La violenza non è intrinseca all’Islam

«Ci interpella tutti» ha ribadito l' imam francese Azzedine Gaci dopo le violenze nella scuola ebraica. « Va ripensata l’educazione offerta ai propri figli, tanto nel contenuto quanto nella forma»
Azzedine Gaci

Poco rilievo è stato dato dai media a un interessante e coraggioso discorso dell’imam, rettore della moschea Othman di Villeurbanne, in Francia. Lo hanno riportato l’agenzia del Pime (www.missionline.org/index) e l’inserto di La Stampa di Torino (vaticaninsider.lastampa.it/)
 
«Non c’è in Francia un musulmano che non sia interpellato sulla questione della violenza», affermazione coraggiosa da parte di Azzedine Gaci, presidente del Consiglio regionale del Culto musulmano Rhône-Alpes (Francia), che non ha avuto timore di affermare che alcuni «cercherebbero persino di stabilire un legame, che si rifarebbe implicitamente a una regola secondo cui la violenza sarebbe un dato intrinseco dell’Islam».
 
La personalità musulmana ha espresso questi pareri chiari e forti nel corso dell’elogio funebre in ricordo di Mohamd Farah Chems Eddine Legouane, il militare caduto vittima del giovanissimo estremista islamico francese Mohammed Merah, che nel giro di pochi giorni ha fatto sette vittime a Tolosa e, fra questi, tre bambini della scuola ebraica della città.
 
Il dramma che non solo la Francia, ma l’Europa intera ha vissuto nelle settimane scorse, ha offerto a Gaci la possibilità di suggerire un profondo esame di coscienza nella trasmissione dei valori e nelle metodologie di educazione all’interno della sua comunità. «I responsabili musulmani – ha affermato il rettore della moschea di Villeurbanne – devono ripensare l’educazione islamica offerta ai loro figli, tanto nel contenuto quanto nella forma» e «preoccuparsi di comprendere le fratture che spingono i giovani a adottare delle interpretazioni estremiste della religione».
 
Il discorso dell’imam segue con coraggio la dichiarazione di fede in Dio che Eva Sandler, la vedova del rabbino e madre di due dei tre bambini uccisi, ha inviato nel mondo per ringraziare coloro che le avevano dichiarato la loro solidarietà e vicinanza spirituale. In modi diversi e con linguaggi propri, sono entrambi messaggi di speranza e di coraggio, in un momento doloroso per un’Europa alla ricerca di un’identità capace di coniugare le radici cristiane con una sana laicità e con l’integrazione di nuove minoranze.
 
La decisione di Gaci è stata autorevole e, al contempo, coraggiosa, se si pensa che la funzione in onore del militare ucciso si svolgeva all’interno della moschea di Lione. Il leader musulmano ha citato versi del Corano e precetti della Sunna per ribadire come l’Islam sia una «religione di pace», secondo la quale «l’uomo è sulla terra non per distruggere la vita ma per donarla». Un concetto – ha tenuto a sottolineare – che accomuna tutte le religioni.
 
L’imam ha affrontato anche il problema dei valori e dell’integrazione delle diversità. È necessaria – ha insistito – una «politica di civilizzazione che faccia del rispetto della vita, della diversità, della dignità umana, del rispetto delle credenze e delle religioni un principio universale». La diversità non può restare un ostacolo, secondo il rettore della moschea di Villeurbanne, perché «per i musulmani la diversità religiosa è una volontà divina» ed è «la nostra sfida oggi». Una sfida con cui la comunità islamica è chiamata urgentemente a confrontarsi.
 
L’intervento dell’Imam ha evidenziato alcune delle criticità che l’Islam si trova ad affrontare a livello globale. «I responsabili musulmani – ha detto Gaci – hanno molto da fare oggi: rileggere i loro testi fondanti, studiare le leggi del proprio Paese e produrre un pensiero in linea con la propria epoca e il proprio contesto. Essi devono, allo stesso modo, ripensare l’educazione islamica offerta ai propri figli, tanto nel contenuto quanto nella forma, al fine di reinserirla nel contesto del loro ambiente francese». E ancora, devono «in questo contesto, preoccuparsi di comprendere le fratture che spingono i giovani a adottare delle interpretazioni estremiste della religione, e a coinvolgersi alcune volte in atti di violenza».
 
D’altra parte, dall’intervento del leader musulmano è emersa anche la crucialità del ruolo dello Stato in questioni che coinvolgono certo i processi educativi, ma che hanno ormai una chiara connotazione religiosa. Si tratta, in vista di una vera integrazione di nuovi gruppi e comunità, di ripensare gli equilibri della separazione fra religione e ambiti secolari. La religione, infatti, non è solo una questione privata. «[Lo Stato deve] assumersi le sue responsabilità davanti a questi giovani che hanno sovente diritto a dei grandi discorsi senza ricadute pratiche, […] quando un giovane ha la sensazione che lo Stato non lo difenda, non lo protegga e non pensi a lui, allora egli si volge verso la propria comunità per proteggersi. Ma può anche volgersi verso dei gruppi dalle idee oscurantiste. Le tentazioni del ripiegarsi su di sé e il rischio di cadere nel radicalismo e l’estremismo sono allora numerosi.»
 
La conclusione di Gaci è stata carica di speranza, ma ha anche sottolineato la necessità di un lavoro in comune. «È insieme, gli uni con gli altri, e non gli uni contro gli altri, che dobbiamo fare fronte ai predicatori dell’odio, agli imprenditori della violenza e ai professionisti della paura».
 

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