Tra i veli dell’Islam

In un mondo nel quale tutto è sotto controllo, nemmeno gli uccelli e le farfalle possono più volare liberamente? chiedeva a sé stessa e al mondo, con voce appassionata, Layla Al- Othman, tempo fa in Libano. Una corte del Kuwait aveva incriminato i suoi romanzi come indecenti.Ma oggi è qui anche lei. Perché alle farfalle nessuno riuscirà mai a proibire di volare. E con Layla tante altre. Scrittrici, poetesse, giornaliste, traduttrici: venti donne che partecipano al convegno Scrittura svelata, parole e donne dal Maghreb all’Iran organizzato dal celebre Premio Grinzane Cavour, nel castello appartenuto allo statista del regno di Sardegna. Quindi: i libri, la letteratura e la poesia; le parole scritte. Come un altro termometro – non solo il terrorismo – per saggiare la temperatura delle nuove sfide del mondo contemporaneo. L’Italia, ponte tra l’Europa e i paesi che s’affacciano sul Mediterraneo, sa che il multiculturalismo non è un’opzione più o meno auspicabile: è un percorso ineludibile che tutti dobbiamo compiere per divenire cittadini del mondo che si sta costruendo. Per questo Torino, che quest’anno sarà Capitale del Libro, ha organizzato il convegno. Con l’obbiettivo di far conoscere meglio in Italia la cultura del mondo arabo ed islamico, in particolare attraverso un’ottica di genere: è infatti la donna – al di là dei facili stereotipi diffusi, in modo superficiale, in gran parte del mondo occidentale – la protagonista di un nuovo corso nelle società islamiche ed arabe. Per gli occidentali spesso le donne islamiche, arabe, berbere o persiane, sono fugaci apparizioni, avvolte nel mistero dello chador, dello hijab, o del burqa. È vero: molte di loro oggi in oriente combattono contro l’imposizione dei veli. Paradossalmente, in occidente, altre donne islamiche combattono per tenerli.Ma in entrambi i casi non è una battaglia pro o contro il velo: è una lotta contro un’imposizione. Oggi, queste donne sono qui per farci conoscere la complessità della letteratura e cultura araba, persiana e islamica. Così si raccontano in arabo, in farsi, in francese, o in inglese; non nascondono il loro amore per la sovraumana bellezza poetica del Corano. Ma sanno come sia difficile essere donna oggi nei territori della Mezzaluna: per questo vogliono proclamarsi speranza del mondo islamico. Certo i libri, da soli, non cambiano il mondo. Ma spandono nell’aria polline di pensieri: che invece d’odio, oggi vogliono essere di speranza. Dice la scrittrice algerina, accademica di Francia, Assia Djebar: Per noi la catastrofe sono il petrolio e le false monarchie che vivono di petrolio. Il Maghreb avrà forse un giorno la democrazia grazie all’insegnamento delle donne. Del resto Islam e donne non sono solamente termini contrastanti. La tradizione ci ricorda che il primo musulmano della storia fu una donna. Sì, fu Khadigia, la prima e amatissima moglie del Profeta Muhammad. Khadigia, al suo fianco, si trovò a vivere una condizione inimmaginabile per la società araba del tempo, nella quale le donne potevano essere vendute al pari d’un oggetto. Ma la tradizione mistica islamica ci ricorda un’altra donna eccezionale: Rabi’a al-Adawiyya, una schiava mussulmana di Bassora, che dopo la sua liberazione visse in solitudine eremitica e si dedicò alla preghiera. Rabi’a visse tra il settimo e l’ottavo secolo e influenzò i sufi, poi, attraverso loro, l’amore mistico dei trovatori europei. Si narra che una volta Rabi’a fu vista correre per strada portando una torcia accesa in una mano e nel- l’altra un secchio d’acqua. Interrogata: Signora, dove vai e che cosa significa questo?, ella rispose: Voglio bruciare il paradiso e spegnere il fuoco dell’inferno perché resti solo lui, Dio, e il suo Amore. Rabi’a, pur non essendo sposata, sapeva che l’amore umano – quand’è autentico – è una preparazione all’amore di Dio. Infatti, lei sosteneva che la libertà, la generosità, il rispetto, il dono di sé, tutto ciò che può passare tra due esseri umani nell’amore o nell’amicizia, prepara all’amore di Dio. Rabi’a scrisse molte poesie, delle quali la più nota è la seguente: Ti amo con due amori, l’uno interessato, l’altro degno di te. / Il primo sta nel dedicare i miei pensieri a Te solo, ogni altro escluso. / L’altro amore, che vuol darti quello di cui sei degno, sta nel desiderio / che i tuoi veli cadano e che io Ti veda. / Nessuna lode a me per l’uno o per l’altro, a Te la lode per ambedue. Sulla sua scia, oggi alla ribalta sono loro, le scrittrici invitate al Grinzane Cavour. Proviamo a conoscer- le. Radwa Ashur, egiziana, ha scritto una trilogia che ha vinto il primo premio alla prima Fiera del libro delle Donne, al Cairo. Liana Badr, scrittrice e regista palestinese, dopo aver vissuto all’estero è tornata in Palestina in seguito agli accordi di Oslo e a Ramallah collaborava con il ministero della cultura palestinese. Hoda Barakat, nata in un villaggio di montagna nel nord del Libano, si è trasferita a Parigi dove è stata insignita dal governo francese del titolo di cavaliere, un onore inconsueto, visto che Hoda scrive in lingua araba. Yasmine Chami, scrittrice nata a Casablanca, il cui primo romanzo, tradotto in italiano col titolo Cerimonia, ci addentra, attraverso l’osservazione di una cerimonia nuziale, nella ricchezza del mondo femminile islamico. Nada Dallal, direttore esecutivo del progetto Unesco Libro nel giornale che diffonde in 19 testate arabe i massimi capolavori della letteratura araba. Assia Djebar scrittrice, storica, cineasta e docente universitaria, è stata una delle prime donne algerine ad essere ammesse all’École Normale Supérieure in Francia; ha partecipato attivamente alla guerra di liberazione algerina ed è conosciuta per il suo impegno per l’emancipazione della donna in Algeria. Magda El Guindi, vive e lavora al Cairo e da molti anni si interessa del progresso e dell’emancipazione delle donne nel mondo arabo. Joumana Haddad libanese, poetessa, scrittrice, traduttrice e giornalista. Farzaneh Karampoor, scrittrice persiana. Amel Moussa, tra le più note poetesse arabe, nata in Libia, vive in Tunisia. Badrya Al-Bisher, dell’Arabia Saudita, insegna sociologia all’Università di Riad e scrive per diverse testate saudite. Latife Erdagan, turca, la cui opera prima, Cara spudorata morte, è diventata in poche settimane un best seller in Turchia, suscitando un acceso dibattito tra sostenitori e detrattori della giovane autrice. Nabid Tabatabaj, scrittrice persiana, fa parte della straordinaria schiera di scrittrici che testimoniano l’alta qualità della presenza femminile nella cultura iraniana. Mai Ghoussoub, libanese, giornalista, artista e scrittrice, vive a Londra. Alia Mamdouh, scrittrice irachena, vive da anni a Parigi. Ibtesam Al- Mutawakel, poetessa dello Yemen, insegnante di Lingua e Letterature Araba all’Università di Sanaa. Goli Taraghi, persiana, scrittrice di romanzi e racconti. Tutte intellettuali, ma soprattutto donne. Che si battono affinché uguaglianza e pari dignità, nel mondo islamico, non siano soltanto enunciati teorici. Non solo, ma perché invece di scontrarsi le civiltà s’incontrino.

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