Sopra le nuvole

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Una densa coltre di nubi ricopre il 70 per cento del nostro pianeta. Sopra le nuvole, a 220 chilometri dalla Terra, più o meno la distanza tra Roma e Napoli, gira la Iss, la Stazione spaziale internazionale. Un intero equipaggio vive lì, da mesi, sopra le nostre teste, nella prima città dello spazio nata nove anni fa dalla collaborazione tra Stati Uniti e Russia. Tra i compiti della missione, da poco terminata, dello Shuttle Sts- 120 Esperia (dall’antico nome con cui i greci chiamavano l’Italia) c’era quello di riportare a casa l’astronauta Clayton Anderson. Per quasi cinque mesi ho vissuto nella Iss e mi occupavo di riparare gli strumenti di bordo – mi dice -. È stata un’esperienza eccezionale perché non ero un semplice visitatore ma è stato come mettere su casa nello spazio. Avevo il mio appartamento e ogni giorno andavo al lavoro. Rientrare sulla Terra è stato difficile, soprattutto riabituarsi alla gravità. Devi pensare che nello spazio puoi spostare con due dita oggetti che pesano tonnellate. Sulla Terra il primo giorno facevo fatica a sollevare una bottiglia d’acqua. Dopo tre settimane sono tornato alla normalità . L’intero equipaggio della missione Esperia, formato da sette astronauti, lo incontriamo a Roma, all’Esa di Frascati, tappa di un tour nato per raccontare agli studenti italiani il loro viaggio svoltosi dal 23 ottobre al 7 novembre del 2007. Pamela Melroy è una simpatica astronauta americana. Era al suo terzo volo come comandante dello shuttle. Durante la missione un pannello solare che fornisce energia elettrica alla Stazione spaziale internazionale si è danneggiato. Non avevamo la capacità e gli strumenti per capire come riparare il danno – racconta -. La soluzione è nata dalla collaborazione con gli ingegneri della Nasa sulla Terra. Molte squadre di lavoro a Houston, per 48 ore consecutive, hanno analizzato il problema in tutti i suoi aspetti e, facendoci utilizzare gli strumenti che avevamo in dotazione, ci hanno guidato passo passo. Uno space walker, un passeggiatore spaziale, è salito sul pannello solare – fuori c’era una temperatura di 200 gradi sotto zero – con tre attrezzi nelle mani e, seguendo le indicazioni che venivano dalla Terra, lo ha riparato. Camminare nello spazio è uno degli spettacoli più affascinanti che si possa immaginare. Da lassù si ha la percezione che il mondo è uno e che il destino di tutti gli uomini è comune. Scott Parazynski, con cinque missioni alle spalle, è l’astronauta più esperto ed è proprio lo space walker che ha riparato il pannello solare danneggiato. Guardando la Terra, ho apprezzato di più la bellezza della vita e della na- tura e la necessità di proteggere l’ambiente. Mi sono ricordato della mia famiglia e dei valori essenziali. La missione Esperia era stata preparata in maniera scrupolosa e dettagliata con un addestramento durato 14 mesi. Tutti gli obiettivi principali sono stati raggiunti ed è perfettamente riuscito il trasporto e l’installazione del Nodo 2, un modulo pressurizzato di interconnessione tra i vari ambienti della casa nello spazio. Lungo sette metri e pesante 14 tonnellate, è di costruzione prevalentemente italiana. Come italiano è Paolo Nespoli (vedi box), uno degli astronauti dell’equipaggio, il quinto italiano ad andare nello spazio, che ha coordinato dall’interno della stazione le passeggiate spaziali ed ha tenuto alto l’onore scientifico del nostro Paese. Ora la corsa contro il tempo prevede il completamento della stazione spaziale prima che il programma shuttle termini, come previsto ma non senza polemiche, nel 2010. NESPOLI: UN ITALIANO NELLO SPAZIO Tra i sette membri dell’equipaggio della missione shuttle Esperia c’era un italiano: l’astronauta Paolo Nespoli. Nato in Brianza nel 1957, pilota di aerei da turismo, è appassionato di immersioni subacquee e di elettronica. Paracadutista, lascia l’Esercito italiano nel 1987 per continuare gli studi. Diventa astronauta nel 1991. Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe diventare astronauta? Innanzitutto devi capire cosa veramente vuoi fare. La professione di astronauta non è il punto di partenza. Prima bisogna essere un bravo medico, ingegnere, matematico o fisico. Un secondo passo è quello di cercare di diventare un astronauta. Molti provano, ma pochi ci riescono. Sono diventato astronauta seguendo una passione che avevo fin da ragazzo, quando vedevo zampettare gli astronauti sulla Luna. Ti sarai sicuramente affacciato qualche volta dall’oblò La Terra è molto bella! Se ti affacci a caso vedi solo oceani o nuvole. I colori dei tramonti e delle albe sono molto intensi. Il nero dello spazio, il blu dell’atmosfera, l’arancione e il rosso dei pannelli solari investiti dal sole sono affascinanti. In pochi secondi si passa dal buio completo alla luce perché il Sole si muove molto velocemente. Si capisce quanto è piccola l’atmosfera e quanto è delicata. È cambiato il significato della vita dopo il tuo viaggio nello spazio? Sono un ingegnere spaziale e le domande esistenziali sono difficili. Non è cambiato molto, sono la persona di prima, sempre pronto a lavorare, a conoscere, per raggiungere nuovi obiettivi. Un viaggio nello spazio, durato 15 giorni, è molto importante, ma è anche un’esperienza limitata. Se possibile, vorrei volare ancora, capitalizzare dieci anni di addestramento. Sì, lo ammetto. Mi piacerebbe fare una passeggiata spaziale.

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