25 gennaio, spegnere la guerra

Eventi e manifestazioni in diverse città italiane per chiedere a governo e Parlamento scelte decise sulla questione degli armamenti, la natura delle missioni internazionali e l’adesione per il bando Onu alle armi nucleari. Nello stesso giorno cade l’anniversario della scomparsa di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto per il quale si chiede ancora invano giustizia e verità
AP Photo/Maya Alleruzzo, File

Nell’Italia in attesa del voto in Calabria ed Emilia Romagna, dopo la competizione si gioca sulle piazze più o meno piene di persone, è prevista per sabato 25 gennaio 2020 in diverse città, grandi e piccole, una sorta di manifestazione diffusa legata all’invito di decine di associazioni nazionali  a “spegnere la guerra e accendere la pace” per rispondere all’iniziativa proposta dai movimenti pacifisti statunitensi.

25-gen-20-grafica-studenti-imiziativeLo slogan può sembrare innocuo e invece è corredato da una serie di richieste precise rivolte al governo italiano dopo il concatenamento di eventi legati all’uccisione, in territorio iracheno, del generale iraniano Soleimani da parte degli Stati Uniti. Dopo il forte timore dell’opinione pubblica per lo scatenarsi di un conflitto su scala mondiale, è subentrata una calma apparente dopo la reazione limitata da parte iraniana e la tragedia dell’aereo ucraino abbattuto dagli stessi iraniani sui cieli di Teheran. La morte di 176 passeggeri è la conferma del peso della componente umana nell’errore fatale che conduce al disastro. L’orologio dell’Apocalisse, l’indicatore degli scienziati atomici statunitensi ci avvertono che siamo sempre più vicini al punto di non ritorno, mentre ogni anno si spendono 105 miliardi di dollari per sostenere le spese degli arsenali nucleari.

Per tali motivi i promotori dell’iniziativa del 25 gennaio invitano a seguire il «vero realismo» di papa Francesco che chiede senza sosta «l’avvio di un processo di disarmo internazionale equilibrato».

Un compito che dovrebbe essere perseguito dall’Unione europea «nata per difendere la pace» con conseguenti «azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza». Ma, per essere concreti e avere un interlocutore diretto, è dal governo italiano che si attendono precise prese di posizione che attualmente, tuttavia, non rientrano nell’indirizzo politico della maggioranza, tantomeno dell’opposizione.

P Photo/Petros Karadjias,
P Photo/Petros Karadjias,

Per prima cosa si chiede ai governati italiani di «opporsi alla proposta di impiego della Nato in Iraq e in Medio Oriente», nonché di «negare l’uso delle basi Usa in Italia per interventi in Paesi terzi senza mandato Onu». In questo senso l’Italia dovrebbe «porre all’interno dell’Unione europea la questione dei rapporti Usa-Ue nella Nato».

Un ordine del giorno che non sembra di poter rintracciare nel programma del Conte 2, come non lo era nel Conte 1. Tanto meno è in discussione la conferma dell’acquisto dei caccia bombardieri JSF 35 nell’accordo siglato con la Lockheed Martin.

È perlomeno controverso anche l’indirizzo invocato di «fermare la vendita di armi ai Paesi in guerra» per via delle eccezioni ricorrenti all’applicazione della legge 185 del 1990.

Sempre l’esecutivo e il Parlamento non hanno intenzione di «ritirare i nostri soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan, richiedendo una missione di peace-keeping a mandato Onu e inviare corpi civili di pace».

Non è in discussione, fin dal governo Gentiloni, «l’adesione dell’Italia al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari» con l’ovvia conseguenza di eliminarne la presenza dalle basi Usa presenti nel nostro Paese.

Scelte sostanziali che restano assenti dal dibattito pubblico come in tante iniziative che vantano di promuovere un’economia a misura di persona e di ambiente. Prima o poi tanti modi paralleli dovranno parlarsi.

AP Photo/Luca Bruno
AP Photo/Luca Bruno

Per il momento registriamo il fatto che il 25 gennaio 2020 è anche l’anniversario della scomparsa di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto in circostanze che restano oscure. Anche perché la vicenda tocca delicati rapporti internazionali sempre più complicati con l’aggravarsi della crisi in Medio Oriente. Le insegne gialle che ricordano ancora in tante sedi il nome di questo ragazzo restano come appello alla giustizia e verità da perseguire su più fronti per un Paese che nella sua Costituzione «ripudia la guerra».

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