La lava del vulcano è arrivata al mare

Da più di 10 giorni il vulcano Cumbre Vieja dell’isola di La Palma, nell’arcipelago delle Canarie, è entrato in attività eruttiva. Il fiume di lava, dopo aver attraversato il comune di Aridane, si è gettato nell’oceano Atlantico provocando dense e pericolose colonne di vapore.

Los Llanos de Aridane è il nome del comune che sta in parte scomparendo sotto un flusso di lava. Il vulcano, il Cumbre Vieja, è entrato in eruzione il 19 settembre nell’isola di La Palma, nelle Canarie. E non si è ancora fermato. Aridane è un comune di oltre 20 mila abitanti, il più popoloso di quest’isola in cui risiedono più di 83 mila persone che vivono di turismo e della coltivazione di plátano canario (un tipo di banana). Non è una piccola cittadina, ma un insieme di nuclei di case e costruzioni, sparse in un’orografia irregolare. Ecco perché, nel suo avanzare, la lava divora ora una casa, ora la chiesa, ora la scuola, ora una piazza… Nel suo lento cammino distruttivo, il fiume incandescente ci ha messo dieci giorni per arrivare fino alla costa e buttarsi nell’oceano da un dirupo alto circa 100 metri, creando nel mare un delta di terra (oltre 8 ettari) che non esisteva. Era questa la prospettiva più temuta dai vulcanologi e dalle autorità, perché mentre la lava distrugge le proprietà, i gas tossici che salgono dall’acqua possono uccidere le persone. Entrando nel sito web del comune (https://www.aridane.org/index/index.php) sorprende un annuncio improvvisato che domina la pagina: «Grazie mille per l’ondata di solidarietà. Per il momento fermiamo la raccolta dei beni di prima necessità. Se vuoi aiutarci, questi sono i nostri account ufficiali». E poi aggiunge: «È un momento molto difficile, quindi ringraziamo tutte le persone, aziende e istituzioni che hanno dato la loro disponibilità e generosità nell’aiutare le famiglie colpite dall’eruzione del vulcano».

La parte peggiore la sopporteranno gli agricoltori delle piantagioni di banane, avocado o vigneti. Hanno perso i loro terreni. La coperta di lava solidificata che rimarrà (qui la chiamano picón), con un’altezza media di sei metri, sarà improduttiva per i prossimi 20 o 30 anni. Così afferma Manuel Nogales, dell’Istituto di Prodotti Naturali e Agrobiologia della provincia (alcuni suoi membri sono a La Palma per raccogliere campioni di lava e cenere): «In genere, nei terreni occupati dalla lava, non vengono costruiti edifici né sono coltivabili, almeno a breve termine». Per quel che riguarda le case e altri edifici distrutti (circa mille), il governo centrale ha già stanziato 10,5 milioni di euro per finanziare l’acquisto di case e beni di prima necessità per le persone colpite dalla catastrofe. Va detto che, se in molti casi si sente dire «ho perso tutto», per molti altri si tratta della “seconda casa”, cioè case di vacanze e villeggiatura, sia di spagnoli che di stranieri.

Hanno paura gli abitanti di La Palma. Un editoriale del giornale locale, El Time, pubblicava lunedì scorso: «Sabato 25 e domenica 26 settembre sono stati abbastanza duri dal punto di vista del comportamento del vulcano; molte persone hanno preferito recarsi almeno per qualche giorno in un’altra isola finché la situazione non si sarà calmata». La cifra di quest’esodo potrebbe raggiungere le tre mila persone al giorno. Perché «non è facile dormire la notte con un rombo costante nelle orecchie, con esplosioni che sembrano mandare in frantumi le finestre di casa tua. Non è facile lavorare di giorno con la cenere che ti cade addosso (…). Non è facile gestire un’attività a La Palma quando le persone vengono evacuate, sono confinate o spaventate». Paura anche per certe predizioni che annunciano una grossissima esplosione e un conseguente maremoto.

Martedì 28 settembre, verso le undici di sera, la lava è precipitata in mare. Il contatto con l’acqua salata provoca una colonna di vapore che può viaggiare verso l’interno dell’isola o verso il mare, a seconda di come soffia il vento. Quando la lava, intorno ai mille gradi, raggiunge l’acqua del mare, che ha una temperatura di poco più di 20 gradi, si verifica un’esplosione di vapore che genera una densa nuvola nera, ma anche una reazione chimica in cui interviene principalmente il cloro, che può irritare la pelle, gli occhi e le vie respiratorie. Per i prossimi giorni, dice l’Agenzia statale di meteorologia (Aemet), gli intensi venti alisei che spirano sulle Canarie disperderanno i vapori provocati dalla lava del vulcano verso l’Atlantico, garantendo così la qualità dell’aria nelle aree abitate.

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