Condannati gli stupratori di New Delhi

Rischiano la pena di morte i quattro uomini accusati dell'aggressione di una giovane donna, morta a causa delle violenze subite. Il governo, sulla scia delle manifestazioni di protesta, dilagate nel Paese, ha introdotto pene più severe, ma i casi di violenza non sembrano diminuire
Condannati gli stupratori di New Delhi

Il tribunale di New Delhi ha emesso la sentenza di condanna nei confronti dei quattro uomini accusati di aver stuprato, lo scorso dicembre, una studentessa di fisioterapia di 23 anni, deceduta, poi, alcuni giorni più tardi a causa delle lesioni e violenze subite.

Anche se la sentenza verrà letta domani, si sa per certo che i quattro rischiano da un massimo della pena di morte per impiccagione a un minimo dell’ergastolo. La Corte ha provveduto, secondo la procedura d’urgenza, a un processo lampo nell’ambito del sistema giudiziario indiano, dove i processi durano anni. Mukesh Singh, Akshay Thakur, Vinay Sharma e Pawan Gupta sono stati riconosciuti colpevoli non solo di stupro, ma anche di omicidio, tentato omicidio, reati contro natura, distruzione di prove e associazione a delinquere. Di fatto, gli assalitori erano sei. Uno degli accusati, però, si era tolto la vita qualche mese dopo l’atto di violenza e il sesto, minorenne all’epoca dei fatti, è stato condannato a soli tre anni di rieducazione in riformatorio.

Il quotidiano The Hindu ha rivelato che Mukesh, uno dei condannati, ha ammesso che «i quattro devono affrontare le conseguenze per l’atto commesso», mentre uno dei condannati è rimasto impassibile, quasi come se non fosse toccato dalla condanna. Una seria aggravante all’accusa di omicidio e di violenza carnale è quella del tentativo di occultazione delle prove.

Come si ricorderà, la morte della ragazza, a causa dello stupro di gruppo, aveva messo in moto manifestazioni di piazza che, da New Delhi, si è erano poi estese a varie città dell’India. Il continuare dei movimenti di piazza contro la violenza nei confronti delle donne aveva costretto il governo indiano a rivedere la legislazione per casi di stupro. Ne è risultata l’introduzione di pene più severe, particolarmente per casi di violenza sessuale di gruppo, fino alla pena capitale, ancora vigente nel Paese asiatico. Nonostante questo, casi di violenza si sono ripetuti in India e non solo, e recentemente ha fatto scalpore quello avvenuto nei confronti di una giovane giornalista nel centro di Mumbai, considerata una metropoli particolarmente sicura anche per le donne.

In questi giorni, inoltre, ha impressionato la pubblicazione da parte di un'autorevole rivista medica inglese, Lancet, dei risultati di una ricerca, che rivelano come un uomo su dieci in Asia abbia commesso almeno una volta un atto di violenza nei confronti di una donna che non è la moglie o la partner. Lo studio commissionato dalle Nazioni Unite dà risultati da rabbrividire se si considera che il 73 per cento degli uomini che hanno dichiarato di aver commesso violenza su donne (il campione era di dieci mila uomini intervistati) ha ammesso di averlo fatto per un senso di diritto di avere prestazioni sessuali, mentre il 59 per cento per semplice divertimento o noia ed il 39 per cento per infliggere una punizione.

Se, invece, si allarga a comprendere casi di stupro nei confronti di fidanzate o mogli, si arriva ad avere la cifra di un uomo su quattro come autore di stupro. La campionatura ha incluso uomini di diversi Paesi asiatici: Bangladesh, Cambogia, Cina, Indonesia, Papua Nuova Guinea e Sri Lanka. La Papua Nuova Guinea è risultato il Paese più pericoloso: il 62 per cento degli uomini ammette di aver compiuto almeno uno stupro nella sua vita. Ma anche Indonesia (provincia di Papua, 48,6 per cento; zone urbane, 26,2 per cento), Cina (26,2 per cento), Cambogia (20,4 per cento), le zone rurali dell'Indonesia (19,5 per cento), Sri Lanka (14,5 per cento) e Bangladesh (rurale, 14,1 per cento; urbano, 9,5 per cento) hanno rivelato statistiche preoccupanti.

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