Il colpo di scena di Berlusconi

Uno sguardo ai titoli con cui i principali quotidiani esteri, di destra e di sinistra, hanno commentato le ultime vicende politiche italiane, che hanno avuto come protagonista il leader del Pdl
Gaetano Quagliariello

Se voltafaccia doveva essere, si sarebbe detto fosse piuttosto quello di alcuni membri del PdL; invece Le Figaro vede le cose dall'altro punto di vista, titolando «Il voltafaccia di Berlusconi risparmia una crisi all'Italia». In quello che il quotidiano francese definisce un coup de théâtre, «piuttosto che rischiare l'implosione interna dei suo partito il Cavaliere ha preferito defilarsi», per quanto «il suo gesto non eviterà la scissione: ventitrè senatori hanno già annunciato la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare». La cosa più importante tuttavia, secondo l'articolista, è che «il governo Letta esce rafforzato da questa prova e potrà continuare a governare almeno un altro anno»: gran traguardo, verrebbe da dire, per un Paese in cui molti governi non durano che pochi mesi.

A vedere il voltafaccia dal lato più evidente è invece il New York Times, che apre la pagina internazionale con un "L'ammutinamento blocca lo sgambetto di Berlusconi all'Italia". «Il Silvio Berlusconi che si è presentato ieri in Senato – scrive l'articolista – non era più invincibile: e la cosa più sorprendente di tutte è che l'un tempo potentissimo primo ministro ha dovuto piegarsi alla ribellione del suo stesso partito». Ma la vera notizia, secondo il quotidiano newyorkese, «è che i moderati che promettono profonde riforme per la prima volta hanno ottenuto una vittoria decisiva in Parlamento; […] e in un momento in cui molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, sono paralizzati dalla guerriglia dei partiti, la sconfitta di Berlusconi è stata vista da molti come un segno che l'Italia può portare avanti le riforme al suo sistema politico troppo a lungo rinviate e rilanciare la sua economia sclerotica». Per noi, invece, la notizia è che per la prima volta dall'estero ci arriva qualche segno di apprezzamento.

Più drammatico El Paìs con "Letta sopravvive alla sortita di Berlusconi": con un attacco che ha come sempre del picaresco – Cervantes insegna –, il quotidiano madrileno scrive che «Alle 13,32 il cavaliere, truccato come per assistere alla propria sepoltura, ha sorpreso alleati e avversari annunciando che il centrodestra avrebbe continuato a sostenere il governo del socialdemocratico Enrico Letta, gli sguardi si sono fissati sul primo ministro che, nel mezzo di un sorriso incontenibile, ha esclamato "È un grande". Un leader dato per morto dato che la frase di Letta sarebbe stata "l'omaggio postumo alla capacità politica e teatrale di chi, negli ultimi due decenni, ha segnato la vita politica italiana ed ora, a 77 anni, asfissiato dai suoi conti pendenti con la giustizia e tradito da coloro che finora gli sono serviti da comparse, scongiurava con un ultimo colpo di scena una catastrofe storica"». Toni duri, fino a profetizzare che «a partire da questo 2 ottobre, Silvio Berlusconi non condizionerà più la politica italiana».

Il più duro è però come sempre il Financial Times, che in un editoriale arriva ad affermare che "La sconfitta di Berlusconi è la vittoria dell'Italia": ripercorrendo la carriera politica del cavaliere, l'editorialista afferma che «Silvio Berlusconi ha perso la sua scommessa politica, e questa è un'ottima notizia per l'Italia». Anche in questo caso prevalgono le tinte forti: Berlusconi sarebbe stato costretto ad «una ritirata umiliante», e in passato, «nonostante i risultati di governo inconsistenti e scandali sessuali e giudiziari, ha ottenuto lealtà ferrea dalle sue truppe. I dissidenti sono stati prima bruciati dai suoi media e poi condannati all'oblio». Ma ora, «per la prima volta in vent'anni, il miliardario ha scoperto i limiti del carisma e della ricchezza». Certo, conclude l'editoriale, non tutto è facile: per quanto da entrambi i lati dello spettro politico non ci sia interesse ad andare presto ad elezioni, «Letta potrebbe scoprire che nessuno dei partiti che lo sostengono intende portare avanti riforme significative. In tal caso, dovrebbe dimettersi e lasciare la parola agli elettori».

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