Raccontare la guerra, dialogo con Nico Piro

Seconda parte dell'intervista a Nico Piro, inviato Rai del Tg3, voce critica de “il pensiero unico bellicista” che giunge perfino a dare dell’imperialista russo e dell’antisemita al papa. Un colloquio per passare in rassegna diversi fronti, da quello dell’Ucraina fino alla Terra Santa in fiamme, senza dimenticare l’Afghanistan, “archetipo di tutti i conflitti contemporanei”
Gaza Palestina .Archivio foto 2014 (AP Photo/Khalil Hamra, File)

Seconda parte dell’intervista a Nico Piro, Inviato speciale del Tg3 Rai.

Qui la prima parte dell’intervista già pubblicata

Si dice che per avere una visione completa di ciò che accade in Medio Oriente occorra vedere i programmi di Al Jazeera.  Ma non si tratta di un canale del Qatar, Paese che ospita i capi di Hamas ma anche la base militare Usa di Al Udeid, con 15.000 soldati e 100 cacciabombardieri pronti ad intervenire sul Golfo Persico?  Come si spiega questa anomalia e la tolleranza espressa dal sistema occidentale nell’assegnare i mondiali di Calcio del 2022 nonostante le denunce sulle pessime condizioni dei lavoratori stranieri poveri? Come si spiega questa contraddizione apparente?
Non è una semplice anomalia è il frutto delle incongruenze dell’informazione bellicista occidentale. Se racconti il conflitto medio orientale solo dal punto di vista di Israele, rimuovendo le voci di Gaza, a quel punto non ti resta che Al Jazeera per sapere cosa accade dall’altra parte.

Se poi Israele perde ogni freno e trasforma la difesa in vendetta ammazzando oltre migliaia di civili, di cui, oltre 7500 donne e bambini (che prima della pubblicazione di questa intervista saranno diventati molti di più), è ancora più forte il bisogno delle persone di “toccarla” quella morte, di vederla, di rendersi conto di quell’orrore per potersi fare un’idea in proprio, piuttosto che prendere istruzioni da opinionisti il cui compito sembra ormai quello di spiegare alla gente come vivere e come pensare.

Come nella fase post-11 settembre se in queste settimane sta riemergendo l’islamofobia (in sostituzione della russofobia) non cambia il doppio standard occidentale.

In che senso ?
Noi non siamo contro tutti i dittatori come dovremmo, per noi esistono dittatori buoni e dittatori cattivi. Putin “no buono”, Erdogan che invade un pezzo di Siria, i sauditi che ammazzano il giornalista Khassoghi in un loro consolato o bombardano lo Yemen, beh quelli ci stanno invece simpatici: no sanzioni, no giudizi morali.

Per questo una parte crescente di mondo non sopporta più l’Occidente e non si fa più affascinare da quella grande fabbrica di immaginario che è stata l’America. Se condanni i russi che colpiscono ospedali in Ucraina, chiedi l’intervento della corte penale internazionale perchè vengono bombardati obiettivi civili, se difendi il principio di inviolabilità territoriale con l’assioma aggredito-aggressore come puoi essere credibile se arrivi a giustificare gli indiscriminati bombardamenti israeliani su Gaza (ospedali compresi) evocando i bombardamenti alleati su Dresda e la altre città tedesche, cioè quel “mai più” che oggi viene invece rivisto in maniera oscena, se dimentichi che l’invasore (torniamo a mezzo secolo fa) è Israele e non la Palestina?

Le crisi non nascono dal nulla ma ormai oggi ricordare i contesti costa – persino al segretario generale dell’Onu – l’accusa di essere un amico dei terroristi di Hamas. Un’ accusa gravissima che è in realtà solo un’offesa gratuita per annichilire ogni dibattito.

La fuga occidentale dall’Afghanistan nel 2021, dopo 20 anni dall’intervento armato e presenza sul territorio, resta ancora un mistero. Sembrava di assistere ad un declino Usa che portava con sè l’esaurirsi della Nato ( è nota la citazione di Macron sulla “morte celebrale”), poi la mossa di Putin ha ridato forza all’Alleanza atlantica che ha attirato Paesi a lungo neutrali. Cosa sta accedendo a tuo parere?
Gli Usa semplicemente si volevano liberare dal pantano afghano perché la loro attenzione strategica e militare si stava rivolgendo al Pacifico e alla possibile guerra con la Cina, intorno al casus belli Taiwan. La Nato aveva perso senso e smalto con la missione afghana e Trump gli aveva inferto il colpo di grazia. Il presidente aveva sbeffeggiato gli alleati con la richiesta di rispettare (non lo faceva nessuno salvo la Grecia se non erro) una quota di spesa militare del 2% del PIL.

Poi è arrivato un presidente democratico…
Certo, è arrivato Biden, un presidente progressista come non accadeva dai tempi di Franklin Delano Roosevelt in fatto di politiche interne (dalle tasse ai debiti scolastici, fino alla riconversione ecologica). In politica estera si è rivelato però l’opposto: un falco come i peggior repubblicani “storici”. Un modo per correggere il disimpegno trumpiano dell’America First, tornare ad “occupare” aree di influenza. Questa traiettoria politica ha incrociato il conflitto in Ucraina che, come tutte le guerre – lo dicevo prima – è un’occasione, colta al volo da Washington per favorire la desiderata rottura il legame energetico tra Russia ed Europa, riallineare i Paesi UE sulle posizioni belliciste e di destra di Polonia e dei baltici (la “nuova Europa” di Rumsfeld), far ripartire la corsa agli armamenti. Alla fine si è raggiunto proprio l’obiettivo sollevato in maniera poco diplomatica da Trump: alzare la spesa militare al 2% o giù di lì dei Paesi europei. Missione compiuta poco importa che intanto si chiudano scuole ed ospedali. Al pronto soccorso ci arriveremo con un fiammante Leopard, vuoi mettere che così supereremo gli ingorghi di traffico senza problemi?

 

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