La Costituzione letta dalla scrittrice Lahiri. New York festeggia il 2 giugno

Al consolato italiano di Park Avenue in centinaia hanno ascoltato i primi 12 articoli della Carta letti dalla vincitrice del premio Pulitzer per la letteratura. E' stata scelta una donna straniera per celebrare il primo voto femminile nella storia del nostro Paese e per non dimenticare la sfida epocale dell'accoglienza che oggi la storia chiede
La copertina del New Yorker dedicata all'Italia

“L’Italia è una Repubblica democratica…”. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione”. “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge e hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti”. “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica”.

I principi della Costituzione italiana sulle labbra di Jhumpa Lahiri, la scrittrice statunitense di origini indiane tacitano immediatamente il chiacchiericcio delle centinaia di persone intervenute al Consolato italiano di New York per celebrare la festa della Repubblica. E nel silenzio la lettura di quegli articoli irrompe con tutta la sua profezia recando non solo memorie ma sfide con cui la storia interpella l’Italia: la crisi delle istituzioni, l’uguaglianza messa alla prova dalle disuguaglianze generate dalla crisi economica, gli atteggiamenti diffidenti verso le nuove religioni che si praticano nel Paese, l’arrivo dei migranti. Già nel 1946 i padri Costituenti avevano dettato principi che erano piloni su cui reggere l’ordinamento statale anche in mezzo ai marosi di questa fase politica. Il console Francesco Genuardi nell’ideare il programma per il 2 giugno aveva voluto sottolineare l’importanza del voto femminile e della presenza delle donne nella formazione della Repubblica, magari non consapevole che la lettura affidata ad una straniera che da pochi mesi ha ricevuto la carta di identità italiana avrebbe aperto le porte su un dibattito caldo dall’altra parte dell’oceano: la necessità di integrare e di una legge di cittadinanza adeguata ai nuovi italiani.   

“Ho passato tutta la vita alla ricerca di una Patria temendo di non appartenere a nessun paese e questo mi ha mi ha fatto soffrire – racconta la Lahiri introducendo la lettura degli articoli. Nei primi tre decenni della mia vita mi sono ritrovata ad avere tre passaporti diversi, eppure per me erano solo pezzi di carta. Quando mi sono trasferita a Roma per la prima volta mi sono sentita veramente a casa ed è stato senza dubbio il periodo più felice della mia vita. Volevo imparare la lingua italiana e vivere immersa nella lingua italiana ed ho proprio voluto scrivere un libro in questa lingua che amo.  Non potete immaginare la mia emozione quando ho ricevuto, qualche mese fa la carta d’identità italiana. Ringrazio gli italiani per avermi accolta e avermi regalato una nuova vita e un senso di appartenenza imprescindibile” – conclude quasi commossa tra gli applausi scroscianti. Tanti dei presenti ben conoscono queste attese e queste trepidazioni anche se per un documento identificativo statunitense, che gli facesse gustare il sapore di una nuova Patria.

 “La nostra è una comunità unita nelle istituzioni e nei rapporti umani tra le persone e il minimo comune denominatore è l’amore per New York. Un amore decisamente ricambiato. – esordisce nel suo discorso il Console Francesco Genuardi e spiega che il filo conduttore delle celebrazioni è proprio “La presenza dell'Italia a New York e i forti legami che, in particolare in campo culturale ed economico, da sempre contraddistinguono il rapporto davvero speciale del nostro Paese con questa città”. Ed elenca saluti e messaggi arrivati dal ministro degli esteri Gentiloni, dall’ambasciatore  Varricchio, dal sindaco De Blasio, dal governatore Cuomo, quest’ultimi di origine italo-americana. “In 70 anni l’Italia è cresciuta molto: è un paese globale, un paese che sta intraprendendo riforme e non sarebbe quello che è senza questa Costituzione e senza le scelte lungimiranti all’Assemblea costituente”.

 

L’impronta del made in Italy è volutamente sottolineata in tutte le sale del 690 di Park Avenue, il palazzo storico che ospita il  consolato italiano. Già all’ingresso quattro Ferrari, sorvegliatissime dalla polizia, sottolineano una delle eccellenze del Paese, ma poi ci sono le tele di pittori italo-americani, le essenze profumate della Toscana, i gusti e sapori della dieta mediterranea, le musiche della tradizione napoletana adattate in chiave jazz  e poi la storia di un immigrato di successo: lo stilista Salvatore Ferragamo. Le sue scarpe esposte sugli scaffali della biblioteca raccontano una letteratura fatta di stile e di classe che affascinò tanti artisti americani incluso Andy Wharol e infatti un paio della sue scarpe sono custodite in una teca di vetro a prova di furto.

Alla festa è intervenuta anche una delegazione di senatori eletti nelle circoscrizioni estere e il saluto ufficiale è stato affidato a Claudio Micheloni, presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero che ha messo in guardia sulla riforma costituzionale precisando che “Le costituzioni non sono intoccabili, possono e devono essere aggiornate, ma è fondamentale che, nel farlo, si sappia sollevare lo sguardo dalle contingenze del momento e dalle convenienze di parte, perchè quando si scrive o si modifica una Costituzione occorre ragionare a lungo termine, non in base alla prossima scadenza elettorale; si deve cercare di comporre i valori e gli interessi dell’insieme del popolo, non di una sua parte”. E i commenti seguiti sottovoce non gli danno torto. Questa parte d’Italia a New York è molto critica verso la proposta di riforma.

Progetti e sfide si intrecciano in mezzo ai festeggiamenti e non si concludono con una celebrazione né a New York e neppure a Roma.

(Nella foto, la copertina del magazine New Yorker dedicata all'Italia)

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