Angosciato e aperto alla speranza

Ci ha lasciato uno degli ultimi esponenti della grande letteratura latinoamericana, spesso snobbato dai circoli letterari.
Ernesto Sabato

Avrebbe compiuto un secolo di vita se non gli fosse venuto in mente di morire due mesi prima. Lo scrittore argentino Ernesto Sabato nasce a Rojas, una città delle pampas a 240 Km da Buenos, il 24 giugno 1911, in una famiglia numerosa ed esigente di immigrati calabresi. Da giovane si laurea in Fisica (le scienze esatte e la musica sono le sue grandi passioni), frequenta a Parigi il Laboratorio Curie e successivamente il Mit, negli Stati Uniti. Più tardi cade in una crisi profonda per la condotta “disumanizzante” della scienza e l’“assolutismo” razionale. Con la moglie – di origine ebrea – e i due figli, si rifugia in una località molto povera delle montagne di Córdoba, senza luce elettrica né acqua corrente. Più tardi si dedicherà completamente alla letteratura e, infine, alla pittura.

 

Lascia tre romanzi (il primo El túnel riceve gli elogi di Camus, forse per la sua vicinanza all’esistenzialismo pessimista molto in voga in quegli anni) e una serie di luminosi saggi.

Amato dai giovani, deliberatamente ignorato se non esplicitamente disprezzato nei circoli letterari, Ernesto Sabato per l’uomo della strada era l’immagine stessa dell’intellettuale impegnato nel sociale. Per il grande pubblico, infatti, non erano un problema le frequenti inesattezze della sua prosa o certe asserzioni enfatiche sull’uomo e le sue contraddizioni.

 

Giovane militante comunista, abbandona presto il marxismo, scandalizzato dalla violenza stalinista e dall’arrogante incoerenza di molti dirigenti dell’Europa occidentale.

Negli anni della dittatura militare argentina (1976-1983) assume un atteggiamento di coraggio civico, per cui il presidente Raúl Alfonsín nel 1984 gli affida la presidenza della Commissione Nazionale per la desaparición di persone, che porterà poi alla condanna delle giunte militari.

Già anziano, si definisce un anarchico-cristiano. Nel dicembre del 1990, in segreto, riceve il sacramento del matrimonio con sua moglie, Matilde Richter.

 

Quando Chiara Lubich visita l’Argentina, nel 1998, Sabato scrive su di lei: «Di fronte alla terribile situazione che attraversa il mondo, sono imprescindibili persone come Chiara Lubich. Sono stato sempre convinto che sono le donne che salvano la specie, rinnovando la speranza nei tempi della miseria».

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