Libia nel caos

Ci siamo. Il Califfato arriva sulle sponde del Mare Nostrum. Le incognite militari, diplomatiche e umanitarie
Isis in Libia

La bandiera nera dell'Isis sventola su Sirte. Nel caos generalizzato che attanaglia la Libia da qualche tempo, si fa spazio il Califfato di al-Baghdadi. Non ci si stupisca: dalla caduta ingloriosa di Gheddafi i più onesti osservatori si aspettavano il peggio. 

Sciagurato fu l'intervento nel 2011 di Sarkozy e Cameron, supportati dagli Stati Uniti e da altri "volenterosi", che voleva sì cacciare un dittatore maniaco e crudele come Gheddafi, ma senza una strategia di uscita. Non si era considerato il fatto che il rais controllava col suo regime una serie di tribù che avrebbero potuto reclamare la loro fetta di potere una volta cacciato il dittatore. E così è puntualmente avvenuto. 

Dapprima la Cirenaica, poi il Fezzan, e ora la stessa Tripolitania sono piombate in una guerra civile di straordinaria gravità. Perché su questo scenario già di per sé grave, s'è inserito il Califfato, potente coagulatore di malcontento e fondamentalismi in tutto il Sahara. La caduta di Gheddafi ha scoperto il calderone sahariano, arrivando fino in Mali, Burkina Faso e Repubblica Centrafricana. 

Solo che la Libia è dietro casa. Il ministro Gentiloni ora si offre di andare a combattere, sotto l'ombrello dell'Onu, in terra libica. Vedremo. Certo è che la minaccia è  grave perché il territorio libico potrebbe diventare un pericolosissimo trampolino per l'Isis verso l'Italia e l'Europa. Servirebbe una coalizione lungimirante, cosa di cui c'è da dubitare visti i precedenti. 

Quando quattro anni fa su questo sito, solitari o quasi,  tuonavamo contro l'avventurismo di un Sarkozy in mal di sondaggi e di un Cameron in mal di credibilità internazionale, pochi credevano che saremmo arrivati a tanto. Vi invito a rileggere quanto ci diceva il vescovo Martinelli, un eroe, per capire che chi aveva uno sguardo lungimirante poteva capire. Non bastano delle elezioni presuntamente democratiche per cambiare le abitudini di un popolo. E non è più tollerabile che Paesi europei pretendano di dettar legge nel Nord Africa per prendersi il loro petrolio. 

Purtroppo la frittata è fatta. Serve una forte e limpida riflessione internazionale per riparare ai danni fatti.

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