Un trittico

“Il tabarro”, “Suor Angelica”, “Gianni Schicchi”. Musica di G.Puccini. Roma, Teatro dell’Opera. La musica è di quelle che hanno il pianto nella nota. Così sin dal gorgo sconsolato che sale dall’orchestra per tutto Il tabarro – la prima della “sinfonia in tre tempi” pucciniana, data a New York nel 1918 e subito dopo proprio al Costanzi a Roma – e permane nel finale amaro; dai singhiozzi di suor Angelica madre inconsolata in un convento, al ghigno di Gianni Schicchi, è il pianto a tessere l’arcata del lavoro “sperimentale” di Puccini. La bellezza melodica è sempre lì, sostenuta da un disegno strumentale finissimo, d’avanguardia. È essa a commuovere ancora, sia che suor Angelica pensi al suo bambino o che si stornelli toscanamente. Nelle diverse storie del Trittico, l’unità si raggiunge con la poesia sulla vita e sulla morte, legate insieme dall’amore: luce languente nel mondo degradato del Tabarro, nostalgia in Suor Angelica, gioia o bramosia in Gianni. Puccini inventa soluzioni nuove fra malinconie sussulti e riso amaro: un uso “floreale” del suono e della melodia, la fantasia nell’orchestra: ma è sempre lui, con la pascoliana “voglia del pianto”. A Roma, l’orizzonte infocato onnipresente nelle scene di Mauro Carosi, come arco doloroso, insieme ai costumi di Odette Nicoletti (preziosi nel delineare i tre diversi “climi”, fra impressionismo e simbolismo), e all’uso sapiente delle luci, hanno concordato sia con la musica che con la regia di Roberto De Simone: attenta, delicata, con punte espressioniste (anche se con un angelismo troppo insistito in Suor Angelica): da teatro d’epoca. Protagonista assoluta Daniela Dessì, ormai musicalmente e scenicamente matura: lirica, espressiva, nel pieno controllo dei mezzi vocali. Una sorpresa Carlo Guelfi come Gianni, dalla vivace comicità dopo il truce Michele del Tabarro; squillante il giovane Giuseppe Filanoti (Rinuccio), apprezzabile l’intero cast. Certo, la direzione di Gianluigi Gelmetti è di quelle che non si dimenticano: varietà di colori, opachi angelici o frizzanti; timbri sofisticati, una sonorità densa e al contempo sensibile alle esigenze del canto. Una concertazione premurosa, vigile, con la pronta risposta dell’orchestra. Autentico successo, spettacolo da “esportare”.

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