Violenza contro le donne: cosa sta succedendo?

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. A pochi giorni dalla data, l’uccisione di quattro donne in ambito familiare pone l’attenzione sull’aumento dei femminicidi negli ultimi anni.

Elisa Mulas, Simonetta Fontana, Juana Cecilia Hazana Loayza, Anna Bernardi. Sono i nomi di quattro donne, madri, che avevano una vita e adesso non ce l’hanno più. Quattro donne che in quattro giorni sono state uccise dal loro partner, dall’ex compagno o da un familiare, e che riflettono l’incremento della violenza di genere in Italia nel 2021.

Secondo i dati del report della Direzione centrale della polizia criminale sugli omicidi volontari, in Italia ogni tre giorni è assassinata una donna. Le leggi per perseguire i carnefici e proteggere le vittime ci sono; c’è anche il trattato di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, che quest’anno ha compiuto dieci anni dalla sua firma.

Il problema si trova nell’applicazione della lege. La senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Femminicidio, ha affermato che «non sappiamo applicare l’ordinamento che esiste. Se lo applicassimo nella maniera corretta saremmo già molto più avanti nel combattere il fenomeno della violenza contro le donne».

Così, troppo spesso ci troviamo davanti a morti che si sarebbero potuto evitare se ci fosse stato un corretto uso dell’ordinamento giuridico, un controllo attivo sull’applicazione delle sentenze, una vigilanza reale nei casi di distanziamento obbligatorio perché l’aggressore non si avvicini alla donna.

Simonetta Fontana era la mamma di Elisa Mulas, entrambe residenti a Sassuolo. Mulas, di 43 anni, aveva deciso di trasferirsi da Fontana, di 64 anni, insieme ai suoi figli di 2 e 5 anni per allontanarsi dal suo ex compagno, Nabil Dhahri. Il 17 novembre, lui ha deciso di uccidere tutti loro, per poi togliersi la vita.

Sebbene non ci fossero state previe denunce né segnalazioni ai servizi sociali e ai centri antiviolenza, Mulas sapeva di essere in pericolo e avrebbe condiviso con un’amica il vocale che Dhahri le aveva inviato giorni prima: «Se non mi fai vedere i bambini ricordati che ti ammazzo».

Anna Bernardi, 67enne, viveva col marito, Grazio Lancellotti, a Salto di Montese. La mattina del 18 novembre, Lancellotti, di 71 anni e colpito da Alzheimer, ha ucciso Bernardi e poi ha cercato di suicidarsi. È stato trovato in gravi condizioni dai sanitari e trasportato in ospedale.

Juana Cecilia Hazana Loayza era una donna 34enne residente a Reggio Emilia. Il 20 novembre è stata uccisa a coltellate dal suo ex, il 24enne Mirco Genco, che aveva denunciato. Il giovane era stato arrestato per atti persecutori, violazione di domicilio e atti vessatori. Il 4 novembre era tornato in libertà dopo una sospensione condizionale della pena. Genco era già stato denunciato da una ex fidanzata nel 2020.

In linea con lo studio della Commissione, solo il 12% delle donne uccise tra il 2017 e il 2019 aveva presentato denuncia. Una cifra straordinariamente bassa, che è necessario invertire per prevenire i femminicidi. Affinché questo avvenga, è doveroso lavorare sull’educazione affettiva ed emotiva e sulla prevenzione e il contrasto alla violenza, specialmente con i più giovani, per eradicarla dalla radice. In più, è ugualmente fondamentale fare un lavoro trasversale con i professionisti e gli operatori che ricevono e accompagnano le persone che presentano una denuncia per violenza, perché sappiano orientarle, proteggerle e non sottovalutare il rischio.

Serve, dunque, una formazione tra le forze dell’ordine, i magistrati, ecc., perché siano in grado di riconoscere i segnali e il ciclo della violenza, di cogliere le apparenti incongruenze che caratterizzano molti dei discorsi delle vittime e che fanno parte di questo ciclo, e che tengano conto delle eventuali denunce e sentenze precedenti, così come della relazione fra l’autore del reato e la vittima. Insomma, si tratta di contare su professionisti che sappiano ascoltare ed interpretare il grido delle donne che chiedono aiuto.

L’altra parte del lavoro deve essere orientato verso l’accompagnamento e la riabilitazione degli uomini maltrattanti attraverso l’aiuto di psicologi. Si tratta di un percorso che ha permesso, come spiegato dal prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, di abbattere del 90% la recidiva degli uomini violenti, anche essi spesso vittime a loro volta di violenze, abusi o di traumi durante l’infanzia.

La violenza è diventata un fenomeno culturale, non più emergenziale ma strutturale della nostra società. Questo è quanto emerso dal report di Donne in rete contro la violenza (DiRe) e quanto ribadito dal presidente della Camera dei deputati Roberto Fico lunedì 22 novembre in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne sul decennale della Convenzione di Istanbul. In questo senso, è importante «mettere seriamente in agenda politica» il tema della violenza di genere, come ha specificato la presidente di DiRe Antonella Veltri in un’intervista all’ANSA.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Onu nel 1999. Una giornata amara in cui si ricorderanno tutte quelle persone che non ci sono più, ammazzate da una furiaomicida per il loro essere donna. In Italia e in tutto il mondo si svolgeranno eventi, conferenze, marce e incontri per sensibilizzare sul fenomeno del femminicidio, rivendicare la non violenza e denunciare gli abusi contro le donne che continuano a far parte della nostra quotidianità.

Tra questi appuntamenti, giovedì 25 si terrà a Taormina, presso il Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, un incontro a cui prenderanno parte importanti rappresentanti delle forze dell’ordine, amministratori regionali, imprenditori e figure politiche istituzionali, tra cui il sindaco Mario Bolognari. Gli ospiti rifletteranno intorno allo slogan “Mai dire sei mia”, lanciato da Città Nuova insieme all’attrice siciliana e testimonial contro la violenza di genere Annamaria Spina. La novità di questo evento è che a parlarne saranno gli uomini, le cui voci spesso rimangono inudibili quando si approccia il fenomeno dei femminicidi. Alla fine dell’incontro, verrà proiettato il cortometraggio “Sei mia”, un racconto autobiografico di cui la Spina è protagonista.

Un’azione concreta che dà continuità alla campagna di Città Nuova iniziata nel 2020, e per la quale abbiamo ricevuto la benedizione di papa Francesco mediante una lettera in cui ci ha incoraggiati a perseverare nel nostro impegno in favore del rispetto della dignità di ogni persona.

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