«Angustiati». Sì, proprio così

Nelle parole del card Bagnasco, un invito a cambiare rotta: l’Italia merita qualcosa di più dell’indecoroso teatrino di certa politica.  
Folla in strada

Sul dizionario c’è scritto così: «Angustia s.f. dal latino angustia(m), a sua volta derivato da angustus (=stretto). Significato: ristrettezza di spazio o di tempo; in senso figurato strettezza di mezzi; affanno, pensiero».

 

Da qualche tempo lo diciamo sulle nostre colonne e sulla nostra pagina web: lo spettacolo di troppa parte d’italiani è veramente indecoroso e genera angustia.

 

C’è «ristrettezza di spazio» nelle intere pagine di giornali dedicate alla angusta cucina di un appartamento di Montecarlo o nelle foto delle strade di Napoli rese anguste dalla spazzatura accumulata.

 

C’è poi «ristrettezza di tempo», cioè il tempo che manca alle elezioni politiche, nelle sparate non solo grossolane e offensive ma anche e soprattutto squalificanti per chi le ha pronunciate sulla presunta natura suina degli abitanti della capitale. Angustia verbale.

 

E c’è «strettezza di mezzi» nelle prospettive anguste di tanti operai e impiegati che non trovano più lavoro, ma di cui poco si parla, preferendo piuttosto scrivere e parlare della relazione tra due personaggi altamente improbabili come Lele Mora e Fabrizio Corona.

 

C’è «affanno» allorché si guarda alla crisi economica che non se ne va dalla nostra ricca Europa; ma ancor più allorché ci si ricorda – perché… chi ne parla più? – delle anguste condizioni di 12 milioni di pakistani che non hanno ancora avuto la possibilità di tornare nelle loro case dopo le disastrose inondazioni della fine di agosto e dell’inizio di settembre.

 

C’è «pensiero» nelle parole del card. Bagnasco, pronunciate nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei: «Siamo angustiati per l’Italia. Proviamo sconcerto e pena per discordie personali che, diventando pubbliche, sono assurte a pretesto per bloccare i pensieri di un’intera nazione».

 

Grazie eminenza. Ci dà coraggio e speranza: «Ho un sogno – lei ha detto ancora –: una generazione di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo». Grazie ancora.

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