Tomato Brown, il virus del pomodoro

Un decreto regionale detta le regole per contrastarlo. Ad oggi non esistono interventi curativi
Tomato brown (foto Biagio Iemmulo)

Una malattia pericolosa, di origine virale. Si chiama ToBRFV (Tomato brown rugose fruit virus) e da qualche anno sta mettendo a dura prova le colture di pomodoro nel sud Italia. Ad essere colpite, in questa fase, sono le produzioni di pomodoro, soprattutto a bacca grossa, nel versante sud orientale della Sicilia.

La pianta colpita vede compromessa fortemente la produzione. Dopo la prima raccolta di pomodoro, si comincia a notare dei cambiamenti nelle foglie e nei frutti. Compaiono delle striature gialle o marroni, delle macchie sul frutto, mentre le foglie si raggrinziscono e la pianta rallenta la crescita. Di fatto, il produttore vede limitare la raccolta ai primi 3 o 4 “palchi”, mentre nella normalità si raggiungono i 10 o 12 palchi.

Il Tomato Brown ha danneggiato fortemente la produzione: il calo si attesta su circa il 30-40 per cento di prodotto. Il Tomato Brown è molto contagioso e si calcola che una piantina malata possa a sua volta trasmettere il virus al 70 per cento delle piante vicine.

I danni sono ingenti. Per un settore già martoriato dalla crisi potrebbero essere irreparabili. Molte aziende potrebbero essere costrette a sradicare l’intera produzione. Ad oggi non esiste la possibilità di interventi curativi: l’unica speranza è affidata alla genetica, al lavoro delle ditte sementiere che dovrebbero mettere a punto nuovi ibridi resistenti.

Il virus, individuato per la prima volta in Israele nel 2014 e in Giordania nel 2015 si è diffuso anche in altre zone del pianeta e in Europa. In Italia è stato avvistato nel 2018, per la prima volta nel ragusano dal professore Salvatore Walter Davino. La diffusione è stata favorita dal fatto che si tratta, in larga parte, di un virus asintomatico: quando esso si manifesta, il contagio è già diffuso.

In alcuni paesi europei, come Francia e Germania, è stato combattuto e, in parte, debellato. In Italia non è così, o meglio non è ancora così. Oggi si lavora ad un sistema di tracciamento già a partire dalle aziende (vari laboratori collaborano con cinque aziende vivaistiche ed un’Organizzazione di produttori per individuare e tracciare in autocontrollo il virus a partire dal vivaio). Il progetto pilota si chiama LabLoop. Tutte saranno collegate con il Laboratorio di Virologia vegetale dell’università di Palermo.

La Regione siciliana ha emanato un decreto dettando le regole ed i metodi di comportamento in azienda per combattere il virus. In epoca di contagio da Covid19 l’agricoltore dovrà comprendere che qualcosa di simile deve essere attuato anche all’interno delle aziende agricole. Di fatto, detta le regole delle e buone pratiche agricole in serra e nelle fasi del trapianto.

Le regole sono stringenti: chiunque individui la presenza del virus ToBRFV dovrà comunicarlo al Servizio fitosanitario regionale. Poi si dovrà provvedere a isolare la serra, evitare che qualunque oggetto che entri nella serra venga poi utilizzato altrove. Bisogna assicurare la disinfezione delle attrezzature e delle serre.

Nella serra si dovrà limitare la presenza di estranei, gli operai dovranno indossare tute e calzari che dovranno poi essere dismessi appena usciti dalla serra. Attenzione anche agli sfalci ed alle altre piante che potrebbero essere potenziali vettori. Ad oggi, infatti, non si sa ancora quali piante (oltre al pomodoro ed al peperone) possano essere potenzialmente contaminate dal virus. Tutto questo sarà affiancato dal monitoraggio costante degli uffici regionali.

Il decreto, a firma del dirigente dell’assessorato all’Agricoltura, Dario Cartabellotta, diventa un punto di riferimento. Ed indica una direzione di marcia: quella della prevenzione e delle misure di contenimento della diffusione del virus che abbiamo imparato a conoscere per gli “umani”. Per le piante bisogna fare la stessa cosa. L’anno della pandemia ci ha insegnato qualcosa. Anche in agricoltura.

 

 

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