Tregua in Yemen: benedetto Ramadan

Con l’inizio del mese di Ramadan ècominciato in Yemen anche il cessate il fuoco. Per sfinimento, forse. Ma è il primo passo, si spera, verso una speranza di pace.
Case distrutte a Sanaa, in Yemen, dall'Arabia Saudita. Foto Ap.

Ramadan mubarak, che il Ramadan sia benedetto: è l’augurio che si scambiano i fedeli musulmani in tempo di Ramadan, il mese del digiuno islamico che quest’anno è iniziato il 2 aprile e durerà fino al 2 maggio (con variazioni locali). E la risposta all’augurio è: Allahu akram, anche Allah è generoso.

Veramente quest’anno il Ramadan è particolarmente benedetto, se così si può dire, soprattutto in Yemen. L’inviato delle Nazioni unite nel martoriato Paese arabico, Hans Grundberg, ha annunciato una tregua di due mesi, a partire dal primo giorno di Ramadan. E il portavoce dell’Onu, Farhan Haq ha affermato che le parti in guerra dal 2015 in Yemen hanno acconsentito ad interrompere tutte le operazioni militari, aeree, terrestri e marittime all’interno dello Yemen e oltre i suoi confini dalle 19 del 2 aprile scorso.

Di tregue e cessate il fuoco ce ne sono stati parecchi in questi 7 anni, regolarmente violati da una e/o dall’altra parte in questa guerra per procura tra Arabia Saudita e alleati, da una parte, e Iran dall’altra. Negli ultimi mesi di stallo degli attacchi sul terreno, si erano intensificati quelli aerei: con droni su pozzi e impianti petroliferi da parte di Ansar Allah, la sigla degli Huthi sciiti, che hanno colpito sia in Arabia che negli Emirati, e con raid aerei da parte della coalizione a guida saudita.

Si spera molto che questa volta l’accordo di tregua proposto dall’Onu e accolto dalle parti regga per i 2 mesi concordati, e magari oltre. Tra le condizioni poste dagli Houthi di Ansar Allah, e accettate dalla coalizione a guida saudita, ci sono l’arrivo nel porto di Hodeida di 18 petroliere di rifornimenti, e a Sanaa, la capitale controllata dagli Houthi, di due voli al giorno (in arrivo e in partenza).

Intanto, i colloqui di pace con le forze lealiste yemenite filo-saudite sono stati disertati dai combattenti Houthi, che 17 marzo si erano dichiarati disponibili a parteciparvi. Il motivo del rifiuto è abbastanza comprensibile: la sede dei colloqui tra le fazioni yemenite è stata fissata dal Consiglio di Cooperazione del Golfo nella capitale saudita, Riad. Che non è propriamente un Paese neutrale. Così gli Houthi non si sono presentati. Ci sono ancora molti passi da fare, quindi, ma per il momento sarebbe già una conquista che il cessate il fuoco funzionasse davvero. Almeno quello.

La situazione del Paese è infatti più che drammatica: gli sfollati interni si stimano in 4,2 milioni (di cui oltre 2 milioni sono minori). Su 30 milioni di abitanti, sarebbero tra 20 e 24 milioni (65-80%) quelli che sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari.

I morti sarebbero fra 110 e 150 mila persone, ma le vittime reali sono molte di più, intorno a 370 mila, se oltre alle morti provocate dalle armi si considerano anche quelle indirette dovute alla situazione di sfacelo in cui si trova il Paese, comprese quelle provocate dal Covid e da altre epidemie.

Federica Ferraresi, capomissione a Sanaa di Medici Senza Frontiere, riferisce: “Mancano l’acqua potabile, la luce, il gas, il cibo, il carburante, i medicinali, le case. Non ci sono rifugi sicuri per i civili costretti a spostarsi più volte per la volatilità della linea del fronte: bambini e donne sono i soggetti più vulnerabili. Le infrastrutture sono state distrutte o pesantemente danneggiate. Il sistema sanitario nazionale è al collasso”.

Al collasso è evidentemente anche l’economia, con un’inflazione a due cifre, i prezzi del cibo alle stelle e il valore della moneta locale alle stalle.

In questo quadro, l’impressione è che il cessate il fuoco sia dovuto in gran parte allo sfinimento. Ma se le armi tacciono, i problemi sono tutti da affrontare. E non si esce dal dramma solo per il fatto che non si spara.

Per “rifare” uno stato fallito come lo Yemen e ridare speranza agli yemeniti ci vogliono certo molti soldi e molti anni, ma ci vogliono soprattutto cuori. Un famoso hadit del Profeta dell’Islam potrebbe di sicuro aiutare la ricostruzione dei cuori: “Nessuno di voi è un vero credente se non desidera per suo fratello ciò che desidera per se stesso”.


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