Uno che sa parlare al cuore

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Franz Werfel è associato, per me, al ricordo di un carissimo amico ora scomparso, che me lo fece scoprire attraverso un suo romanzo, Un posto in paradiso, di cui era rimasto entusiasta. Entusiasmo da me condiviso. In effetti solo l’arte di un grande scrittore poteva rendere indimenticabile, nella sua umanità, una figura gretta come quella della protagonista: una anziana domestica bigotta che paga gli studi di un seminarista (rivelatosi poi prete fasullo) non per affetto verso di lui ma per assicurarsi, con questa buona azione, l’ingresso nel regno celeste. Ciò premesso, non poteva sfuggirmi, nel panorama letterario italiano di questi ultimi anni, il rinnovato interesse verso la figura e l’opera di questo narratore austriaco. Lo dimostrano nuove edizioni e traduzioni dei suoi romanzi e racconti più noti: dal citato Un posto in paradiso (ovvero Il cielo rubato) a Una scrittura femminile azzurro pallido, Piccoli amori, Anniversario dell’esame di maturità, Nel crepuscolo di un mondo, fino a I quaranta giorni del Mussa Dagh, ritenuto il suo capolavoro: il romanzo che più ha contribuito a far conoscere al mondo il genocidio del popolo armeno e dove, fra l’altro, è prefigurata la tragedia che stava per abbattersi sugli ebrei in Europa. Si tratta di testi intensi, in cui si evidenzia la ricerca religiosa dell’autore, ebreo non praticante attratto dal cristianesimo. Questo carattere oscillante ha determinato, da parte di certa critica, alcune riserve sull’opera di Werfel, che se nel Canto di Bernadette appare preso dal fascino di Lourdes, in Ascoltate la voce esalta una delle colonne dell’ebraismo, il profeta Geremia (vedi box). Ma sbaglia chi pretende in certi personaggi una rigorosa coerenza di pensiero e di vita. Egli era soprattutto un’anima di poeta e di artista che si sentiva attratto dovunque scorgesse un barlume di verità. Credeva – hanno detto di lui – nell’amore tra gli uomini, nell’unità spirituale degli esseri viventi, in una pace possibile, in una possibile redenzione. Aveva profondamente a cuore la sorte degli oppressi e dei perseguitati. Figlio dell’impero asburgico, vedeva in esso un modello per la pacifica convivenza di popoli diversi anche sotto l’aspetto religioso. E questi valori egli seppe esprimere nei suoi romanzi più validi. Certo, Werfel ha scritto molto, troppo forse, e non tutto di egual livello. Iniziò la sua attività letteraria con liriche ispirate all’amore e alla fratellanza universale, ottenendo un immediato successo. Il clima artistico era quello dell’espressionismo, movimento sorto nei primi decenni del Novecento in Germania, che interessò tutte le arti dando origine a diverse correnti. I suoi seguaci, in letteratura, esaltavano l’irrazionale e l’istinto contro l’astrazione del pensiero; motivi e procedimenti fondamentali della tecnica espressionistica erano il pessimismo apocalittico e il linguaggio aggressivo e grottesco. Ad ogni modo Werfel in seguito abbandonò questa poetica per volgersi, col romanzo Verdi del 1924, ad una produzione di tipo neorealista. Fu autore anche di drammi che talvolta si ispiravano ad eventi significativi della storia. Ma le prove migliori di sé le troviamo senz’altro nel campo della narrativa. Classificato, in genere, come scrittore di livello medio-alto, Werfel ha in realtà saputo parlare al cuore e all’anima di milioni di lettori di ogni continente. E cosa potrebbe desiderare di più e di meglio un autore? FRANZ WERFEL nacque a Praga nel 1890, figlio di un commerciante ebreo. Amico di Franz Kafka e di Max Brod, frequentò – a partire del 1909 – il Circolo di Praga allargato. Dopo la Prima guerra mondiale si stabilì a Vienna, dove ben presto si impose come uno dei protagonisti della vita letteraria mitteleuropea. Sposò la vedova del compositore Gustav Mahler. Per sottrarsi alle persecuzioni dei nazisti nel 1938 riparò in Francia, dove conobbe la storia di Lourdes e delle sue apparizioni (di qui il suo voto, qualora fosse scampato ai nazisti, di dedicarvi un romanzo). Successivamente emigrò negli Stati Uniti, dove morì nel 1945. Ascoltate la voce Uno come Werfel che conobbe la persecuzione e l’esilio non poteva rimanere insensibile al fascino di Geremia, il profeta dell’esilio babilonese. E quest’uomo che invocò verità e giustizia tra gente che amava il sopruso e la menzogna intese celebrare nel romanzo Ascoltate la voce, di recente riproposto in Italia dall’editrice Chirico (pp. 358, euro 17,04). In quest’opera drammatica e di grande potenza evocativa, la storia del profeta viene rivelata allo scrittore moderno in un lampo quasi di estasi davanti alle rovine del Tempio di Gerusalemme. Geremia subisce la tragica sorte di tutti coloro che osano proclamare la verità di fronte a principi e popoli che la combattono; egli accompagna il suo popolo dallo splendore della terra d’Israele all’ultima rovina di Babilonia; ma questa rovina è anche l’inizio della vita nuova, in quel frammento delle tavole della Legge che dice: Ascoltate la voce….

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