ChatGPT e la sapienza delle cose

Le ottime performance del nuovo algoritmo (o nuovi algoritmi?) di elaborazione di contenuti (testi e foto e video) restringono gli spazi della umana creatività?
ChatGPT
Il testo della pagina ChatGPT del sito Web OpenAI, New York, 2 febbraio 2023. (AP Photo/Richard Drew, File)

Il mondo universitario, a cui di striscio appartengo, è particolarmente preoccupato per l’apparizione di un poderoso programma di ricerca ed elaborazione dati culturali (che siano testi, audio, video, foto e quant’altro si voglia) che permetterebbe agli studenti (ma anche ai docenti per scrivere i loro paper d’obbligo) di elaborare articoli, libri e via dicendo dando solo delle istruzioni limitate all’algoritmo, che dopo breve (e matura?) riflessione ti offre su un piatto d’argento quello di cui hai bisogno. Le prove fatte da personaggi della cultura internazionale hanno dato voti buoni o addirittura ottimi alla capacità di elaborazione di Chat GTP.

Qualcuno ha avanzato l’idea che, comunque, la fantasia umana non potrà mai essere sostituita da una macchina: quello che io produco, le connessioni che faccio tra il mio vissuto e il patrimonio culturale che ho accumulato, passando per le emozioni, che sono gli elementi più difficili da produrre dalle macchine, sarebbe unico e irripetibile. In soldoni, quando noi cerchiamo di collegarci a un numero telefonico per risolvere con una persona in carne e ossa i problemi, che ne so, della lavatrice, ci risponde ormai quasi sempre una voce sintetica che pone domande precise.

Tutto va bene finché, ad esempio, io rido, o faccio una battuta di humor, o mi arrabbio (caso più frequente): allora la macchina va in tilt e la chiamata viene passata a un umano in carne ed ossa. Ma anche questa frontiera non è più così sicura: i computer, grazie all’enorme capacità di calcolo che hanno sviluppato, integreranno via via tutte le possibili reazioni (emozioni?) di una persona e quindi impareranno a ridere quando io rido, oppure a mantenere la calma quando io mi arrabbio, e così via. E sicuramente si arriverà a trovare la soluzione per la mia lavatrice.

La domanda è allora sul posizionamento della frontiera della distinzione tra umani e macchine regolate dall’intelligenza artificiale. Dov’è che io rimango ancora migliore delle macchine? Sarà dal lato spirituale? C’è gente che sostiene che lì si troverebbe la frontiera: la macchina non sarà mai capace di produrre emozioni e comportamenti spirituali. Non ne sarei così sicuro. Anche i nostri comportamenti e i nostri pensieri spirituali sono in qualche modo riproducibili, una volta capiti i meccanismi che li generano. Le macchine prima o poi saranno capaci di riprodurre esperienze spirituali, e portarci a riviverle. Almeno in teoria.

Quella che mi sembra possa invece essere la frontiera fra intelligenza artificiale e umani forse sta nella sapienza. La sapienza, quella che permette di leggere le cose sotto le cose, quella che riesce a far lavorare in sincrono la mente, lo spirito, le emozioni. La sapienza, quella che raccoglie le tracce della presenza divina nelle cose e nelle persone. La sapienza, quel patrimonio infinito (difficilmente riproducibile dalle macchine da guerra di calcolo delle grandi società mondiali) di intuizione del senso della vita. Anni fa, un format televisivo di grande intelligenza, e a suo modo profetico, per qualche anno ha riproposto gli stessi attori della vita pubblica, ma cercando di spiazzarli chiedendo loro di esprimere il loro “senso della vita”. Credo che lì si possa tracciare il limite.

Può una macchina essere sapiente? Può una macchina avere il “senso della vita”? Saggia sì, potrebbe esserlo, ma sapiente non credo. Perché l’elemento del superamento di sé – della divinità, dell’amore che è forma e sostanza della divinità cristiana, ma non solo − non credo sia riproducibile. Perché non è solo intelligenza delle cose, ma superamento dell’intelligenza. La macchina non potrà mai amare volontariamente, gratuitamente, “perdendo sé perché l’altro viva”. La macchina potrà forse dire la verità, ma quando la verità ultima si farà amore, chissà, forse l’intelligenza artificiale non ci arriverà mai. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Altri probabilmente confuteranno queste mie affermazioni. Dibattiamone.

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