Vertice Italia-Africa, cosa ne pensano gli africani

Il 29 gennaio scorso si è svolta a Roma, la prima riunione del Vertice Italia-Africa promosso da Giorgia Meloni. Insieme ai rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee, hanno partecipato il presidente della Commissione dell’Unione africana e 25 leader di nazioni africane. Facciamo il punto su alcuni commenti africani emersi dopo il Vertice.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante i bilaterali con i capi di stato e di governo del continente africano al vertice Italia-Africa a Roma,30 gennaio 2024. ANSA/ CHIGI PALACE PRESS OFFICE/ FILIPPO ATTILI

Nel continente africano, il primo Vertice Italia-Africa svoltosi a Roma alla fine di gennaio continua ad alimentare accesi dibattiti.

L’Africa è un continente alle prese con una serie di sfide: di sicurezza, ecologiche, sanitarie, di mobilità, tecnologiche, di finanziamento per il suo sviluppo, di integrazione. Per questo motivo, come ha affermato il presidente della Commissione dell’Unione Africana (Ua), Moussa Faki Mahamat, «le nostre priorità derivano ovviamente da queste sfide».

La premier italiana Giorgia Meloni ha presentato un Piano Mattei per finanziare progetti energetici, educativi e sanitari nei Paesi del Nord Africa, in Mozambico, Etiopia, Repubblica del Congo e Kenya, in cambio dell’accesso italiano a fonti energetiche e di una cooperazione dei governi africani nel controllo dell’emigrazione.

Questo Vertice ha offerto l’occasione a diversi commentatori africani qualificati di esprimere pareri e posizioni. Molte voci in Africa chiedono ai governi maggiore responsabilità e coerenza, e invocano anche a gran voce un gioco leale e vere azioni di collaborazione tra governi, organizzazioni e istituzioni internazionali, Ong e individui creativi.

Alcuni, spesso con parole dure, hanno richiamato i governi africani ad «un cambiamento di mentalità che richiede una leadership proattiva»; altri ancora richiedono «politiche visionarie e impegno collettivo per ridisegnare la narrazione dell’Africa da un’idea di necessità ad una di capacità».

Gli attivisti sociali sono molto esigenti con i loro leader, e li hanno criticati per aver intrapreso ancor una volta «viaggi dispendiosi senza alcun impatto sulla vita dei cittadini africani». Larry Madowo, giornalista e corrispondente internazionale della Cnn, ha chiesto: «Quanto tempo e denaro per andare a queste conferenze fuori dal continente? Qual è il valore aggiunto per noi? Russia-Africa, Stati Uniti-Africa, Cina-Africa, Francia-Africa, Arabia Saudita-Africa, Turchia-Africa, India-Africa». Simon Chibole giovane imprenditore (Xiaomi group) con tono satirico dice: «Attendo con impazienza un vertice Congo-Europa o, meglio, il vertice Congo-mondo».

Negli ultimi anni l’Italia ha firmato diversi accordi per il gas con Paesi africani nel tentativo di sostituire le forniture russe. Il Piano Mattei punta a sostenere infrastrutture e gasdotti che faciliterebbero gli scambi energetici tra Italia e Africa, sotto la guida dell’Eni.

Nosmot Gbadamos su Africa Brief, sostiene che molti africani hanno espresso indignazione per il piano italiano, che minerebbe l’agenda africana sul cambiamento climatico, stimolando maggiori investimenti e flussi finanziari in nuovi progetti riguardanti petrolio e gas fossili.

«Un piano che non affronta le esigenze strutturali dell’Africa e che invece incrementa i progetti sui combustibili fossili che emettono anidride carbonica, appesantisce ulteriormente il continente con il debito e mantiene i Paesi radicati in fondo alla catena del valore globale», rischiando di aumentare la migrazione africana, ha scritto Fadhel Kaboub, consulente senior di Power Shift Africa.

Un gruppo di più di 50 organizzazioni della società civile africana ha scritto una lettera al governo italiano in cui esprime preoccupazione, per il dubbio che lo scopo del piano sia semplicemente quello di espandere l’accesso dell’Italia al gas fossile africano a beneficio dell’Europa, e di rafforzare il ruolo delle imprese italiane nello sfruttamento delle risorse naturali e umane dell’Africa.

Il presidente keniano William Ruto è stato criticato da altri leader regionali, e ha ricevuto critiche da suoi connazionali per aver appoggiato un piano «che dà così palesemente la priorità ai bisogni italiani di combustibili fossili rispetto agli interessi africani».

Alcuni esperti rilevano inoltre che molti degli impegni finanziari di Roma non sono nuovi, provengono da prestiti e sovvenzioni già stanziati nell’ambito della cooperazione al clima e allo sviluppo. Nonostante tutto ciò, il presidente Ruto ha approvato l’accordo come un passo positivo.

I critici hanno sottolineato l’inquadramento dell’iniziativa come un “piano per l’Africa” invece di un partenariato italo-africano. «I Paesi africani avrebbero voluto essere consultati prima che l’Italia lanciasse il suo piano», ha rilevato il capo della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, aggiungendo: «Non siamo dei mendicanti. La nostra ambizione è molto più alta. Vogliamo un cambio di paradigma per un nuovo modello di partenariato che possa aprire la strada verso un mondo più equo e coerente».

Lo stesso Moussa Faki, sotto la pressione di una popolazione che ambisce cambiamenti, una generazione dinamica e desiderosa di cooperazione equa e produttiva, nel suo discorso ha accolto con favore le aperture dell’Italia per un rafforzamento reciprocamente vantaggioso dei rapporti, ma ha dovuto evidenziare una questione sensibile che è sottolineata in molte analisi: «L’Africa non si presenta al partenariato a mani vuote, come un indigente. L’Africa si impegna nel partenariato secondo un rapporto equilibrato, con vantaggi reciproci e condivisi. È questo che renderà il nostro partenariato attraente e incentivante».

La premier Meloni ha sostenuto con forza che il piano Mattei si baserà su «una cooperazione tra pari» e «lontana da qualsiasi imposizione predatoria o caritatevole nei confronti dell’Africa». Le sue parole sono sotto scrutinio, molti sono nell’all’erta, in attesa del “cambio di paradigma” chiesto da Faki, che potrà davvero inaugurare “un nuovo modello di partenariato” ed aprire la strada “verso un mondo più giusto e coerente”.

Queste aspettative e il dialogo aperto sono comunque segni di una crescente consapevolezza che le sfide globali non possono essere affrontate da un singolo governo o istituzione che agisce da solo. Oggi l’umanità si trova ad affrontare enormi problemi globali che richiedono soluzioni transnazionali e trans-istituzionali.

Leggi anche “Vertice Italia Africa a Roma” di Fabio Di Nunno

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