Papa Francesco, valorizzare la cultura dei popoli

Prosegue il viaggio del pontefice in Canada. "Dio non sostiene con il suo Spirito chi assoggetta gli altri, chi confonde il Vangelo della riconciliazione con il proselitismo".
(AP Photo/Gregorio Borgia)

«L’educazione deve partire sempre dal rispetto e dalla promozione dei talenti che già ci sono nelle persone. Non è e non può mai essere qualcosa di preconfezionato da imporre, perché educare è l’avventura di esplorare e scoprire insieme il mistero della vita». Continua il pellegrinaggio penitenziale di papa Francesco in Canada, un viaggio di riconciliazione, scandito dalla richiesta di perdono alle popolazioni indigene per i soprusi subìti, per i tentetivi di privare i bambini delle loro radici, mortificando la cultura di un popolo che, invece, deve essere valorizzata e considerata una ricchezza. «Mi ferisce – ha detto Francesco – pensare che dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolavano un senso di inferiorità, derubando comunità e persone delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori, e che ciò sia stato fatto anche in nome di un’educazione che si supponeva cristiana».

(Jason Franson/The Canadian Press via AP)

Una storia millenaria ci riconsegna oggi la cultura di queste popolazioni: l’amore e il rispetto per la terra, per tutto il creato, il forte senso di appartenenza, il dialogo e lo scambio intergenerazionale. Le comunità indigene del Canada sono formate da tre grandi gruppi: First Nations, Metis e Inuit, con una varietà di usi, costumi e lingue diverse.

Le First Nations si trovano nella parte meridionale del Canada; gli Inuit fanno parte di uno dei gruppi principali – attualmente rappresentano il 4% della popolazione indigena – e abitano la zona artica; i Métis – che secondo un censimento del 2016 sono più di 537.000 – vivono nell’area più occidentale del Canada, in particolare nelle regioni delle pianure, e sono i discendenti dall’unione fra indigeni ed europei.

Secondo «Statistics Canada», nel 2016, la popolazione Inuit era composta da oltre 64 mila persone. Una cultura profondamente radicata nella terra, la loro, cui sono tutt’oggi rimasti fedeli, tramandandone i valori: il rispetto per il creato, con cui hanno un rapporto armonioso, l’impegno a utilizzare saggiamente le sue risorse e a preservarle per le future generazioni; la condivisione e la cooperazione, valori legati alla comunità alla famiglia.

Purtroppo, una mentalità colonialista ha cercato di imporre il proprio modello culturale e ha strappato molti – bambini e ragazzi – dal proprio ambiente di vita per cercare di uniformarli a una differente mentalità. Così molte famiglie sono state separate e tanti giovani sono diventati vittime di questa «colonizzazione ideologica», in nome di un presunto progresso non rispettoso della vita, dell’identità e della cultura dei popoli.

Fonte: Ap

«Questo atteggiamento è duro a morire, anche dal punto di vista religioso. Infatti, sembrerebbe più conveniente inculcare Dio nelle persone, anziché permettere alle persone di avvicinarsi a Dio – ha commentato papa Francesco -. Ma non funziona mai, perché il Signore non agisce così: egli non costringe, non soffoca e non opprime; sempre, invece, ama, libera e lascia liberi. Egli non sostiene con il suo Spirito chi assoggetta gli altri, chi confonde il Vangelo della riconciliazione con il proselitismo. Perché non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio. Eppure, quante volte è successo nella storia! Mentre Dio semplicemente e umilmente si propone, noi abbiamo sempre la tentazione di imporlo e di imporci in suo nome».

Proprio nel corso del «Lac Ste. Anne Pilgrimage», il papa ha parlato di fraternità, che può dirsi autentica solo se unisce coloro che sono distanti, se non teme le differenze ma invita alla comunione delle differenze e ha invocato la guarigione del Signore su tutte le ferite, sulla tentazione di chiudersi in se stessi e rinunciare a cercare la verità, di «preferire il potere mondano al servizio evangelico».

«Le scuse non sono un punto di arrivo», ha sottolineato in un’altra occasione. «Costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza. Sono anch’io consapevole che, guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato e che, guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio».

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