Baobab: la solidarietà non si ferma

Dopo il blitz del 24 novembre di polizia e carabinieri, al centro per migranti di via Cupa di Roma l'accoglienza continua. Le voci degli abitanti del quartiere e dei volontari. Un picco di 800 transitanti nella struttura nel mese di agosto. Oggi il numero è di 100 ospiti. L’aiuto proviene dalle parrocchie circostanti. Le richieste di vestiario e beni di prima necessità nella pagina FB
Baobab

È da poco trascorsa l’ora di pranzo. Sono poche le persone che passeggiano vicino via Cupa, sede di "Baobab" il centro per migranti di Roma sito in zona Tiburtina. La vita qui ha ripreso presto il suo ritmo normale dopo il blitz del 24 novembre di polizia  e carabinieri al centro di accoglienza che da giugno ospita una media di 400 migranti. 24 i profughi  – tra cui un minore e in maggioranza magrebini ma anche etiopi, somali ed eritrei – sono stati condotti all’Ufficio immigrazioni di via Patini per essere identificati poiché sprovvisti di documenti. «L’operazione delle forze dell’ordine si è svolta chiudendo l'accesso ad ambo i lati della stradina di via Cupa» racconta un signore di mezz’età.

 

Per gli agenti si è trattata di un’operazione di controllo in vista del Giubileo della Misericordia, nei giorni post attentati di Parigi. Qualche mese fa, ricordiamo, che la sede di Baobab era anche saltata agli onori della cronaca quale scenario della famosa cena delle Cooperative 29 giugno.

 

Il centro Baobab – nato  con finalità culturali –, da  cinque mesi è stato riconvertito in centro di accoglienza per immigrati sotto il nome di "Amici del Baobab"  ospitando inizialmente i profughi eritrei che stazionavano presso la zona di Ponte Mammolo. Attualmente viene gestito da un’assemblea di coordinamento di trenta persone circa composta dai membri della cooperativa, tutti immigrati, e volontari. Una ragazza che lavora nel vicino cinema racconta della convivenza con questa realtà:«Quest’estate c’era una grande emergenza».  E in effetti si parla di un picco di 800 transitanti nella struttura nel mese di agosto. Ad oggi il numero è di 100 ospiti.

 

Ma a parlare ora sono gli abitanti del quartiere e i volontari. «Un controllo come’è giusto che ci fosse» ci dicono Sandra e Amerigo, coppia di insegnanti in pensione che da luglio vengono a via Cupa. Arrivano al centro in moto. Appena tolto il casco, Sandra si avvicina ad uno dei bambini eritrei e salutandolo, gli porge una coperta.

 

In zona nessuno parla di possibili terroristi: «L’esigenza di identificare i migranti è importante ed è arrivata finalmente a divenire pratica, così come ha altrettanta rilevanza l’aiuto a queste persone che fuggono da grandi tragedie» mi dice una studentessa. Dei suoi amici, già frequentatori del Centro Baobab, a tutt'oggi sono volontari della struttura.

 

Roberto Viviani, uno dei coordinatori, ci parla di una solidarietà trasversale: «L’aiuto proviene dalle parrocchie circostanti,  evangelici anglicani e arriverà presto anche un gruppo di buddhisti thailandesi  ad offrire aiuto nella distribuzione e preparazione dei pasti per gli  ospiti composti da cristiani eritrei e nordafricani in prevalenza musulmani. Anche gli studenti di alcune scuole romane di vario ordine e grado hanno fatto una visita al centro e dato una mano a servire i pasti».

 

Sulla pagina Facebook “Amici del Baobab”, intanto, continuano le richieste di vestiario e beni di prima necessità.«Se passi per il centro accettano ben volentieri una mano e ti trovi a fare  ciò che serve» mi racconta Dario, uno studente romano.

 

Tutto prosegue e c’è molto da fare, insomma.  «È la pace che dobbiamo costruire – conclude Dario – al di là delle nostre differenze culturali o religiose.  Sento che è un’esigenza importante e scavalca qualsiasi avvenimento, anche il clima meno disteso che viviamo a Roma dopo  gli avvenimenti di Parigi».

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