Silenzio. E attenzione ai segni

Si affida ad una metafora, Salvatore Martinez. È usuale per lui, giovane coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, fare ricorso al linguaggio delle immagini. Se n’è avvalso pure a Rimini, all’inizio di novembre, dove si è svolta la 28a Conferenza nazionale degli animatori, 4.800 persone in rappresentanza dei 1.900 gruppi presenti in Italia. Il muro della non-condivisione – esordisce Martinez – tra movimenti e associazioni ecclesiali, che per qualcuno sembrava più solido dell’abbattuto muro di Berlino, si sta invece sgretolando. È la conferma di quella ispirazione che nella veglia di Pentecoste del 1998 Giovanni Paolo II pose nel nostro cuore e che da allora ci spinse ad incontrarci con Chiara Lubich e Andrea Riccardi. Un tempo nuovo si inaugurava, una stagione di condivisione che già lasciava intravedere altri soggetti ecclesiali e ulteriori sviluppi. Il vostro incontro di Rimini ha concluso una stagione di appuntamenti di rilievo per le aggregazioni ecclesiali. Come il Rinnovamento ha vissuto questa vivacità spirituale e culturale? Va sempre più confermandosi che i cammini spirituali di ciascuna realtà aggregativa non possono più rimanere privati, cosicché nessuno venga privato della novità che l’altro porta e che all’Altro ci porta. Si ribadisce, così, un dato assai importante: se la fede, oggi, rimane un fatto privato, direbbe sant’Agostino, corriamo il rischio di essere privati della fede e del bene grande che lo Spirito Santo conserva anche attraverso le specifiche pedagogie dei movimenti. Fondamentale, pertanto, in tempi di diaspora ido- latrica, ritrovarsi, conoscersi e sostenersi, per rendere visibile e incisiva la comune testimonianza di fede. Quale il contributo del Rinnovamento alla nuova assunzione di responsabilità del laicato cattolico nel dialogo tra chiesa e società? Prima di tutto riaffermiamo che la comunione tra aggregazioni nella chiesa è già un fine e non solo un mezzo. Molti si chiedono: a cosa giova? La comunione è già il fine; è la preghiera ultima di Gesù. Come alimentare, allora, la comunione ecclesiale? Intanto, non prescindendo dall’unità di fede – tema da ribadire – e quindi dall’unicità di missione. In altre parole, è indispensabile ritrovare una comunicazione del Vangelo pi profonda e più autentica, senza ricercare lo scontro su temi sociali e politici, anche se provocati dalle vicende contemporanee. Piuttosto, occorre fecondare questo tempo, disilluso e svagato, con parole e atteggiamenti autenticamente cristiani, con una visione della vita e della famiglia ispirata ai valori dello Spirito di Cristo: è in gioco il destino di libertà di ogni sistema sociale, culturale, politico. Cosa ha segnato, in questo contesto, la vostra conferenza degli animatori? Facciamo nostro il trinomio – contemplazione, comunione, missione – del papa dettato all’Azione Cattolica e suggerito a tutte le aggregazioni. In questo trinomio, credo possibile rintracciare una dinamica e una pedagogia che ci accomunano e che possono esplicitarsi nel carisma e nell’impegno propri di ciascun movimento. Il nostro progetto Roveto ardente, in fondo, ben riassume tutto questo. Come interpreta, il Rinnovamento, l’invito alla contemplazione? Per noi è ritrovare il silenzio, riascoltare la voce di Dio, sapere leggere segni, fare del discernimento spirituale il metodo della vita cristiana. Questa è stata la fonte ispiratrice della conferenza di Rimini, esplicitata nel progetto Roveto ardente, che il papa ha posto come obbiettivo pastorale comune. Abbiamo vissuto lo stupore davanti a Dio che parla di sé agli uomini, che talvolta non si manifesta pienamente, ma che non smette di rivelarsi attraverso segni. Un Dio che, talvolta, ci provoca fino al dubbio, come accadde per Mose (Dammi una prova che tu sei Dio?). E la comunione? Vuol dire che nella chiesa non è più tempo di autoreferenzialità programmate (ognuno basta a sé stesso), né tanto meno di contrapposizioni ideali che indeboliscono le chiese. L’eucaristia è sintesi e rimedio alla comunione; per cui a Rimini abbiamo compreso più intensamente quanto bisogno ci sia oggi di riconciliazione tra gli uomini, tra le famiglie, tra i livelli generazionali. E come intende lei la missione? I movimenti trovano il massimo livello di convergenza nell’uomo, che invece sta diventando sempre più evidentemente il massimo livello di conflitto. Attorno all’uomo, al suo destino, ai suoi diritti nativi si sono formati schieramenti molto pericolosi che stanno muovendo guerra a Dio e ai suoi figli. Qual è la vostra risposta? L’uomo non può essere ideologizzato. Questo significa che la nostra missione evangelizzatrice deve riportare in modo chiaro il primato della Parola rispetto a idee che hanno come obiettivo quello di rendere l’Io come un’entità assoluta, vera e propria idolatria, punto d’arrivo del relativismo odierno. Accanto alla Parola, poi, la preghiera comunitaria, vero antidoto alla solitudine e fattore di guarigione dalla sfiducia che impedisce a molti di aprirsi al prossimo. Come procedere nell’evangelizzazione? Evangelizzare significa oggi insegnare agli uomini l’arte di vivere, afferma il card. Ratzinger. Quindi è urgente una rieducazione alla fede, una missione davvero carismatica che ridia all’uomo la sua piena dignità in Cristo. Si tratta, in definitiva, di dare corpo con più incidenza alla lezione di Giovanni Paolo II sull’antropologia cristiana. Il discorso intorno all’uomo diventerà centrale e sarà banco di prova per comprendere i frutti maturi di comunione e impegno che la chiesa si attende dai movimenti. Al riguardo cos’è emerso a Rimini? Una forte e diffusa domanda di spiritualità che il progetto Roveto ardente vuole intercettare e colmare. La gente avverte il bisogno di riscoprire Dio attraverso la preghiera, chiede di essere coinvolta, fino all’invaghimento del cuore, in quelle scuole di preghiera e di comunione invocate dal papa per il nuovo secolo. È confortante vedere uomini e donne, giovani e anziani, che ritornano nelle chiese, soprattutto la notte, per pregare e ritrovare Dio e sé stessi. Si risveglia la fede sopita e molti neoconvertiti scoprono il profilo mariano ed eucaristico della chiesa. Avete invitato a Rimini la presidente di Azione Cattolica. Perché? La presenza di Paola Bignardi è stato un segno eloquente di un’amicizia che va consolidandosi, di una fraternità che si alimenta del desiderio di trovare luoghi nei quali esprimere il nostro ringraziamento comune al Signore. Nel caso dell’Azione Cattolica, per noi significa guardare con interesse al cammino di rinnovamento compiuto dall’associazione e porsi in una prospettiva di collaborazione autentica a servizio del rinnovamento della vita cristiana. Con l’Azione Cattolica sentiamo di poter affermare in modo più visibile la nostra marcata appartenenza ecclesiale. Non abbiamo un fondatore umano, un carisma o un impegno apostolico già regolato: Rinnovamento nello Spirito e Azione Cattolica sono due realtà di popolo che guardano in maniera preponderante al futuro delle chiese locali e orientano la loro formazione e animazione all’interno delle stesse nei diversi stati di vita cristiana. È questo un passaggio importante, perché rispetto alla lezione della Pentecoste del 1998, dove abbiamo incominciato ad esperimentare una forte sintonia spirituale con differenti movimenti legati ad un fondatore, con Azione Cattolica possiamo confrontarci su temi di carattere pastorale sui quali, ordinariamente, il popolo di Dio che è nelle nostre parrocchie ci sollecita.

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