L’altra Gaeta

Meno solare e vistosa, la sua nascosta bellezza va inseguita su e giù per i vicoli, le rampe, i fornici del suo quartiere medievale, raccolto sull'estrema punta di levante del promontorio.
gaeta

C’è la Gaeta balneare, giustamente rinomata per le stupende spiagge, cale e promontori che si susseguono in direzione di Sperlonga. C’è quella di Monte Orlando, verdeggiante tumulo che rievoca i fasti di Lucio Munazio Planco, coi santuario della Montagna Spaccata. E c’è l’altra Gaeta, meno solare e vistosa, la cui nascosta bellezza va inseguita su e giù per i vicoli, le rampe, i fornici del suo quartiere medievale, raccolto sull’estrema punta di levante del promontorio. È un intrico di vicoli, di alte mura, di case spesso dirute, fra cui – quasi sigillati – s’intuiscono, più che vedersi, orti e giardini pensili, preziosa risorsa alimentare al tempo delle incursioni saracene e dei tanti, dei troppi assedi. Vigila su tutto la duplice mole del castello angioino-aragonese; mentre, a pochi passi dal porticciolo, il bellissimo campanile romanico segnala la presenza del duomo. L’uno e l’altro monumento, simbolo di questa cittadella double-face, un po’ fortezza militare fin quasi ai nostri giorni, e un po’ fortezza dello spirito, per quanti monasteri e chiese la costellarono.

 

E poi c’è il parco di Monte Orlando, il più piccolo parco regionale urbano d’Europa, ma non per questo il meno interessante. Istituito nel 1986, occupa il promontorio situato al limite occidentale del Golfo di Gaeta, offrendo un colpo d’occhio superbo sulla cittadina e sul mare. Ciò che colpisce, sulla sua superficie di 54 ettari, è l’eccezionale connubio tra valori naturali e risorse stoico-culturali: in mezzo alla ricca vegetazione mediterranea, infatti, habitat ideale per diverse specie animali, affiorano numerosi i resti di varie epoche: dal celebre mausoleo di Lucio Munazio Planco – il console fondatore di Lione e Basilea, che qui vi ebbe sepoltura – alle opere militari susseguitesi nel corso dei secoli (fortificazioni, grandi polveriere, batterie, cisterne…).

 

Ma Gaeta non è tutta qui, confinata in silenzioso isolamento: qualcosa in lei rimanda a più lontano, ha riferimento altrove. Sarà che la sua stessa fondazione affonda le radici nel mito di Enea, reduce da Troia; che la triplice spaccatura alla base del Monte Orlando costituirebbe – stando alla tradizione – la visibile ripercussione del terremoto che accompagnò la passione di Cristo. E come dimenticare i suoi legami con Bisanzio, la floridezza raggiunta trafficando con l’Oriente, il contributo alla vittoria definitiva sui turchi a Lepanto, e quella vocazione marinara di cui i Caboto furono significativo emblema? Senza contare che, all’epoca dei moti del 1848, vi trovò rifugio un Pio IX ospite dei Borboni; la cui sosta non rimase senza traccia, se proprio in questa città dove Maria era popolarmente amata l’esule papa trasse ispirazione per proclamarla di lì a poco, davanti a tutta la Chiesa universale, Immacolata.

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