Quale autorealizazione

Sento spesso degli psicologi che parlano di autorealizzazione e dei sacerdoti che parlano invece di rinuncia a sé stessi. Chi ha ragione?. Giovanna – Napoli Oggigiorno la psicologia usa spesso parole tipo autorealizzazione, autocompimento, sviluppo della personalità, maturità psichica, ecc., parole con un forte interessamento intorno alla propria individualità. Ciò rischia di portare ad un processo di disumanizzazione che vuole fare dell’egoismo una scienza.Mentre nelle massime morali e in particolare in quelle di Gesù di Nazareth, è vero il contrario: Chi cercherà di salvare la sua vita, la perderà; ma chi la perderà la preserverà (Lc 17,33). Ciò dimostra, tra l’altro che Gesù era un bravo psicologo, perché afferma che un uomo che vive ed esiste solo per se stesso, che insomma ci tiene tanto all’autorealizzazione, alla fine deperisce, si abbruttisce e poco per volta muore nello spirito. L’io, al quale si aggrappa disperatamente, degenera in un Es freddo e inanimato, perché la sua anima è ostacolata nella sua capacità di irradiare gli altri, di risplendere sugli altri, operando nel senso proprio della sua essenza. L’essere umano libero, in grado di andare oltre se stesso e di dedicarsi al prossimo, vive l’esperienza di una felice scoperta di sé nell’amore che si dona. Gesù intende, che il cammino verso la felicità conduce lontano dalla prospettiva dell’Io, verso la ricerca del Tu, che trova il suo coronamento nella dimensione più grande del Noi. Questo è il punto di incontro fra teologia e psicologia, tale da prospettare alla stessa psicologia un vero e proprio originalissimo indirizzo scientifico da approfondire. Lo testimoniano diversi psicoanalisti viventi come R.N. Emde che ha coniato un felice termine: Io-noi, e F.Dalal che ha invitato a passare dall’Io singolare alle molte varietà del noi, oppure psicologi famosi come V. Frankl e A.Maslow. Il primo suggeriva che era più utile per l’igiene mentale domandarci che cosa noi possiamo fare per gli altri piuttosto che passare la vita a chiederci che cosa gli altri possono fare per noi. Il secondo diceva che il modo migliore per diventare un buon servitore degli altri è diventare persone migliori dentro. Ma per diventarlo è necessario servire gli altri. È dunque possibile, anzi doveroso, fare le due cose simultaneamente. A questo nuovissimo indirizzo scientifico della psicologia dell’Io- Noi, c’è persino una testimonianza di un personaggio anonimo della seconda guerra mondiale come un prigioniero in Siberia, che in tre righe descrisse su una cartolina la sua esperienza: Cercai Dio, e mi sfuggì. Cercai la mia anima, ma invano. Cercai mio fratello e trovai tutti e tre. pasquale.ionata@tiscali.it

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