Pericolo nucleare, russi e statunitensi si incontrano ad Assisi

Il conflitto in Ucraina ha posto la questione dell’uso delle armi nucleari al centro dell’attenzione mondiale. Nonostante il peggioramento delle relazioni tra Usa e Russia, alcuni esperti dei 2 Paesi, che detengono complessivamente il 90% dell’arsenale nucleare, si sono incontrati ad Assisi. Nostra intervista a Barbara Gallo, ricercatrice di Iriad, che è intervenuta come relatrice all’evento promosso dalla diocesi, dal comune e dal comitato Civiltà dell’Amore
Assisi contro guerra nucleare. Cacciabombardieri russi (Russian Defense Ministry Press Service via AP, File)

Ad Assisi è accaduto qualcosa di nuovo. Un segnale importante di dialogo tra esperti Usa e russi mentre la guerra in Ucraina apre scenari inquietanti.

Il 25 marzo 2023 si è svolta una conferenza di pace per un tavolo di dialogo sul disarmo nucleare organizzata dal comitato Civiltà dell’Amore, dalla diocesi di Assisi – Nocera – Gualdo e dalla città di Assisi.  All’incontro, moderato dal cardinale Silvano Tomasi, hanno partecipato Sergey Rogov del think thank russo Institute for US and Canadian Studies, Pierce S. Corden, esperto di disarmo, l’Archimandrita Philip (Riabykh), rappresentante del Patriarcato di Mosca presso il Consiglio d’Europa, Lucas Koach, direttore dell’Office of International Justice Peace, Alexey Gromyko, membro dell’Accademia delle Scienze di Russia, Dennis Frado, direttore del Lutheran Office for World Community, il ricercatore Lunkin Roman Nikolaevich e lo scrittore e attivista Arnold Kohen.

Nella tavola rotonda che è seguita è intervenuta, tra gli altri, anche Barbara Gallo, ricercatrice di Iriad, che abbiamo intervistato per avere un’ inquadramento della situazione globale e un’impressione a caldo dell’evento fortemente perseguito dall’ing. Giuseppe Rotunno, di Civiltà dell’Amore.

Cosa è stato al centro dell’incontro tenutosi ad Assisi tra russi e americani?
La Tavola rotonda cui ho partecipato ha avuto come tema principale di discussione il New Start, cioè il Trattato di Riduzione delle armi strategiche entrato in vigore nel 2010, al centro, negli ultimi giorni, del dibattito internazionale a causa del decreto firmato il 28 febbraio scorso da Vladimir Putin che ne ha formalizzato la sospensione a data da destinarsi. Ricordiamo che il New Start è ad oggi l’ultimo accordo legalmente vincolante le armi nucleari strategiche tra le due superpotenze.

Che impressione ha ricevuto delle intenzioni manifestati dagli esponenti dei Paesi coinvolti?
Tutti i relatori hanno sottolineato quanto il conflitto in Ucraina abbia alzato il livello di pericolosità di una minaccia nucleare, tuttavia la mia impressione è che, nonostante la difesa delle proprie posizioni politiche e militari ed un comune clima di sospetto e di velate accuse reciproche, l’incontro del 25 marzo è riuscito a mettere a segno un importante obiettivo ovvero quello di riunire ad uno stesso tavolo di dialogo voci eminenti del mondo religioso ed accademico di entrambe le due superpotenze. Durante gli interventi non vi è mai stato un accenno alla possibilità di un auspicato cessate il fuoco né ad una soluzione diplomatica, ma sia l’archimandrita Philip Riabykh, rappresentante del Patriarcato di Mosca, sia Dennis Frado, direttore del Lutheran Office for World Community, come in generale tutti i relatori, hanno ribadito la necessità e l’urgenza di riprendere quanto prima un dialogo attivo e costruttivo sui temi degli armamenti atomici e del disarmo nucleare per ridurre il rischio di  un loro uso od incidente che provocherebbe conseguenze senza controllo.

Nel comunicato finale si parla di una “Una commissione permanente con esperti russi e americani, che possa lavorare in collaborazione con i leader cattolici e delle altre religioni, per cercare soluzioni utili ai governi che possiedono armi nucleari per incoraggiare modi e mezzi per ridurre gli arsenali e i pericoli nucleari.” Come possiamo intendere questa novità?
Il comunicato letto in conclusione della Tavola Rotonda dal cardinale Tomasi, delegato speciale presso l’Ordine militare di Malta, a lungo Osservatore permanente della Santa Sede presso la sede Onu di Ginevra, va interpretato come un forte segnale di una Chiesa cattolica pronta a fare da guida, insieme ai rappresentati delle altre religioni, in un difficile e complicato percorso che possa portare al più presto ad affrontare con serietà il tema relativo al disarmo nucleare. Il conseguimento di un mondo libero dalle armi nucleari  non può e non deve essere legato esclusivamente a concetti quali la sicurezza e la  deterrenza come accadeva nel periodo della Guerra Fredda.

Cosa è cambiato oggi rispetto agli scenari che contrapponevano gli Stati Uniti con il blocco sovietico?
Oggi viviamo in un mondo multipolare caratterizzato da uno scenario internazionale instabile costellato da conflittualità in vaste aree del globo e nel quale gli enormi passi avanti fatti in campo tecnologico hanno permesso lo sviluppo di armi sempre più sofisticate e letali in grado di provocare sofferenze inimmaginabili. Il tema del controllo degli armamenti necessita anche e soprattutto di un approccio di vista etico e religioso e lo stesso Papa Francesco, tra i promotori e primi firmatari del Trattato di Proibizione sulle armi nucleari entrato in vigore nel gennaio 2021, ha con frequenza evidenziato come gli arsenali nucleari, essendo armi di distruzione di massa, siano un problema globale poiché le conseguenze umanitarie di un loro uso sono prevedibili e planetarie.

Nonostante le buone intenzioni, non si rischia con tali aperture di arrivare troppo tardi per evitare il disastro?
È difficile stabilire se siamo arrivati troppo tardi, ma di certo c’è stata una colpevole sottovalutazione del fatto che da alcuni decenni la retorica sul senso ed uso delle armi nucleari è mutata in modo significativo passando da un approccio collaborativo ad uno di aperta sfida tra le potenze nucleari. A conferma di un mondo che appare sempre più militarizzato ed armato il SIPRI, l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, ci mostra come ci siano chiari segnali di una pericolosa corsa al riarmo convenzionale e nucleare iniziato ben prima dell’aggressione russa del 24 febbraio 2022 che coinvolge tutte le nove potenze nucleari mondiali.

Quale è il pericolo di una reale escalation nucleare nel conflitto in corso?
Il conflitto in Ucraina ha posto il dossier nucleare al centro del dibattito internazionale, soprattutto a seguito della retorica di Mosca che contempla, senza mezzi termini, il possibile utilizzo di armi nucleari tattiche.

In questi giorni Putin ha minacciato una nuova escalation nucleare, l’ennesima nell’arco di questo lungo e drammatico anno, annunciando l’invio di armi nucleari tattiche ai confini dell’Europa e la costruzione, entro fine luglio, di un deposito di tali armamenti in Bielorussia.

Segnali che ricevono diverse interpretazioni…
È vero alcuni esperti ritengono che, fino ad ora, tali minacce vadano interpretate come messaggi diretti a spingere l’Occidente ad un negoziato con l’Ucraina alle condizioni dettate dalla Russia. Tuttavia, nonostante sia remota la possibilità di un utilizzo di una bomba tattica da parte Cremlino, il rischio concreto è quello di un allargamento del conflitto che possa portare ad esiti nefasti ed imprevedibili. Un dato certo e, a mio parere, molto pericoloso è quello relativo all’interruzione da parte sia russa, sia statunitense di colloqui costruttivi sulla sicurezza strategica.

Cosa è avvenuto nel campo delle relazioni internazionali a proposito delle armi nucleari?
Dalla fine della Guerra Fredda l’enfasi sul senso ed uso delle armi nucleari è mutata pericolosamente passando da un approccio collaborativo, che aveva permesso la riduzione dell’80% degli arsenali nucleari ad uno odierno di aperta sfida tra le potenze nucleari. Nel corso dell’ultimo decennio alcuni tra i più importanti Trattati bilaterali tra Stati Uniti e Russia (le due superpotenze, che detengono il 90% degli armamenti nucleari mondiali) sono stati stracciati, mettendo in pericolo l’intera architettura del controllo degli armamenti.

Cosa è cambiato ulteriormente dopo il 24 febbraio 2022, cioè con l’invasione delle truppe russe in Ucraina?
Fino allo scoppio di questo conflitto,  sia la Russia, sia gli Stati Uniti avevano saggiamente “tenuto fuori” dalle aggressioni militari compiute da entrambi, sia le armi nucleari, sia il proseguimento di negoziati bilaterali e multilaterali sul controllo degli armamenti.  L’attuale postura aggressiva e muscolare di entrambe le due superpotenze, nonché l’annunciata sospensione del New Start sono segnali da non sottovalutare.

Quali gesti immediati dovrebbero compiere le parti in campo per dare un segnale di presa di coscienza della tragedia da evitare? Il coinvolgimento diretto ed indiretto nella guerra in Ucraina di attori internazionali dotati di armi nucleari e la esplicita minaccia di un loro possibile utilizzo pone, come priorità assoluta, quella di mettere in atto azioni politiche e diplomatiche capaci di ristabilire innanzitutto un auspicato cessate il fuoco tra le parti in conflitto. Da un lato la blitzkrieg di Putin è clamorosamente fallita e si è impantanata in una guerra di logoramento, all’altro le sanzioni contro la Russia e le risposte militari, attraverso l’invio di armi da parte dell’Occidente non hanno portato fino ad oggi, né alla vittoria dell’Ucraina, né all’apertura di un negoziato.

Come può essere coinvolta la Cina in questo tentativo di dialogo sulle armi nucleari?
Il 24 febbraio scorso la Cina ha presentato un documento che possiamo definire come una bozza per un possibile piano di pace, declinato in 12 punti, i cui passaggi chiave sono un cessate il fuoco, un divieto dell’uso di armi nucleari e la messa in atto di negoziati di pace, oltre ad un riferimento relativo alla salvaguardia della sovranità di tutti i Paesi, il quale però non fa alcun cenno agli eventuali confini dell’Ucraina.

Il documento, seppur rappresenti al momento esclusivamente una road map è comunque da considerarsi come un tentativo, seppur criticabile sotto molti aspetti, di fare tacere le armi in questo drammatico conflitto. Difficile prevedere se la proposta cinese possa essere accettata da Kyev e soprattutto dagli Stai Uniti e divenire quindi la base per un possibile tavolo di dialogo.

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