Ercolano, Indiana Jones e i papiri perduti

I cunicoli sotterranei sarebbero perfetti per una sceneggiatura, mentre i manoscritti in restauro sono scoperte uniche per letteratura e filosofia.
Papiri di Ercolano

È incredibile quanti siti misteriosi, "insospettabili" – e per di più a portata di mano – pullulino nella nostra penisola. Fra questi Ercolano, la cittadina del golfo di Napoli sepolta nel 79 d. C. dall’eruzione del Vesuvio sotto una colata fangosa che, rassodandosi, ha assunto la consistenza del tufo.

 

Chi potrà negare le attrattive della più celebre Pompei, che già in antico oscurava la consorella minore? Eppure Ercolano ha, a mio parere, un fascino in più che la renderebbe scenario ideale per un’avventura alla Indiana Jones.

Di Pompei – per dirne una – si sa pressappoco tutto, ed anche le poche "insule" ancora sepolte non dovrebbero riservare particolari sorprese: il suo impianto urbanistico è chiaro.

 

Di Ercolano, invece, anche perché la cittadina moderna sovrastante ne impedisce l’esplorazione integrale, è stata riportata alla luce solo una piccola parte: i quartieri meridionali che si affacciavano sulla linea di costa, oggi spostata di 500 metri verso il mare. Esiste, è vero, una pianta relativa a zone ancora sepolte, realizzata in epoca borbonica allorché gli scavi – finalizzati esclusivamente alla raccolta di oggetti d’arte – venivano praticati mediante cunicoli sotterranei. Ma il grosso di Ercolano, specie i quartieri a monte verso il Vesuvio, è del tutto sconosciuto.

E a proposito di questi cunicoli tenebrosi, semiostruiti da frane e nei quali ad ogni piè sospinto è possibile imbattersi in qualche brandello di muro dipinto o di mosaico o di colonna: quale eccitante ruolo essi potrebbero giocare in una ipotetica impresa di Indiana Jones!

 

Senonché, per ovvi motivi di sicurezza, essi sono interdetti al comune visitatore. Chi ama l’avventura nelle viscere della terra, può comunque rifarsi con la visita a una meraviglia nascosta: il teatro ercolanese, intatto e raggiungibile per una rampa che dal traffico e dal frastuono moderni offre, attraverso silenzi umidicci, l’emozione di una sorta di discesa agli inferi.

 

Sconvolgente sarebbe anche la visione delle vittime del cataclisma vesuviano. Fino a non molti anni fa, data l’estrema penuria di vittime rinvenute a Ercolano, si riteneva che la maggior parte degli abitanti avesse trovato scampo via mare. Ma il clamoroso ritrovamento, proprio sull’antica spiaggia, di decine e decine di scheletri ammonticchiati in drammatiche composizioni (del genere "trionfi della morte" medievali) sfatò questa teoria: in realtà, per il maremoto che accompagnò l’eruzione e il fiume di fango che scendeva dalle pendici del Vesuvio, ben pochi di quelli che si erano riversati sulla marina dovettero sfuggire alla morte. Tra gli altri, i resti di un uomo gigantesco giacente accanto ad una barca, carbonizzata sì, ma ancora in perfetto stato.

 

Dulcis in fundo la "visita" – previa prenotazione – alla parte riemersa di quella Villa dei Papiri esplorata in parte nel Settecento e giacente a una profondità di 25-30 metri sotto il livello attuale. Villa suburbana che ha restituito – sempre attraverso cunicoli -decine e decine di statue, vanto del Museo Archeologico di Napoli, nonché ispirato nella sua pianta il Getty Museum di Malibu. Quanto ai papiri, sono quelli che gli scavatori borbonici ritrovarono a migliaia, carbonizzati, e che solo in epoca moderna, con tecniche sofisticate, stanno ritornando leggibili: quasi tutti greci e di autori epicurei. E i latini? Possibile che la biblioteca di una dimora così principesca difettasse di una sezione latina? È quanto sosteneva il profcssor Marcello Gigante, a suo tempo direttore del dipartimento dì filologia classica dell’Università di Napoli, tra i più accesi fautori della recente ripresa degli scavi della Villa, e questa volta a "ciclo aperto".

Chissà che il futuro non riservi qualche straordinaria scoperta, magari i testi completi degli Annales di Ennio o del De rerum natura di Lucrezio o di altri classici di cui ci restano pochi frammenti. Sarebbe una vera bomba per il mondo della cultura, sarebbe un’impresa degna del buon vecchio Indy!

 

 

 

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