Pellegrinaggio al cuore della Russia

Pellegrinaggio al cuore della Russia ortodossa, nel monastero di Optina-Pustin.
Optina-Pustin

Rifiorisce Optina-Pustin, il monastero che nell’Ottocento era diventato un centro di spiritualità con un’enorme influenza nella vita e nel pensiero della Russia. Allora, agli starcy (si legge “startsy”) di questo monastero ricorrevano intellettuali e gente semplice. A Optina sono convenuti Gogol, Dostoevskij e Tolstoj, tra altri. Dopo la “notte” del regime comunista, il monastero ha ripreso vita ed è ridiventato di nuovo meta di pellegrinaggi.

 

Da Mosca sono circa 250 chilometri, nella direzione che ci porterebbe verso Kiev, percorrendo l’immensa pianura, con la sua caratteristica monotonia mitigata da colline e foreste. Kozelsk, in provincia di Kaluga, è la cittadina più vicina. Il monastero di Optina-Pustin sorge imponente oltre il fiume Zhisdra. Una volta, l’ingresso principale del monastero era dalla parte del fiume, per ora in fase di restauro. Ma a parte qualche segno dei lavori in corso e qualche mucchio di sabbia, il monastero si presenta del tutto recuperato dall’abbandono del tempo del regime sovietico. Tutte le chiese sono state rifatte, gli affreschi ridipinti, e giardini e cimitero riflettono un lavoro attento e curato. E non è solo il frutto delle risorse investite nei lavori d’edilizia.

Nel monastero ci sono attualmente 150 monaci. Non sono ancora i più di trecento che ci vivevano negli anni fiorenti della seconda metà del secolo XIX, ma comunque un numero notevole, se si pensa che il monastero è stato riaffidato alla Chiesa ortodossa solo nel 1987.

 

L’atmosfera del monastero offre un senso di tranquillità, segno che la vita entro quelle mura non ha niente a che fare con le preoccupazioni e le corse del mondo rimasto fuori. Ma dà anche un senso di austerità. Alla fine della liturgia, nella chiesa della Madonna di Kasan, con un buon numero di pellegrini, un monaco fa una breve predica. La parola che più si ripete è “penitenza”. Anche la suora, che all’ingresso del monastero chiedeva elemosina per i lavori in corso nel monastero femminile di Sciamardino, e che ha cercato di convincerci che dovevamo diventare ortodossi, aveva sottolineato che il primo messaggio di Gesù “è stato la penitenza”. La storia di Optina-Pustin è certamente carica di penitenza e di preghiera ma anche di vita e morte, scomparse e rinascite della vita del monastero, che in certi periodi è stata lodata anche come un esempio di fraternità.

 

La prima domanda che si pone a Vera Vasilevna, la guida della nostra “escursione” nel monastero è sull’origine di esso. Forse rimonta al secolo XIV. Narra una leggenda di un bandito, di nome Opta, che si sarebbe convertito e fatto monaco. «Ma è probabilmente solo una leggenda, perché non c’è nessun documento storico», si scusa Vera.

La visita guidata assume la forma di un vivo racconto della storia e della vita dei monaci di Optina. Verso la fine del secolo XVIII, nel monastero vivevano solo tre vecchi monaci, uno dei quali cieco, e sembrava destinato ad estinguersi. Pare che la rinascita di Optina sia legata a un passaggio del metropolita di Mosca, Platon, alla fine del Settecento. Il primo igumen (abate), arrivato col compito di ricostruire il monastero, fu Avraamij che, dopo il primo periodo a Optina, scriveva che poteva solo «pregare e piangere», tali erano le condizioni che aveva trovato. Il costruttore di Optina è stato l’abate Moisej che, come riferisce Vera Vasilevna, «costruiva senza avere i soldi per portare a termine l’opera incominciata, fidandosi che questi sarebbero arrivati al momento giusto». Si dice che, quando è morto, nella cassa del monastero c’era solo una moneta, e questa sarebbe rimasta solo perché si era “nascosta” nelle spaccature del legno.

 

Nel gennaio de 1918, poco mesi dopo la rivoluzione di ottobre, il nuovo governo decise la chiusura del monastero. I monaci sono stati dispersi o arrestati e inviati ai lager. Qualcuno è stato fucilato. Il monastero viene saccheggiato e le chiese desacralizzate. Durante la Seconda guerra mondiale, è stato usato per raccogliere prigionieri, tra cui anche gli ufficiali polacchi.

 

Optina-Pustin ha anche i suoi nuovi martiri. Nel ’93, tre monaci sono stati assassinati da un uomo che, probabilmente legato a qualche culto satanico, si è introdotto nel monastero proprio con l’intenzione di versare sangue cristiano.

La figura di più grande rilievo tra gli starec di Optina-Pustin è Amvrosij (Ambrogio), nome preso da monaco in onore del santo milanese. Il suo tumulo, nella chiesa della “Presentazione di Maria Bambina al Tempio”, è oggetto di grande venerazione. Nonostante una debolissima salute, passava varie ore al giorno a ricevere persone che lo visitavano per chiedere consigli e preghiere. Abitava fuori delle mura del monastero, nello skit, un eremitaggio a parte fatto per i monaci che volevano condurre una vita più isolata, con un regola più severa. Lo skit si trovava a circa duecento metri dael monastero principale in un denso bosco.

 

Tra i visitatori che si sono rivolti ad Amvrosij c’è stato anche Fëdor Dostoevskij, nel maggio del 1878, portato dal suo amico, il filosofo Vladimir Solovjov, in un momento molto difficile della vita dello scrittore. Era appena morto suo figlio, Aljoscia, di tre anni. Dostoevskij ha passato tre giorni a Optina e si è incontrato tre volte con padre Amvrosij. «È ritornato come che confortato e significativamente tranquillizzato”, ha scritto la moglie Anna Grigorevna su questo momento della vita dello scrittore. Alcuni motivi e personaggi del romanzo I fratelli Karamazov riflettono aspetti dell’esperienza vissuta dall’autore a Optina, e nella figura dello starec Zosima tanti riconoscono tratti di Amvrosij.

Lev Tolstoj è stato più volte ad Optina, ma il suo ultimo incontro con Amvrosij è stato molto difficile, e si sono lasciati tutti e due con un’impressione negativa. Con altri monaci, lo scrittore ha mantenuto un rapporto, anche dopo essere stato scomunicato dalla Chiesa ortodossa.

Sotto la spinta di Amvrosij, è stato fondato, non lontano da Optina, il monastero femminile di Sciamordino, che verso la fine dell’Ottocento contava circa mille suore, tra cui una sorella di Lev Tolstoj, Maria.

Anche lo skit ha ripreso vita nei nostri giorni, con una trentina di monaci, ci riferisce Vera Vasilevna. Secondo lei ci sono «alcune figure notevoli» fra gli attuali monaci, ma ammette che gli starcy, come padre Amvrosij, che hanno fatto di questo luogo «il cuore della Russia» devono ancora risorgere.

 

Dal romanzo I fratelli Karamazov, di Dostoevskij

Lo starčestvo ha prosperato nella nostra Rus’ soprattutto nel celebre eremitaggio di Kozel’skaja Optina. Ignoro chi e quando lo abbia introdotto nel monastero alla periferia della nostra città, ma a quel tempo vi si contava già la terza generazione di starcy, l’ultima delle quali era rappresentata dallo starec Zosima, ma anche lui ormai stava morendo per il deperimento e la malattia e non vi era nessuno che potesse prendere il suo posto.

Dello starec Zosima molti dicevano che, avendo egli ammesso alla propria presenza, per tanti anni, tutti quelli che venivano ad aprirgli il proprio cuore, desiderosi di un suo consiglio e di una sua parola consolatoria, aveva accolto nella sua anima tante di quelle rivelazioni, sofferenze, confessioni da acquisire alla fine una preveggenza così acuta che gli bastava un’occhiata al viso dello sconosciuto visitatore per intuire il motivo della sua visita, che cosa voleva e persino che tipo di sofferenza tormentava la sua coscienza; egli alle volte destava meraviglia, turbamento e persino spavento nel suo visitatore quando questi si accorgeva che lo starec conosceva il suo segreto prima ancora di aver aperto bocca. Ma Alëša notava quasi sempre che molti, quasi tutti, coloro che si recavano per la prima volta dallo starec per un colloquio a quattr’occhi, entravano impauriti e agitati ma uscivano sereni e contenti, e anche il viso più cupo diveniva felice. Alëša fu particolarmente impressionato anche dal fatto che lo starec non era affatto severo; al contrario egli era quasi sempre allegro. I monaci dicevano che egli si affezionava a chi aveva più peccato: più uno aveva peccato e più egli lo amava…

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