Licheni e fuga dei cervelli

A colloquio con Francesco Dal Grande (giovane ricercatore a Francoforte in Germania), su clima, biodiversità e prospettive di lavoro nel mondo globalizzato di oggi.
biodiversità

A 28 anni lei, biologo vicentino, ha ricevuto a Bangkok il quadriennale premio internazionale "Mason Hale Award", per la miglior tesi di dottorato nell'ambito della simbiosi lichenica. Perché i licheni sono così interessanti?
«I licheni sono stati bistrattati per troppo tempo come organismi di serie B. In realtà sono affascinanti e importanti simbiosi che stanno svelando pagine interessantissime sull’evoluzione di importanti gruppi di organismi viventi.
 A pensarci bene, anche noi umani siamo simbiosi con triliardi di batteri, funghi, ecc. e senza simbiosi non potremmo certamente esistere. I licheni sono piccoli mondi, ecosistemi in miniatura formati da organismi molto diversi tra loro quali funghi e alghe che vivono in stretta interdipendenza e, come tali, servono da modello per capire come altre simbiosi si siano formate e si mantengano nel tempo». 

I licheni sono anche delle “sentinelle” per gli ecosistemi…
«Sì, vengono usati infatti come indicatori della qualità dell'aria e più in generale della salute dell’ambiente, e per capire quale sia la risposta di piante superiori e altri organismi quando vengono esposti a varie sostanze inquinanti.
Con l’avvento della genomica, il sequenziamento di interi genomi fungini e algali sta svelando molti segreti su come si siano formate le simbiosi fungine sulla terra, su come si siano evoluti funghi, alghe verdi e cianobattieri, su quali siano i geni responsabili della produzione di molte sostanze di interesse farmaceutico (ad esempio molti antibiotici) e su quali siano i meccanismi utilizzati da organismi così sensibili per adattarsi ai cambiamenti climatici o far fronte all'inquinamento.
Potremmo andare avanti a parlare per ore del perché i licheni sono interessanti, ma penso sia ormai chiaro che c’è un mondo di diversità da esplorare. Se combiniamo le tecniche moderne con il fatto che sono stati poco studiati finora, otteniamo sorprese e novità ad ogni angolo!».
 
Come è arrivato a questo risultato un ragazzo di 28 anni?
«Sono partito dall’università di Padova, dove un corso della dott.ssa Villani sull’importanza e il ruolo delle simbiosi mi ha aperto gli occhi e portato a cercare una facoltà orientata allo studio di questi organismi. Dopo la laurea triennale in Scienze e Tecnologie per la Natura, mi sono trasferito a Trieste dove ho ottenuto la laurea specialistica in Biodiversità e Biomonitoraggio degli Ecosistemi Terrestri coi prof. Nimis e Tretiach, grandi lichenologi.
Da lì, grazie ad una conferenza in Svezia, ho conosciuto quello che sarebbe diventato il mio supervisore della tesi di dottorato in Ecologia ed Evoluzione, prof. Scheidegger dell’Università di Berna. Con grande sorpresa, ho ricevuto il riconoscimento internazionale ‘Mason Hale Award’ per la mia tesi di dottorato.
A livello personale, è senz’altro un onore, ma la cosa che più conta è che resti un buon punto di partenza più che un traguardo. Dopo il dottorato, ho vinto un posto da ricercatore presso l’istituto per la ricerca sul clima e la biodiversità di Francoforte, in Germania, dove attualmente lavoro». 
 
 
Qual è la sua opinione sullo stato del clima del pianeta e sul dibattito relativo? Siamo davvero nei guai o sono esagerazioni?
«Direi proprio che siamo nei guai. Soprattutto perchè non si è ancora trovato un modo per parlare di clima evitando quella pletora di slogan e buone intenzioni che mascherano, nemmeno tanto bene, interessi economico-politici che stanno portando (o forse hanno già portato) il pianeta al collasso.
Parlando di dati, il riscaldamento globale è realtà documentata dallo scioglimento accelerato dei ghiacciai e delle calotte polari, dallo spostamento degli areali di molte specie e dal fatto che eventi estremi quali inondazioni, siccità, tifoni e uragani si stiano intensificando in certe aree. 

Il problema è che, da una parte e dall’altra, si strumentalizza il problema invece di cercare soluzioni efficaci condivise. 
Nei miei studi mi occupo dell’impatto del riscaldamento globale sulla diversità genetica di varie specie. Studi recenti dimostrano che, se non interveniamo, in certi gruppi di organismi la diversità genetica si ridurrà dell’80% entro il 2080. Dobbiamo considerare che la diversità genetica è il substrato delle forze evolutive, e riducendo così drasticamente il potenziale di una specie ne compromettiamo la capacità adattativa e di conseguenza ne anticipiamo la scomparsa. 
Un concetto più ampio di clima, e quindi del dibattito che ne deriva, dovrebbe includere biodiversità, salute, sviluppo sostenibile.
Temi non facili da trattare perchè purtroppo in netto contrasto con lo sviluppo economico (come lo abbiamo conosciuto e sperimentato finora)».
 
Quali azioni urgenti e fattibili proporrebbe, visto il fallimento dell’ultimo summit sul clima?
«Col ‘non-insuccesso’ dell’ultimo summit sul clima, come molti lo definiscono, il divario tra le attuali emissioni e quelle necessarie per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici – vale a dire il contenimento al di sotto dei due gradi centigradi della temperatura media entro il 2100 (punto di non ritorno) –, resta così ampio da sembrare incolmabile.
In una situazione di crisi economica a livello globale, le principali potenze non vogliono assumere impegni vincolanti. Alcuni grandi potenze (Russia, Giappone, Canada) addirittura non intendono rinnovare gli accordi di Kyoto del ’97. Servirebbe invece da subito l’impegno delle 7 grandi potenze, in quanto da sole costituiscono più del 70% delle emissioni di gas serra.
 
Fortunatamente Cina e Stati Uniti si stanno rendendo conto a loro spese della necessità di azioni concrete e impegni vincolanti, visto che la qualità di vita dei loro cittadini viene minata dalla precarietà dei sistemi energetici e dai problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici. Serve ridurre le emissioni da subito, e finanziare i paesi in via di sviluppo per favorire l’adozione di sistemi energetici alternativi e ‘puliti’. Purtroppo anche per questo (Green Climate Fund) non ci sono indicazioni su come impiegare i fondi o sull’impegno dei singoli Stati».
 
 
A livello nazionale?
«Si potrebbe pensare ad incentivi per gli imprenditori che utilizzano o producono energia pulita, decentralizzare la produzione di energia per far si che avvenga in prossimità del luogo di utilizzo, migliorare l’efficienza dei carburanti e implementare nuove tecnologie (ad esempio, l’idrogeno). Ovvio, nel disaccoppiare la crescita economica dall’utilizzo dei combustibili fossili, ci si scontra con altri interessi.
Chiaramente non sarà un processo indolore. Sono tuttavia convinto che incrementando le fonti di energia rinnovabile (eolico e solare ad esempio) si creerebbero nuovi posti di lavoro. Di pari passo, si potrebbero aumentare le aree forestali per aumentare la quantità di carbonio sequestrata naturalmente dall’atmosfera. Su tutto, senza investimenti nella ricerca, non ci sarà crescita stabile».
 
E a livello individuale?
«Potremmo ridurre la nostra ‘impronta ecologica’ seguendo alcuni accorgimenti, quali ad esempio: usare alimenti locali e di stagione (km zero), bere l’acqua del rubinetto, riciclare, riutilizzare e ridurre il consumo di prodotti, usare maggiormente i trasporti pubblici o mezzi di trasporto più ‘verdi’ (car sharing, bicicletta, ecc..), ridurre il consumo di acqua ed elettricità, controllare e migliore l’efficienza di elettrodomestici, caldaie e radiatori, ridurre la dispersione termica delle nostre case, piantare nel nostro giardino piante che crescono nella nostra zona, ecc».
 
Ha voglia di tornare in Italia?
«In Italia ci sono ottime università e centri di ricerca. Il problema sono le risorse che vengono investite nella ricerca: poche e sempre meno. Abbiamo anche il problema delle gerarchie universitarie, dove il concetto di merito “non sempre” viene usato per far selezione. Dispiace dirlo, ma da questo punto di vista siamo diventati il medioevo d’Europa, dove i giullari e i buffoni si sono travestiti da re. Gli stallieri, invece, da eroi. 
La ricerca nel mio settore viene incentivata e sostenuta soprattutto in Svizzera e Germania, dove ora lavoro. Anche in un periodo difficile, di crisi, come questo, è possibile trovare finanziamenti e portare avanti i propri progetti». 
 
Cosa pensa della fuga dei cervelli?
«Per quanto mi riguarda, mi sento ‘in fuga’ solamente perchè la nostalgia di casa, della famiglia, degli amici, di Lonigo, si fa sentire. Pur sentendomi cittadino del mondo, resto pur sempre veicolo di quella cultura contadina, di quell'inventiva, laboriosità, allegria veneta che costituiscono le mie radici. 
Ho avuto di recente un’offerta dagli Stati Uniti; per ora sta lì nel cassetto, tra qualche anno si vedrà. Sto riallacciando i contatti con alcuni gruppi di ricerca italiani, ma, ora come ora, preferisco pensare all’estero anche in prospettiva futuro. La mia fidanzata, come molti altri giovani ricercatori indiani, ha scelto l’Europa anche in prospettiva carriera. Lei è forzatamente cosmopolita, in quanto l’India, pur con le sue immense potenzialità, stenta ancora molto a livello internazionale data la scarsità di risorse per la ricerca e mille altri problemi». 
 
Speranze per l’Italia?
«La fuga dei cervelli è un problema complesso e grave. Professionisti e persone con un alto livello di istruzione abbandonano l’Italia per trovare migliori condizioni di vita, paga, lavoro all’estero. Un problema secondo me altrettanto grave è lo spreco di cervelli, cioè i casi in cui l’emigrazione è occupazionale.
In Italia c’è un enorme spreco di cervelli derivato dal fatto che un laureato trova per lo più impiego in ambiti che non richiedono l’applicazione delle competenze apprese durante il periodo formativo. 
Tutto questo è un chiaro indicatore dell’atteggiamento della nostra classe politica verso la ricerca e l’innovazione. Ovvio, penso si possa definire un istinto auto-conservativo da parte dei nostri politici. Anche se, a guardare il livello delle istituzioni, una domanda sorge spontanea: come abbiamo fatto a ridurci in questo stato?».
 

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