Parità retributiva in Europa

Lunedì 18 settembre è stata la Giornata internazionale sulla parità retributiva: un’analisi della situazione in Europa
Europa (AP Photo/Jean-Francois Badias, File)

È noto che nell’Unione europea (Ue) e, purtroppo, quasi ovunque nel mondo, le donne guadagnino mediamente meno degli uomini. In base a dati Eurostat del 2023, la differenza media di retribuzione lorda oraria tra donne e uomini, il cosiddetto gender pay gap, esiste in tutti gli Stati membri dell’Ue, tranne che in Lussemburgo, dove esiste uno scostamento minimo (-0,2%), mentre in Estonia il gender pay gap raggiunge il 20,5% e in Italia il 5%. Però, se si analizza il divario retributivo complessivo, che tiene conto della retribuzione oraria media, la media mensile del numero di ore retribuite ed il tasso di occupazione, il gender pay gap raggiunge il 43% in Italia, rispetto a una media europea del 36,2%.

Il divario retributivo dipende da diverse cause, come una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, una scelta frequente del lavoro part-time da parte delle donne (circa un terzo delle lavoratrici), una loro concentrazione in pochi ambiti professionali (in particolare quelle dei settori dell’assistenza, della sanità e dell’istruzione) ma, soprattutto in Italia e in altri Paesi mediterranei, la scelta o la necessità di doversi fare ampiamente carico delle cure familiari.

Ecco che l’Ue intende rafforzare il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro attraverso nuove norme europee in materia di trasparenza retributiva, che il Consiglio dell’Ue ha adottato il 24 aprile 2023. La direttiva europea sulla trasparenza retributiva mira a combattere la discriminazione retributiva e contribuire a colmare il divario retributivo di genere nell’Ue. In base alle nuove norme, le imprese europee dovranno fornire informazioni sulle retribuzioni e a intervenire se il divario retributivo di genere supera il 5%. Inoltre, la direttiva contiene disposizioni in materia di risarcimento per le vittime di discriminazione retributiva, come pure sanzioni, che comprendono ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le norme.

La mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo di genere, secondo dati del 2020, resta in media intorno al 13% nell’Ue. Ciò significa che le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto agli uomini per ogni ora di lavoro. Ciò significa che, per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna percepisce 0,87 €. Sebbene i progressi siano costanti, con una riduzione del divario del 2,8% in 10 anni, sono ancora troppo lenti. Inoltre, il divario retributivo ha ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, sul loro rischio di esposizione alla povertà e sulla persistenza del divario pensionistico, che è pari a circa il 30% nell’Ue, secondo dati del 2018.

La trasparenza può contribuire a dotare i lavoratori e le lavoratrici dei mezzi necessari per far valere il loro diritto alla parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso una serie di misure vincolanti. La trasparenza retributiva basata sul genere è stata inclusa tra le priorità fondamentali della strategia dell’Ue per la parità di genere 2020-2025.

In base alle nuove norme i datori di lavoro avranno l’obbligo di fornire alle persone in cerca di lavoro informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva dei posti vacanti pubblicati, riportandole nel relativo avviso di posto vacante o comunicandole prima del colloquio di lavoro. Ai datori di lavoro sarà inoltre fatto divieto di chiedere ai candidati e alle candidate informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro.

Una volta assunti, i lavoratori e le lavoratrici avranno il diritto di chiedere ai loro datori di lavoro informazioni riguardanti i livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, nonché i criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Le imprese con più di 250 dipendenti saranno tenute a riferire annualmente all’autorità nazionale competente in merito al divario retributivo di genere all’interno della propria organizzazione. Per le imprese più piccole, l’obbligo di comunicazione avrà cadenza triennale. Le organizzazioni con meno di 100 dipendenti non avranno alcun obbligo di comunicazione. Se dalla comunicazione emerge un divario retributivo superiore al 5% non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, le imprese saranno tenute ad agire svolgendo una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

Ai sensi della nuova direttiva, i lavoratori e le lavoratrici che hanno subito una discriminazione retributiva basata sul genere possono ottenere un risarcimento, compreso il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura.

Lo scorso novembre, in occasione della Giornata europea della parità retributiva, Věra Jourová, Vicepresidente della Commissione europea con delega ai Valori e alla trasparenza, e Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza, osservarono che «lo stesso lavoro merita parità di retribuzione: si tratta di un principio fondante dell’Unione europea»; infatti «non è possibile affrontare il problema dell’ingiustizia del divario retributivo di genere senza modificare gli squilibri strutturali della società». Inoltre, «la trasparenza retributiva contribuisce a porre fine ai pregiudizi retributivi di genere fin dall’inizio e consente ai lavoratori di far valere il loro diritto alla parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore».

La direttiva europea sulla trasparenza retributiva contribuisce a far raggiungere ai lavoratori condizioni di vita e di lavoro dignitose, in linea con i principi del pilastro europeo dei diritti sociali e con la strategia europea per il lavoro dignitoso.

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