Il patriarca Sako costretto a lasciare Baghdad

Il patriarca di Baghdad dei Caldei, il cardinale Louis Raphaël Sako, è dal 2013 capo dei cattolici iraqeni, e la Chiesa in Iraq, formata da numerose denominazioni cristiane, è stata fondata nel I secolo, nel territorio che oggi si chiama Iraq, dall’apostolo Tommaso. Eppure il patriarca in questi giorni si è sentito costretto a lasciare la sua sede
Sako

Uno dei titoli di asianews.it (il portale dell’agenzia di informazione del Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere) dei giorni scorsi recitava: “Il card. Sako costretto a lasciare Baghdad”. Cosa sta succedendo, ancora una volta, in Iraq contro i cristiani? Il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca di Baghdad dei Caldei, si sente minacciato e ha quindi deciso di lasciare la sede del patriarcato, nella capitale iraqena, per rifugiarsi in un monastero a nord, nel Kurdistan autonomo.

A dare il via alla minaccia è stato, secondo il patriarca, lo stesso presidente della repubblica iraqena, Abdul Latif Rashid, che ha revocato un decreto presidenziale del 2013 (firmato dall’allora presidente iraqeno Jalal Talabani), che riconosceva il patriarca Sako, nominato dalla Santa Sede qualche mese prima, come capo e guida della Chiesa caldea oltre che responsabile e custode delle proprietà della stessa Chiesa.

Revocare un decreto di questo genere rischia di essere il preludio alla confisca dei beni. Il presidente Rashid ha tentato di minimizzare, dicendo che la revoca è per rispettare la Costituzione, e nulla toglie alla legittimità del ruolo del patriarca nei confronti dei cristiani caldei. In Iraq, però, tutti (anche i cristiani caldei, ma non solo loro) sanno che dietro c’è ben altro, e che il rischio è decisamente concreto.

Dietro ci sarebbe, secondo il patriarca Sako, un personaggio molto noto e più volte sconfessato dallo stesso patriarca. Si tratta del capo del Movimento Babilonia, un partito politico iraqeno che deriva da una milizia armata sedicente cristiana, le Brigate Babilonia. Il suo capo e fondatore (dai tempi della lotta contro lo Stato Islamico) si chiama Rayan al Kaldani: Rayan “il caldeo”. Nelle elezioni iraqene dell’ottobre 2021 il Movimento Babilonia ha ottenuto in modo controverso quattro dei cinque seggi riservati ai candidati cristiani. I politici cristiani di altri partiti affermano che molti voti di musulmani sciiti sono stati dirottati a favore del Movimento Babilonia per ottenere quei seggi.

Secondo una fonte attendibile, anche se anonima, Rayan avrebbe incontrato il presidente Rashid la settimana precedente la revoca del decreto presidenziale. L’obiettivo di al Kaldani sarebbe, anche secondo il patriarca, il dominio della Piana di Ninive, regione iraqena dove storicamente la concentrazione dei cristiani è maggiore, per quanto le persecuzioni e l’esodo degli ultimi 20 anni ne abbiano ridotto le presenze in modo fortissimo: da 1,8 milioni agli attuali forse 200 mila in tutto il Paese.

Il patriarca, con la franchezza che lo caratterizza, aveva dichiarato già in precedenza – come riporta asianews.it –, riferendosi alle mire di al Kaldani e del Movimento Babilonia: “Abbiamo una grande forza spirituale, morale e patriottica che loro non hanno. Loro, al contrario, contano sui soldi e sulle armi. Invece le persone solidarizzano con noi, non solo cristiani ma gli stessi musulmani che condannano questi attacchi e le bugie”. Il patriarca Sako ha ricevuto inoltre la solidarietà di molte personalità cristiane non cattoliche, fra cui quella di numerosi vescovi ortodossi. “Ci troviamo a lottare contro una milizia – afferma il patriarca – che si presenta come uno Stato, potendo contare su denaro, soldati e armi. E questo, da 20 anni, è il punto debole dell’Iraq”. Intendendo che dopo Saddam Hussein e l’Isis il Paese non è finora riuscito ad esprimere governi e istituzioni solide. In questa situazione, continua il patriarca: “Qualcuno ha anche pensato ad un conflitto interno ai cristiani, ma non è così”.

Comprendere i molti risvolti di questa dolorosa situazione, per chi non è addentro alle vicende e alle questioni iraqene in particolare, e mediorientali in genere, non è facile. Mi ha colpito un’interessante analisi della vicenda fatta in questi giorni, in italiano, da un giornalista ed esperto di Medio Oriente, Aleksander Vaskries, che ne ha parlato in un ampio articolo, che consiglio, pubblicato su farodiroma.it del 17 luglio. Vaskries collabora regolarmente anche con portadiservizio.it, un sito legato all’arcidiocesi di Palermo.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons