Parola d’ordine: salvaguardare

Ce ne ricordiamo quando avviene qualche catastrofe o quando, come sta succedendo in queste settimane, con l’arrivo dell’estate anche nel nostro paese quello della mancanza di acqua diventa un problema grave. Il Po vicino al record di secca e l’Adige ai minimi; il lago di Como 15 centimetri sotto lo zero idrometrico e quello di Garda col 32 per cento in meno di capacità di erogazione. Al nord la siccità ha creato una situazione critica in particolare per l’agricoltura tanto da far dire a Paolo Bedoni, presidente della Coldiretti, che la carenza idrica nelle campagne, che sta investendo il nord Italia con effetti drammatici,rende evidente che ci troviamo di fronte a cambiamenti climatici strutturali che vanno affrontati con interventi al di fuori della logica dell’emergenza . E il ricordo del 2003 non è lontano. La siccità, lo sappiamo, non è, purtroppo, l’unico dei problemi di carattere ambientale che affliggono il nostro pianeta. Per questo si avverte sempre di più il bisogno di imprimere una svolta a certi comportamenti che determinano o quantomeno concorrono a determinare talune emergenze o calamità. È lo scopo per cui è nata qualche anno fa Greenaccord, associazione culturale di ispirazione cristiana che si propone come tavolo virtuale di confronto sui temi ambientali. Lo fa attraverso molteplici iniziative e in particolare con due forum annuali, uno nazionale e uno internazionale, aperti a giornalisti ed esperti del settore di tutto il mondo. L’ultimo in ordine di tempo è quello svoltosi a Firenze a fine giugno dal titolo: Salvaguardia del creato, via della pace: esperienze di ecologia nella prospettiva cristiana a confronto con analoghe esperienze laiche. Un dialogo, dunque, fra laici e cattolici che ha visto gli interventi di rappresentanti delle Acli, della Comunità di Sant’Egidio, dei Focolari, dell’Agesci, del Rinnovamento nello Spirito, della Fondazione Lanza, della Famiglia francescana, del Centro don Chiavacci, così come della Coldiretti, di Confcooperative, del Wwf, di Greenpeace e di Legambiente. Un tavolo di confronto da cui è emerso, come dicono gli organizzatori, il bisogno urgente che le tematiche ambientali entrino a far parte del bagaglio culturale dei media cattolici a cui è interessato anche l’associazionismo laico. Questo a sua volta ha espresso il grande rispetto e la riscoperta di quanto la chiesa sta facendo nel campo sociale specie in riferimento alla salvaguardia del creato così come l’importanza di un terreno comune che unisce lo spirito entro il quale si muovono entrambe le realtà. Niente di meglio dunque, perché il dialogo diventi operativo, che questo Forum diventi permanente. E così sarà. Tra i vari relatori abbiamo intervistato Simone Morandini della fondazione Lanza (un centro culturale di Padova che ha come fulcro della sua riflessione culturale i temi dell’etica) e membro del gruppo di lavoro Responsabilità verso il creato della Cei. Quindi profondo conoscitore della realtà, non solo italiana, rispetto alle tematiche ambientali. Queste, ci dice, negli ultimi 15 anni sono entrate in modo abbastanza deciso nella coscienza etica e teologica della chiesa cattolica con pronunciamenti magi-steriali forti in questo senso. Bisogna però riconoscere che dal punto di vista della recezione di queste indicazioni la situazione è abbastanza diversa. Accanto ad aree come la Germania o gli Stati uniti in cui esse sono state colte con grande attenzione e dove gli episcopati locali hanno a loro volta prodotto dei testi, altre aree, tra cui il nostro paese, stanno solo gradualmente giungendo ad una attiva assunzione di responsabilità nei confronti dell’ambiente. Non basta più affermare che la creazione è buona, occorre operare attivamente per tutelarla, perché è minacciata. Sugli argomenti ambientali che interesse si può riscontrare tanto tra il grande pubblico quanto tra gli addetti ai lavori? Un interesse considerevole anche tra coloro che se ne occupano dal punto di vista professionale e istituzionale. Sia le scelte tecniche che quelle politiche difficilmente risultano efficaci se non sono accompagnate da un positivo coinvolgimento della popolazione, dei cittadini, dei consumatori. In questo senso la dimensione della formazione etica, la scoperta della nostra responsabilità personale e collettiva nei confronti dell’ambiente, è un tema che suscita parecchio interesse. Ci si può chiedere quanto poi a questo interesse corrisponda attiva assunzione etica da parte dei vari soggetti coinvolti. È un cammino che richiede tempo, approfondimento, crescita personale. Sviluppo sostenibile e benessere: due termini coniugabili o l’uno esclude l’altro? Sono assolutamente realtà compatibili, anzi molto più consonanti di quanto pensiamo. La nozione di benessere, infatti, non è soltanto identificabile con il possesso di una maggior quantità di beni, come una certa tendenza in economia sembra sostenere. Ricerche di economisti anche di spessore come Amartya Sen, dicono che non c’è un’immediata relazione tra quantitativo di beni posseduti e grado di felicità, almeno al di sopra di un certo livello (è chiaro che la povertà, la miseria, la fame sono da combattere). D’altra parte anche quei bisogni che riteniamo imprescindibili possono a loro volta essere soddisfatti in maniera che questo pesi più o meno sull’ambiente. Se prima si parlava di ecosufficienza adesso parliamo di ecoefficienza e questo fa vedere il rapporto positivo che lega attenzione all’ambiente e creatività tecnica. Il vecchio stereotipo di un ambientalismo che guarda indietro è appunto, semplicemente, vecchio stereotipo. Quanto è importante per la salvaguardia nell’ambiente il confronto fra laici e cattolici? Nella realtà italiana non c’è dubbio che un impegno per l’ambiente è assai più diffuso in una certa fetta di mondo laico di quanto non lo sia in quello cattolico, che sta per altro facendo passi estremamente veloci e interessanti. Si è cominciato a lavorare in modo serio, sistematico, attento per far crescere questa sensibilità a livello di tutte le comunità italiane. La percezione di una responsabilità comune, tra cattolici e laici, del mondo attorno a noi è comunque diffusa. Certo, dobbiamo esser chiari, diverse possono essere le motivazioni con le quali un cattolico si adopera per la salvaguardia del creato rispetto a quelle che un membro di Greenpeace o del Wwf porta nel suo impegno per la tutela dell’ambiente, ma ciò non impedisce affatto che diverse motivazioni vengano ad esprimersi in azioni convergenti o anche semplicemente comuni. Dunque, come sostiene nel suo intervento M. Flora Mangano di EcoOne, fondare un corretto comportamento in campo ambientale è una sfida per noi e per ogni contemporaneo, che trova ora nella crisi ambientale una nuova questione decisiva per il futuro dell’umanità. Ma queste domande sono un’ulteriore sfida per l’uomo di fede che, nella ricerca di un adeguato e rinnovato rapporto con la natura, è chiamato a far diventare cultura anche quella componente del messaggio evangelico che riguarda il nostro rapporto con il cosmo. In che modo? Impegnandosi su tre livelli: personale, con uno stile di vita responsabile dell’uso dei beni di consumo; nazionale, con l’inserimento della sensibilità ambientale nei piani di sviluppo delle amministrazioni pubbliche locali e nazionali ; mondiale, attraverso una strategia globale per la salvaguardia dell’ambiente insieme a quella per la pace e per lo sviluppo. In sintesi, passare dall’ottica individuale a quella della famiglia umana globale.

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