un passaggio generazionale tra settantenni e quarantenni, come negli Usa, in Gran Bretagna, in altri Paesi. Nuove generazioni, nuove idee, progetti comuni verso la terza Repubblica del 2020-2030, nuove legittimazioni reciproche senza azzannarsi nel pantano dei Palazzi del potere, mentre l'Italia soffre una gravissima crisi non solo economica, una disoccupazione endemicae una povertà in forte crescita».

Cosa c’è da aspettarsi dopo il voto della Giunta?
«Noi, come Movimento politico vogliamo costruire l’unità in Parlamento e nel Paese. Ci auguriamo che nei diversi schieramenti politici prevalgano razionalità, amore per i giovani e per l'Italia rispetto alle fazioni ideologiche. Agiamo su temi trasversali, come lotta al gioco d'azzardo, emergenza lavoro e legalità, anche in rappresentanza di molti cittadini attivi, amministratori locali, giovani delle scuole di partecipazione che non vogliono perdere la speranza e bramano di vedere un nuovo film, esorcizzando decisamente un declino storico di lunga durata, rovinoso per tutti, come avvenne nel Seicento».

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Il voto cattolico interessa

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons