500 anni per la Sistina

Oggi il papa ricorda l’evento recitando i Vespri nella celebre Cappella, così come aveva fatto Giulio II della Rovere nel 1512
Cappella Sistina - Michelangelo

È il luogo d’arte più famoso e frequentato al mondo. Milioni di visitatori al mese, con gli inevitabili problemi di conservazione per un capolavoro che  da cinquecento anni sfida il tempo e gli uomini. Erano i vespri del 31 ottobre 1512 quando Giulio II della Rovere, committente della decorazione della Volta, inaugurò la serie di affreschi che un riluttante Michelangelo aveva eseguito obbedendo al carismatico pontefice. Due personalità forti, in contrasto ma anche in reciproca ammirazione, il papa e il fiorentino dal carattere ombroso. Due giganti dello spirito, a loro modo.

Giulio infatti aveva deciso di portare a termine la decorazione della cappella di palazzo che lo zio Sisto IV aveva fatto affrescare dai geni del secondo Quattrocento, cioè Botticelli, Ghirlandaio, Perugino e Signorelli, con le storie di Mosè e di Cristo, e la teoria di primi papi martiri e santi. A dire il fondamento della Chiesa e del papato direttamente dall’Antico Testamento e da Cristo stesso.

Mancava la Genesi. Sono questi i temi che il papa commissiona all’artista. La visione michelangiolesca si stacca notevolmente dagli affreschi delle pareti, pur essendone in continuità di idee e di contenuto. È un Dio possente, dominatore del mondo, che crea e segue la storia umana con un dinamismo spettacolare e si potrebbe dire frenetico, eppure al tempo stesso  di stasi ciclopica, nelle storie dalla Creazione al Diluvio, precedute dalle gigantesche figure di profeti e profetesse bibliche e pagane.

Michelangelo, spinto dal papa, vi immette qualcosa di nuovo, mai sottolineato prima dalla pittura di argomento cristiano: la grandezza dell’uomo. «La gloria di Dio è l’uomo vivente», affermano i Salmi. Ed è appunto ciò che si manifesta nei colori squillanti, nelle pose forzate di questi uomini-eroi – nel bene e  nel male – ma fatti a “immagine di Dio”. La bellezza del corpo umano viene esaltata e glorificata non solo in quanto forma esteticamente perfetta – gli Ignudi che di fatto sono Angeli secondo l’ottica rinascimentale – ma come espressione della infinita purezza e sublimità dell’anima immortale creata da Dio.

Michelangelo, sulla scorta dei classici, inventa un repertorio sterminato di “situazioni” che faranno scuola per secoli agli artisti, con una fantasia e una poesia che non è affatto retorico definire o meglio collegare a Dante e alla sua Commedia.
L’immensa Volta che quasi ci piomba addosso con le centinaia di figure che paiono scolpite è nell’insieme un grande atto di fede nell’onnipotenza di Dio, di un Dio che crea l’uomo e la su a storia. Quando l’uomo si lascia guidare da lui – e lo sguardo di Adamo sul ciglio del mondo ne è l’espressione più eloquente – allora egli rivive nella sua interezza e bellezza, completamente.

Il messaggio della Volta ma anche di tutta la cappella è un messaggio di fede alta, di abbandono cosciente in Dio, un grido anche di vittoria della luce sulle tenebre. Non per nulla  è una luce carica di elettricità a far gridare i colori, a far muovere le forme possenti, rendendo la volta espressione di quel Dio che, con Dante, muove tutto pur restando identico a sé stesso, e al quale l’Uomo si pone di fronte.

Oggi, alle 18.00, papa Benedetto reciterà anche lui i vespri come Giulio II 500 anni fa. La Chiesa si riappropria di un capolavoro  per l’umanità che essa stessa ha generato, in un’epoca in cui i papi fornivano idee forti agli artisti, lasciando loro la libertà di riviverli e di interpretarli.

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