L’Onu di Guterres: le ragioni di una scelta

Antonio Guterres è il nuovo segretario generale delle Nazioni Unite, frutto di accordi diplomatici che guardano alla geopolitica ma anche di un processo di nomina più trasparente rispetto al passato
Antonio Guterres

Per la prima volta nella sua storia, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha provato a rendere il processo di selezione e nomina del suo segretario generale più aperta e trasparente. L’articolo 97 della Carta delle Nazioni Unite afferma semplicemente che il segretario generale è nominato dall’Assemblea generale del’Onu su raccomandazione del Consiglio di sicurezza. In realtà, secondo una risoluzione approvata dall’Assemblea generale nel 1946, il Consiglio di sicurezza raccomanda un solo nome, in un processo in cui i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti) hanno il diritto di veto. Inoltre, secondo una regola non scritta, il Segretario generale non deve provenire da uno dei Paesi dei cinque membri permanenti e deve rispettare il principio di rotazione geografica. Per questo, fin da quando si è iniziato a cercare il successore del sudcoreano Ban Ki-moon, molti hanno ritenuto plausibile che questi dovesse provenire da un Paese dell’Europa orientale, per la prima volta, o, ancora, che dovesse essere una donna, dato che il più alto incarico dell’Onu è finora stato ricoperto solo da uomini.

 

 

Nel corso dell’ultimo anno, 13 sono stati i candidati in lizza e mutevoli le alleanze tra Stati o tra Paesi provenienti da una determinata area geografica. Il caso dell’Europa orientale è indicativo dell’incertezza e della complessità che si cela dietro al delicato processo di selezione della figura apicale dell’Onu. Infatti, seppure fosse valida l’ipotesi di nominare un segretario generale proveniente dell’Europa orientale, caldeggiata molto da Vitaly Churkin, rappresentante permanente della Russia alle Nazioni Unite, in realtà i Paesi della regione non sono mai riusciti a trovare un candidato unico, laddove la mancanza di fiducia tra i Paesi dell’Est Europa e la Russia, soprattutto dopo la crisi ucraina, è sempre stato un altro fattore critico. Tra i candidati provenienti da questa regione c’erano Vesna Pusic, ministro degii Affari esteri della Croazia; Vuk Jeremic, già ministro degli Affari esteri della Serbia che, quasi certamente, non avrebbe mai ricevuto l’appoggio degli Stati Uniti, a causa della sua opposizione all’indipendenza del Kosovo; Danilo Türk, già presidente della Slovenia e già assistente del segretario generale dell’Onu per gli Affari politici, un candidato che ha sempre tenuto un profilo basso; Irina Bokova, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco), già ministro degli Affari esteri della Bulgaria, alla quale si è aggiunta alla fine di settembre anche Kristalina Georgieva, bulgara, Commissario europeo per il bilancio e le risorse umane. Infatti, dopo i primi voti negativi ricevuti da Bokova e il maldestro tentantivo di Angela Merkel, Cancelliere tedesco, di persuadere Vladmir Putin, in occasione del G20 in Cina (atteggiamento che ha irritato la Russia ma che ha anche attirato le critiche della Francia, convinta che fossero così intaccate le prerogative del Consiglio di Sicurezza), si è assistito a manovre interne bulgare che hanno provato a sostituirla con Georgieva. L’effetto è stato che la Russia ha provato a far confluire il consenso su Bokova pur di tenere fuori dai giochi Georgieva (che è membro di quella Commissione europea che mantiene le sanzioni verso la stessa Russia). L’opzione di Miroslav Lajčák, ministro degli Affari esteri della Slovacchia, è invece sfumata dopo la visita a Mosca del suo primo ministro, Robert Fico, filorusso, che aveva criticato le sanzioni dell’Unione Europea verso la Russia a causa dell’annessione della Crimea, sollevando sicuramente l’opposizione di uno dei membri permanenti occidentali del Consiglio di sicurezza.

 

 

Tra le sette donne candidate c’erano altre personalità di primo piano, come Susana Malcorra, già capo di Gabinetto di Ban Ki-moon e ministro degli Affari esteri dell’Argentina e Helen Clark, già primo ministro della Nuova Zelanda e amministratore del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e Christiana Figueres, del Costa Rica, un funzionario dell’Onu cha ha avuto un ruolo di primo piano nell’accordo sul cambiamento climatico siglato nel dicembre 2015. Sebbene lo stessso Ban Ki-moon si fosse espresso a favore dell’elezione di una donna e che questa opzione fosse sostenuta da circa 60 Stati membri, bisogna riconoscere che tra le donne nessuna aveva raggiunto un elevato numero di voti di “incoraggiamento” da parte del Consiglio di sicurezza e, ad esempio, Vesna Pusic, che al primo scrutinio era arrivata ultima, si era ritirata subito dopo. Inoltre, bisogna considerare che varie donne occupano già ruoli apicali in alcune agenzie dell’Onu, come descritto innanzi, o potrebbero in futuro, come nel caso di Helle Thorning-Schmidt, già primo ministro della Danimarca, che ha annunciato di volersi candidare alla carica di Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr).

 

 

Nonostante vecchi giochi politici, consuete astuzie diplomatiche o nuovi meccanismi (account Twitter fasulli, account e-mail hackerati, ecc.), sicuramente la nomina del segretario generale dell’Onu è stata questa volta caratterizzata da un nuovo procedimento. Infatti, se solitamente l’accordo si trovava esclusivamente all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu in maniera molto riservata, quest’anno sono stati svolti dei dibattiti pubblici con ciascuno dei candidati che ha dovuto presentare un proprio manifesto di fronte all’Assemblea generale, composta da 193 Stati membri, avviando quindi dei dialoghi informali organizzati dal presidente dell’Assemblea generale. Il Consiglio di sicurezza, poi, in varie sessioni con voto segreto, si è espresso con voti di "incoraggiamento", voti di “scoraggiamento” e voti di "non ostilità", in un processo che è stato studiato dalle Nazioni Unite per favorire candidature non divisive (procedura, questa, avviata nel 1981). Guterres, infatti, nell’ultimo scrutinio, ha ottenuto 13 voti di incoraggiamento e 2 voti di non ostilità e, il 13 ottobre, l’elezione per acclamazione da parte di tutti i componenti dell’Assemblea generale.

 

 

Antonio Guterres, già primo ministro del Portogallo, ha dimostrato saggezza ed equilibrio nei 10 anni che ha trascorso alla guida dell'Unhcr, mostrando carisma e personalità nell’audizione di fronte all’Assemblea generale. Egli, quindi, risulta essere una figura che rappresenta competenza, conoscenza della complessa macchina dell’Onu e doti diplomatiche apprezzate da molti. Se Ban Ki-moon ha affermato che il nuovo segretario generale è «conosciuto e apprezzato laddove oggi conta di più, nell’ambiente dei conflitti armati e delle sofferenze umanitarie», Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri italiano, ritiene che quella di Guterres sia una «grande scelta», mentre per Barack Obama, presidente degli Stati Uniti d’America, «Guterres ha il carattere, la visione e le capacità necessarie per guidare le Nazioni Unite in questo momento critico e di riformare le sue organizzazioni e le operazioni per soddisfare al meglio delle sfide senza precedenti».

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Il voto cattolico interessa

Diario di un viaggio in Congo

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons