Quante ore di lavoro in Europa?

Come in molti paesi dell’Unione europea, anche in Spagna gli agricoltori sono scesi in piazza: a Madrid si è radunata una tractorada di 500 macchine agricole. E in media per quante ore la settimana si lavora nei singoli Paesi dell’Ue?
La protesta degli agricoltori fuori del ministero dell'agricoltura a Madrid a febbraio 2024. Foto Ansa/ EPA/MARISCAL

Forse è stata una semplice coincidenza, ma forse no. Mercoledì 21 febbraio, al Parlamento spagnolo, durante una sessione di controllo sull’operato del governo, il ministro dell’agricoltura, Luis Planas, non è riuscito a rispondere ad una delle domande: ha avuto un’inaspettata “vertigine”, un capogiro. Si è seduto per qualche minuto, ma è poi riuscito a continuare il suo discorso. Intorno alla stesa ora, centinaia di trattori (500 quelli autorizzati) ininziavano una grossa concentrazione per le vie centrali di Madrid che doveva poi convergere davanti alla sede del ministero dell’Agricoltura, quello di Planas.

Questo episodio verificatosi al Congresso spagnolo offre lo spunto per illustrare la tensione che, come in altri Paesi europei, si è scatenata tra il mondo rurale e quello urbano. Gli agricoltori non ce la fanno più con le politiche agricole che detta Bruxelles. Sono politiche pensate per migliorare l’equilibrio del settore nell’insieme dell’Unione europea e per contrastare la concorrenza di Paesi esteri, ma gli agricoltori non sono soddisfatti. Tra le proteste più forti e diffuse delle ultime settimane, gli agricoltori europei lamentano di essere costretti a produrre in perdita e di essere sopraffatti dalla burocrazia. Il rammarico di tanti è che, finita la giornata di lavoro, devono gestire gli adempimenti burocratici per giustificare il lavoro, richiedere aiuti o registrare la propria produzione. Questo lavoro d’ufficio, dicono, implica uno stipendio a tempo pieno per un impiegato, che non si possono permettere.

Quante ore lavora un agricoltore? E quante ore un qualsiasi impiegato, lavoratore, libero professionista, ecc.? È possibile raggiungere obiettivi come l’equilibrio tra lavoro e vita privata in famiglia nel nostro attuale contesto sociale? Ha senso richiedere una settimana lavorativa di quattro giorni, come già accade in alcuni Paesi dell’Ue?

Un recente rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), riguardante l’anno 2022 (https://data.oecd.org/emp/hours-worked.htm), mostra appunto la differenza, misurata in ore lavorate, tra i Paesi che appartengono a questa organizzazione. Nel 2022, mentre un lavoratore tedesco aveva lavorato 1.341 ore, uno greco invece aveva lavorato 1.886 ore. La media nell’insieme dell’Ue delle ore di lavoro nel 2022 è stata di 1.571 ore, e solo nove tra i ventisette Paesi figurano al di sotto di questa media. «Per numero medio di ore lavorate annuali – spiega il rapporto – s’intende il numero di ore effettivamente lavorate diviso per il numero medio di occupati». Essendo però dati statistici, L’Ocse si copre le spalle: «Questi dati hanno lo scopo di effettuare confronti tra tendenze nel tempo; a causa della disparità delle fonti e dei metodi di calcolo, non consentono di confrontare i volumi medi di ore lavorate in un dato anno».

Che si debba lavorare meno ore e meno giorni è una prospettiva ogni volta più richiesta. In Belgio, la settimana lavorativa di quattro giorni è già un’opzione, anche se non implica una riduzione delle ore, ma la loro concentrazione. In altri Paesi (Islanda, Regno Unito, Spagna o Portogallo) si fanno tententativi in questa direzione.

Il progetto portoghese, iniziato nel settembre 2022, conferma i benefici per i lavoratori e le loro prestazioni professionali. I coordinatori del progetto, i professori Rita Fontinhas e Pedro Gomes, dicono che nei partecipanti all’esperimento (meno giorni lavorativi, stesso numero di ore) sono diminuiti i sintomi da stress psicologico: ansia, stanchezza, insonnia, stati depressivi, tensione e solitudine. I difensori di quest’opzione dicono poi che anche per le imprese ci sono dei vantaggi: maggiore produttività, riduzione dell’assenteismo dal lavoro, conservazione dei talenti, maggiore risparmio energetico e altri vantaggi.

Sarà questo il futuro? Dipenderà di quanto procederanno i tentativi in atto. I coordinatori del progetto portoghese dicono che le aziende implicate hanno costatato «diminuzione del livello di stress tra i lavoratori». Però molte aziende considerano questa opzione più che un miglioramento come un’alternativa agli aumenti salariali.

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