Radici di una scelta

Un amore integrale, vocazionale e politico, quello del sacerdote di Caltagirone e fondatore del partito popolare italiano. La recensione al libro di Città Nuova "Don Luigi Sturzo Apostolo della carità politica" curato da F.Failla, Federico e Pedi.
Don Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo (1871-1959) è stato e rimane un segno di contraddizione.
Amatissimo e incompreso come accade a chi vola molto lontano da schemi riduttivi e banalizzanti.  Il testo pubblicato da Città Nuova permette di andare a scoprire le radici profonde di questo pensatore di levatura internazionale,fondatore del partito popolare italiano. I diversi approfondimenti di numerosi studiosi, tra i quali i postulatori della sua causa di beatificazione, possono essere letti come una lettura corale e condivisa della vicenda umana del sacerdote di Caltagirone, alla scoperta della spiritualità radicale che ha sostenuto l’azione, dei fortissimi legami familiari che hanno forgiato un cuore libero, e di quell’affetto filiale per la sua terra che lo ha reso capace di aprirsi al mondo intero.
 
Scoprire e riscoprire Sturzo vuol dire incrociare inevitabilmente il tessuto sociale e ideale di una Sicilia dove i luoghi sono costitutivi di un paesaggio dell’anima e fonte di resistenza morale. Lo rivela, ad esempio, una breve lettera, tratta dalla ricca corrispondenza con il fratello Mario, vescovo di Piazza Armerina, dalla fredda Londra del 1928 quando, esule antifascista, il suo ricordo vivissimo («che poesia!») va al suono delle belle campane del paese natio in festa per l’Immacolata. In un certo senso il testo curato da Failla, Federico e Pedi, si rivela un viaggio nella terra siciliana e nel mondo interiore di Sturzo. Si comprende così che la scelta sacerdotale, nella sua assolutezza, è all’origine della laicità politica. Una distinzione tra vocazione universale e la necessità di prendere parte che non è affatto scontata oggi, figuriamoci per il giovane don Luigi nel contesto storico e ambientale in cui, si ricorda nel testo citando Gabriele De Rosa, «i parroci e i chierici erano, in generale, legati alle forme del patronato signorile».
 
Basterebbe andare a vedere il programma di nascita del partito popolare del 1919 e il rifiuto di definirsi «partito cattolico», mantenendo la propria autonomia che si rivela nei punti qualificanti: la riforma tributaria progressiva, la legislazione sociale, il voto alle donne, il disarmo universale, la piena libertà dell’autonomia locale, per citarne alcuni, assieme all’indipendenza della Chiesa e al rispetto della coscienza cristiana.
 
Ma tutta la storia di Sturzo apre lo scenario di un movimento cattolico sociale vivacissimo nel dibattito e nell’elaborazione che nasceva da una presenza diffusa nella società del tempo. Casse rurali, banche cooperative, leghe sindacali e tante altre forme di azione concreta che si riveleranno la base per un’azione politico amministrava matura, capace di generare buone prassi. Esemplare, in questo senso, l’attività di Sturzo eletto prosindaco di Caltagirone dal 1905 al 1920, nella sistemazione delle strade pubbliche come della rete idrica e fognaria, l’edilizia scolastica e la novità della prima centrale elettrica. Un segno destinato a restare con la cura per la produzione tipica dei manufatti di terracotta. Da attività destinata a scomparire, nel sistema economico produttivo della nuova Italia, a fulcro di una tradizione valorizzata e riconosciuta a livello internazionale grazie alla capacità politica di coniugare sistema scolastico e antico sapere artigianale.
 
Si può dire che il travaglio del giovane sacerdote chiamato a sospendere l’approfondimento filosofico, per misurarsi con la realtà contraddittoria dell’amministrazione di una città, si sia svelato provvidenziale per arrivare ad una più compiuta elaborazione di pensiero.

Di «traduzione popolare di buone prassi sturziane» parla, infatti, Salvatore Martinez nella postfazione del testo prendendo le mosse dal convegno internazione del 2009, tenutosi tra Catania e Caltagirone, su «attualità e attuabilità degli ideali cristiani sturziani». Martinez ha modo così di far conoscere la presenza nel campo sociale del Rinnovamento dello Spirito Santo, di cui è presidente, cumulando questo ruolo con quello di presidente della Fondazione di promozione umana mons. Francesco Di Vincenzo che ha dato vita al Polo di eccellenza Mario e Luigi Sturzo. Un fondo rurale di 52 ettari, già di proprietà della famiglia Sturzo e ora recuperato, assieme al palazzo della casata, per un progetto di speranza «nella dolce e amara terra di Sicilia» per farne «una cittadella nella quale rivivono gli ideali e la prassi di questo originale sacerdote «trascurato e sminuito dagli egoismi autoreferenziali dei partiti in voga e da una miseranda cultura post ideologica». Aziende agricole e artiginali, società di servizio e di promozione cultuali, pensate come continuazione della «difesa strenua dei diritti dei lavoratori» operata dal fondatore del partito popolare. Un naturale incubatore sociale per Caltagirone che, come agli inizi del secolo scorso, potrebbe, secondo le intenzioni dei fondatori, far «intravedere e salutare il riscatto politico dell’Italia unita e federata». Un progetto che ha già dato i suoi frutti esportando, a livello nazionale, l’Agenzia, ANReL, dedicata al reinserimento al lavoro di detenuti ed ex detenuti.

Attività che dimostrano la continuità di quell’amore integrale e quindi politico che, nelle biografie di Luigi Sturzo, viene citato come passaggio decisivo della sua esistenza. Nel 1895, a 24 anni, appena ordinato sacerdote, si trova studente a Roma e resta amaramente impressionato dalle condizioni miserevoli delle classi popolari. Tornato a Caltagirone promuove il primo comitato di impegno politico di cattolici laicamente inteso, di coloro, cioè, che sanno bene che «non esiste vera rivoluzione se non basata su carità e giustizia» consapevoli, come scriverà nella maturità, che si tratta di condurre «una lotta perenne» a cominciare da se stessi perché «il progresso umano non è mai completo. Si vince un’ingiustizia e ecco che i nuovi rapporti generano un'altra ingiustizia».   

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