Una politica italiana ed europea per l’Africa

Alcune considerazioni sul cosiddetto “Piano Mattei” da parte del presidente del Cipsi, coordinamento di 40 associazioni di solidarietà internazionale tra cui l’Amu. L’Africa si aiuta da sola. Sono necessari piani di reale partenariato paritario con i popoli del continente più ricco del mondo senza ricadere in logiche neocoloniali
Africa. proteste contro sfruttamento energetico del continente alla Cop 27 del 2022(AP Photo/Nariman El-Mofty)

Africa, Europa e Italia. In un suo romanzo lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, scrive: «se non si capisce dove ti ha colpito la pioggia non sai dove andarti a riparare».

Oggi, dobbiamo capire tutti, come la pioggia dell’indifferenza, del cinismo, degli interessi economici e politici colpisce la dignità e i diritti delle persone, delle nostre comunità e, soprattutto del futuro dei nostri giovani.

Per questo l’impegno dichiarato dal nostro Governo di riposizionare l’Africa al centro della politica estera ha suscitato interesse. Propositi interessanti quelli dichiarati: «Costruire un nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza».

Ma, come sempre, le bugie hanno le gambe corte. Basta dare uno sguardo ai Paesi di interesse dell’Italia: Mozambico, Egitto, RDC, Algeria… per capire il vero obiettivo di questa proposta: fare dell’Italia il Centro energetico europeo.

Nonostante la natura “non predatoria, ma collaborativa” dichiarata più volte, è difficile non vedere il disegno di un ruolo focale nel mercato energetico di chiara matrice neo-coloniale, affiancato all’altrettanta dichiarata volontà di ridurre le migrazioni verso il nostro Paese, aiutandoli a casa loro.

L’Africa è un grande mercato che sta enormemente crescendo: sono stimati nel 2050 circa due miliardi e mezzo di abitanti; è in atto un processo di unificazione importante a livello economico, con un grande cantiere per abbattere le frontiere interne attraverso un progetto “panafricano” che unificherà i Paesi e svilupperà, inizialmente, il commercio intra africano per poi incentivare la libera circolazione dei beni e delle persone.

L’Africa è il continente più ricco al mondo, non il più povero! In Africa si trovano le maggiori quantità di materie prime: minerali, petrolio, cobalto, coltan, oro, rame, legname…

L’economia di tutti i Paesi europei è fortemente dipendente da queste materie, ma per avere maggiori profitti serve sfruttare sempre più l’Africa, ossia: sviluppare la nostra ricchezza, con la ricchezza dell’Africa, condannandola alla miseria!

Ancora una volta le dichiarazioni che: “per aiutare l’Africa non serve la carità, ma la collaborazione” sembrano essere slogan di solo effetto popolare, non accompagnate però da fatti reali. L’Africa si aiuta da sola, ma dobbiamo lasciarla in pace!

Lasciarla vivere, crescere, scegliere… in piena autonomia. Se veramente l’Italia volesse nuove relazioni con l’Africa basate sulla collaborazione, perché alle Nazioni Unite, con UE ed USA l’Italia ha votato contro la proposta dei Paesi Africani di una Convenzione quadro sulla tassazione globale per riscrivere le regole attuali e renderle inclusive ed efficienti?

Con questa politica, non si risolve il problema delle migrazioni e non si aiuta neppure il nostro Paese! Con il 65% della popolazione in Africa che ha meno di 16anni – che cosa succederà nei prossimi anni? In queste condizioni, meglio rischiare la morte in mare, piuttosto della certezza della morte a casa!

I tassi di crescita economica in Africa, da anni, sono di molto superiori alla media europea, ma la distribuzione della ricchezza è paurosamente ineguale, cosicché fuggire per sopravvivere rappresenta pur sempre l’ultima speranza! L’Italia, invece, ha bisogno di manodopera, lo chiedono gli stessi imprenditori.

L’Italia è di gran lunga la nazione in cui gli immigrati sono visti in maniera più negativa. Quasi un italiano su due non li vuole neppure sentir nominare! Negli ultimi anni gli immigrati sono stati usati e strumentalizzati da tutti e per tutto. Dai trafficanti e scafisti, per i loro affari. Dai caporali, per lavori al limite della schiavitù. E, per concludere, ma non per minor importanza, dalla politica a fini elettorali e di potere.

Il problema non è bloccare le migrazioni, così neppure finanziare centri di accoglienza in Albania, quanto piuttosto definire ed adottare strumenti e procedure regolari per gestire il flusso degli immigrati ed integrarli nel nostro sistema Italia, in un approccio vincente di dare e ricevere: Io ti accolgo e tu produci con noi.

La soluzione non la troviamo in un nuovo “Piano Mattei” dove, pur non essendoci al momento una chiara proposta di contenuti, le radici affondano negli interessi energetici ed economici, quanto piuttosto in un approccio “nuovo, anche di nome”, concreto ed autentico di co-operazione basata sul rispetto, il partenariato reale, con accordi reciproci e programmi a sostegno e a fianco di ogni singolo africano, di ogni popolo africano. Il “Nuovo Piano” è giusto scriverlo con gli africani, ma con i “popoli africani” non con i poteri africani. Dobbiamo investire in cooperazione, non svuotarla e snaturarla.

Osiamo quindi nel costruire una convivenza internazionale dove “Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti…” Dove nessuno nasce primo o secondo! Queste devono essere le fondamenta da cui partire. Se invece arriviamo al punto di dividerci tra primi e secondi, avremmo intrapreso la strada dell’inciviltà.

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