La speranza

Si può ancora sperare o la fortuna ha preso il posto di questa virtù? L'Avvento è tempo per riscoprirla
Speranza

L’Avvento è un tempo di gioia, di consolazione – (Consolate, consolate il mio popolo dice la prima lettura) – che nasce dalla visita di Dio all’umanità. L’attesa non è vana, la speranza non delude, perché “il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa” -(seconda lettura). La virtù dominante nell’Avvento è la speranza, purtroppo troppo spesso ridotta a un guardare al futuro con l’atteggiamento di chi gioca al lotto: «Se sono fortunato!». Speriamo con poca fede. Perché mettiamo la nostra fiducia in noi stessi, in quello che sappiamo fare, che è ben poco.

Così spesso non abbiamo “liete notizie” da annunciare “a Sion, a Gerusalemme” (agli altri che vivono con noi – prima lettura).

 

L’Avvento ci annuncia la “buona notizia”, il “vangelo di Gesù Cristo” (Vangelo): ci fa scoprire il “Signore Dio che viene con potenza”. Dio non è lontano, è venuto e resta fra noi. “Parla al nostro cuore” (Prima lettura). La speranza ci mette in atteggiamento di ricerca della sua presenza con la certezza di incontrarlo. Non in cima a una montagna o nel profondo del mare, ma nel fratello, soprattutto nel povero e bisognoso. Perché la “buona notizia” è che Dio ci è venuto tanto vicino che è diventato uno di noi. Non c’è altra scelta: Dio è diventato Gesù di Nazaret e lui diceva: “Chi vede me, vede il Padre”.

L’abbiamo ricevuta e fatta nostra la “buona notizia”? Un segno è che “alziamo la nostra voce con forza” (Prima lettura). Quando alziamo la voce con forza? Cioè, che cosa annunciamo agli altri?

E con convinzione.

 

Un’altra dimensione importante della speranza è “preparare la via al Signore” (Prima lettura e Vangelo). Non sta ad aspettare che tutto cada dall’alto, ma si mette al lavoro per togliere gli ostacoli alla venuta del Signore. Ostacoli dentro di noi – e ognuno sa quali sono – legati al nostro modo di pensare non in sintonia col Vangelo o creati dalla nostra volontà debole e ribelle. È un lavoro a volte duro, ma che non deve essere fine a se stesso, come si è potuto concepire nel passato, quando si assolutizzava la penitenza e la mortificazione. È animato dalla speranza, quindi illuminato dalla certezza della venuta del Salvatore e tutto orientato all’incontro con lui. Quello che conta non è il sacrificio e la fatica nel preparare la strada, ma colui che vi poserà i piedi per venire verso di noi. In fin dei conti, la speranza è una fiamma che arde nel nostro cuore e dirige la sua punta verso Gesù.

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