Ucraina, la guerra strisciante

Come si temeva, il conflitto armato si sta “normalizzando”, la controffensiva di Kyiv non sembra risolutiva. Come stanno le cose sul campo? Nei cieli? Nel mare? Nella diplomazia?
Armi in Ucraina (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

I servizi di comunicazione dei due campi in conflitto armato sulle terre ucraine danno notizie col contagocce e, al solito, difficilmente verificabili. Quindi la situazione reale sul terreno e nei cieli, oltre che in mare, del quadrante ucraino sono più che mai incerte e per forza di cose sottoposte al condizionale.

Tuttavia, gli analisti qualche convinzione se la sono fatta: così, sul terreno le cose vanno un po’ meglio per la Russia all’est, mentre al sud si verifica il contrario. Anche se le postazioni difensive russe sul fronte meridionale, peraltro ideate e realizzate dall’amico di Prigozhin, il generale Surovikin, recentemente sparito dai radar dell’esercito russo, stanno dando del filo da torcere agli ucraini: trincee profonde, campi minati, cavalli di frisia, trappole per i mezzi mobili sono stati usati in modo massiccio sul fronte sud. All’est, invece, la Russia ha ammassato truppe fresche, forse col sogno d’una controffensiva, che tuttavia allo stato delle cose appare assai improbabile.

Sui cieli la situazione è più movimentata, e difficilmente tracciabile con esattezza. Se la Russia continua ad avere una netta superiorità in campo missilistico a distanza – anche se diminuiti d’intensità, i lanci di missili colpiscono le città ucraine senza nessuna apparente logica, salvo quella di impaurire − sembra aver fatto dei progressi negli armamenti, e qua e là colpisce in territorio russo, o nel Donbass filorusso, o in Crimea. Per quanto riguarda l’aviazione, la superiorità russa è indiscutibile, anche se l’Ucraina spera sempre di poter rendere operativi prima possibile gli F16 ricevuti da alcuni Paesi Nato.

Detto tutto ciò, la vera guerra dei cieli si sta giocando nel campo dei droni, con profusioni di produzioni interne e di forniture che vengono dall’estero. Le tecnologie sono relativamente semplici e conosciute, ma in continua evoluzione, per riuscire a creare il drone invisibile: ultima notizia, quella dei droni di cartone pressato fabbricati in Australia e forniti a Kyiv da qualche settimana. Per non parlare delle tecnologie iraniane, molto avanzate, che danno un gran filo da torcere alla contraerea ucraina. Qualche successo Kyiv sembra ottenerlo non solo nei droni aerei a lunga gittata, ma anche con i droni d’acqua, fatti in casa, che qualche danno lo stanno arrecando alla flotta russa di stanza nel Mar Nero e nel Mar d’Azov.

In ogni caso, l’industria delle armi gongola, sia per la vendita di armamenti e munizioni già in produzione, sia per la ricerca di innovazione e di perfezionamento delle armi esistenti che la guerra di Ucraina permette di sviluppare con l’apporto massiccio di capitali provenienti dalle decisioni della politica.

In campo diplomatico, di fronte al muro contro muro dei responsabili supremi, con la speranza mai tramontata di poter mettere alle corde l’avversario, i tentativi diplomatici non sembrano essere portati avanti con convinzione da entrambe le parti, e anche da coloro che si pongono come mediatori, Turchia e Cina in testa: l’ultimo niet posto da Putin a Erdogan, che si sono incontrati a Sochi, a proposito del grano ucraino, la dice lunga, così come le difficili acque nelle quali sembra navigare la mediazione vaticana affidata al card. Zuppi, anche per gli interventi del papa non apprezzati a Kyiv.

Rassegnarsi, quindi, al proseguimento ad libitum della guerra, senza cioè una qualche prospettiva di termine delle ostilità? La deduzione logica da quanto elencato in quest’analisi porterebbe a doversi rassegnare. Al solito, potrebbe essere qualche episodio minore a doverci far ricredere, e sperare così nell’apertura di trattative. Ma a tutt’oggi la guerra continua, seppur a regimi meno cruenti rispetto alla primavera scorsa, anche per l’uscita di scena del Gruppo Wagner e per il maggior peso dato alla guerra nei cieli, notoriamente meno cruenta (“perché tendenzialmente “chirurgica”) della guerra di terra. La Prima guerra d’Ucraina aveva conosciuto un terribile periodo, tra il 2014 e il 2015, per poi ridursi a una guerra di posizione. Dopo i primi due anni di questa Seconda guerra d’Ucraina, forse accadrà qualcosa di simile. Sperando sempre in un sussulto di umanità dei contendenti e nella crescente, dolorosa insofferenza dei familiari dei caduti verso una guerra passata dallo statuto di “lotta per la liberazione” a quella di “dovere di Stato”.

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